Torino, le motivazioni della sentenza Foodora: "Lavoro etero-organizzato"

Piemonte
Foto di Archivio (Lapresse)

Quello tra Foodora e i rider era un "terzo genere" di rapporto lavorativo, un genere che sta "tra il rapporto di lavoro subordinato e la collaborazione", individuato dal Jobs Act

Quello tra Foodora e i rider era un "terzo genere" di rapporto di lavoro, un genere che sta "tra il rapporto di lavoro subordinato e la collaborazione", individuato dal Jobs Act. Per questa ragione la Corte d'Appello di Torino, lo scorso 11 gennaio, ha accolto parzialmente il ricorso di cinque fattorini, condannando la società a pagare loro "quanto dovuto in relazione ai giorni e alle ore di attività lavorativa effettivamente prestata dai medesimi, dedotto quanto da loro già percepito". Lo si apprende dalla sentenza depositata in questi giorni. "Indubbiamente le modalità di esecuzione erano organizzate dalla committente quanto ai tempi e ai luoghi di lavoro", si legge.

Il contratto di lavoro

I contratti di lavoro avevano "una durata di alcuni mesi" e i fattorini "avevano svolto attività per la società appellata in via continuativa per quasi tutte le settimane in tale arco temporale". I giudici, tuttavia, non ritengono ci fosse una subordinazione perché Foodora "poteva disporre della prestazione lavorativa degli appellanti solo se questi avessero deciso di candidarsi a svolgere l'attività nelle fasce orarie (slot) stabilite". In base a questo principio i magistrati non hanno ritenuto che i rider fossero stati licenziati: "I contratti non sono stati rinnovati alla loro scadenza". Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento di danni per le violazioni di norme antinfortunistiche, delle norme sulla privacy e sui controlli a distanza, la Corte d'Appello ritiene che i danni non siano stati provati.

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