
Meta Quest Pro, recensione del visore top di gamma per lavorare in VR e AR. FOTO E VIDEO
Il colosso di Zuckerberg scommette sull'estensione del mercato VR e AR nel mondo professionale e lancia un visore di fascia alta con un comparto tecnologico avanzato: Snapdragon XR2+, 12 GB di Ram, risoluzione 4K, lcd on 500 mini Led per local dimming, lenti pancake e passthrough a colori. Tutto pensato per lavorare in realtà aumentata e virtuale. Tra luci e ombre, si può parlare di salto generazionale? Vi raccontiamo com'è andato il nostro test, i pro e i contro di Meta Quest Pro
di Steno Giulianelli

Meta punta in alto e allarga l’esperienza della realtà virtuale e aumentata anche al mondo professionale con il suo prodotto di punta: il Quest Pro.
La video-recensione integrale
Il Meta Quest Pro si presenta con un processore Snapdragon XR2+, 12 GB di Ram e 256 GB di spazio, risoluzione 4k pari a 1800×1920 pixel per ogni occhio e un angolo di visione di 106°. Il comparto audio integrato è davvero di livello, e c’è anche il jack per le cuffie. L’innovazione di punta è il passthrough a colori, che ricrea il mondo reale attraverso una serie di telecamere ad alta risoluzione.

È il passthrough a colori la principale novità del Quest Pro, soprattutto pensando alla mission di utilizzo professionale e condiviso del prodotto. Si può switchare dalla realtà virtuale alla realtà aumentata tramite passthrough toccando semplicemente il lato esterno del visore.

I nuovi controller rappresentano decisamente un passo avanti per il Quest Pro rispetto al Quest 2: solidi, ben realizzati, grip migliorato e con nuovi sensori e camere che riescono a tracciarne il movimento anche quando non sono nel campo visivo del visore: novità molto utile per app di vario tipo e giochi.

La struttura e le camere dei nuovi controller del Meta Quest Pro: eliminato l'arco presente sui controller del Quest 2

Se nelle sessioni brevi le innovazioni funzionano per rendere più comoda l’esperienza, in quelle medie e lunghe la pressione del visore si fa sentire parecchio davanti e dietro la nuca. Pensando a un turno di lavoro, anche non intensivo, o a una sessione di gioco questo è certamente un fattore da migliorare.

Lo screen door effect nel mondo VR è praticamente assente e questo è un grande punto a favore. Nonostante la qualità dell’immagine e il refresh rate a 120 hertz, i giochi e le app meno confortevoli contribuiscono comunque al motion sickness: la nausea, insomma, si fa sentire lo stesso, ma meno rispetto ad altri visori. A proposito, Palma d’oro a chi troverà l’escamotage per aiutare il nostro cervello a superare questa sensazione così fastidiosa in futuro (nella foto, Bonelab).

L'immagine non è pulita come ci si aspetterebbe, la riproduzione dei colori e dei confini fisici nel mondo reale è poco precisa e utilizzare il visore in un luogo di lavoro come fosse uno smart glass non ci sembra ancora possibile.

La distorsione rende molto difficoltoso anche solo tentare di guardare le notifiche sul cellulare. Poco pratico nella realtà. Bisognerebbe togliere e rimettere il visore in continuazione, se si vuole consultare il proprio smartphone. La resa del mondo esterno dovrà decisamente essere migliorata in futuro.

Ma non è quel vero salto generazionale che ci si aspettava. Per questa rivoluzione bisognerà attendere ancora un po’.