La mappa di Instagram, ovvero l'incubo del tracciamento continuo

Quando una piattaforma social introduce una “mappa degli amici”, la linea tra spensierata condivisione e potenziale disastro per la vita personale diventa molto sottile. Nessuno ti obbliga, ovviamente, ma è meglio avere subito il quadro ben chiaro. Con la nuova funzione Mappa Instagram entra infatti in un territorio pericoloso: consente di condividere la propria posizione in tempo reale con i contatti , combinando dati GPS, rete e Bluetooth e gli adesivi che attivamente piazziamo nelle storie o le localizzazioni dei post. Sulla carta è un modo per sentirsi più vicini – ma vicini a chi, poi? - nella pratica rischia di consegnare a quasi chiunque una radiografia continua dei nostri spostamenti, abitudini e frequentazioni. Primo elemento da tenere a mente. Meta sottolinea che la funzione è disattivata di default e che l’utente può scegliere se attivarla e con chi condividere la posizione. E questo, potete facilmente verificarlo se avete un profilo Instagram è vero. Ma il vero nodo è che la libertà di scelta è poco più di un’illusione se il sistema è progettato per rendere l’attivazione semplice e soprattutto socialmente desiderabile. Bisognerà capire quanto verrà adottata e se e quanto diventerà imprescindibile – anche se precedenti esperimenti su Facebook come Nearby Friends, furono buttati nel cassetto. Il tracciamento permanente Una volta attivata, Mappa – in inglese Friend Map - registra non solo dove ci si trova nel momento in cui si apre l’app – ogni volta in cui si apre l’applicazione anche per pochi istanti - ma anche tutti i post e le storie geolocalizzate pubblicate in passato. In poco tempo viene così a costituirsi un archivio di luoghi e spostamenti capace di rivelare facilmente le nostre abitudini quotidiane: dove si abita, dove si lavora, dove si portano i bambini a scuola, quanto tempo si trascorre in certi luoghi o quantomeno in certe zone della città. Una topografia privata che, paradossalmente, diventa accessibile ad altri. O anche a chiunque. Il rischio naturalmente non è soltanto di curiosità indesiderate né di possibilità di sfruttamento da parte di criminali e malintenzionati: la geolocalizzazione costante crea un potenziale enorme per il profiling comportamentale, cioè per quella profilazione fine che consente di dedurre gusti, orari, interessi, persino il livello di reddito o la condizione affettiva di una persona in base a dove e con chi si muove. Non che la geolocalizzazione volontaria o quella dei dispositivi non facessero già abbastanza, ma in questo caso si entra nei dettagli più intimi con una precisione da servizi segreti. Dati preziosi per Meta Meta assicura che la funzione non sarà utilizzata a fini pubblicitari ma il confine è labile. E soprattutto Meta ha assicurato tutto e il contrario di tutto, smentendo tutto e il contrario di tutto, dalla nascita di Facebook 21 anni fa a oggi. Ogni coordinata aggiunta all’ecosistema rafforza il potere predittivo dei suoi algoritmi. Sapere dove si va, quanto spesso si frequenta un locale o un negozio, o quali quartieri si attraversano, vale più di qualsiasi like. Altro che reactions e cookies. E anche ammesso che non venga sfruttato per l’advertising, resta il problema della sicurezza: i dati non sono protetti con crittografia end-to-end e vengono conservati su server centralizzati. Un eventuale furto o violazione non esporrebbe soltanto un account ma un’intera cronologia di spostamenti. La timeline di un pezzo di vita. E di quella, in molti casi, dell’intera famiglia. Un terreno fertile per abusi C’è poi l’aspetto più concreto, e inquietante, sopra solo accennato. La Mappa può trasformarsi in un autentico incubo: uno strumento raffinatissimo di controllo o di stalking. Basta che un contatto “indesiderato” – magari con un profilo anonimo secondario aggiunto con leggerezza - abbia accesso alla condivisione per seguire gli spostamenti di una persona. È un rischio tutt’altro che teorico. L’idea di “sapere dove sono gli amici” può diventare rapidamente “sapere dove sei tu, anche quando non vuoi”. Perché sottoporsi a una simile vulnerabilità? Come disattivare la Mappa La funzione, come detto, è disattivata di default – a colpo d’occhio lo verificate nella sezione dei DM, sotto l’immagine del proprio stato dev’esserci la dicitura “Posizione disattivata” con la freccetta barratta, tutto in rosso – e si può disattivare se, nel caso, sia stata abilitata in precedenza. Aprendo Instagram si deve andare appunto nella sezione dei messaggi diretti: in alto a destra compare l’icona della Mappa. Da lì si accede al menu “Chi può vedere dove ti trovi”: l’impostazione più sicura è “Nessuno”. Una volta selezionata, apparirà appunto l’indicatore che segnala che la condivisione è disattivata. Le altre scelte sono quelle che riguardano gli Amici, un gruppo di contatti più stretti da impostare se non lo abbiamo già fatto o solo alcuni contatti specifici. Un punto su una mappa, in particolare quando associato a un orario perché i dati salvati comprendono anche il momento in cui ci si trovava in un certo posto, può essere usato per dedurre una routine, un orario di rientro, una fragilità. È vero: l’app ha inserito una serie di piccoli passaggi chiamiamoli “educativi”, per esempio quando si aggiunge un adesivo di geolocalizzazione a una storia, per lavarsi le mani di uno strumento che ciclicamente torna nei sogni di Mark Zuckerberg e Adam Mosseri. Amci nelle Vicinanze, una funzionalità che forse pochi ricordano, implementata intorno al 2014 e poi definitivamente rimossa nel 2022, aveva origine dall’integrazione su Facebook delle funzionalità di una startup italiana, Glancee, e sostanzialmente prometteva lo stesso: l’adozione fu relativa e i rischi, oggi, sono forse perfino superiori. Quindi cosa è cambiato davvero? Perché oggi quella roba dovrebbe andarci bene rivisitata e corretta su Instagram?

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Simone Cosimi