Jack Dorsey, l’ultima rockstar del tech e la nuova creatura Bitchat

Forse è l’ultima, vera rockstar del tech. Intendendo per rockstar un profilo sempre pronto a sperimentare, a rimettersi in gioco ma anche costellato di angoli poco noti, problematiche sparizioni e rapide ricomparse. Quella di Jack Dorsey è una delle poche figure rimaste lontane da scandali e maxi-inchieste del marasma tecnologico, legata in modo un po’ nostalgico al periodo d’oro di Twitter – che aveva co-fondato nel 2006 con un team di altre belle teste come Biz Stone ed Evan Williams – stregato strada facendo dalle soluzioni di pagamento o decentralizzate come Block e da mille altri progetti. Dorsey, classe 1976, è insomma un personaggio piuttosto eccentrico e al contempo riservato. È famoso per il suo stile di vita minimalista: predilige ambienti essenziali, veste spesso di nero, pratica meditazione buddista Vipassana, fa beneficenza senza sbandierarla troppo, segue diete restrittive e digiuni prolungati. Ha dichiarato di camminare ogni giorno per diversi chilometri e di fare bagni ghiacciati, elementi che nel tempo hanno costruito la sua immagine di tech guru ascetico e lontano dalle stanze dei bottoni, dai voltafaccia sui propri storici valori, a diversi eoni di lontananza dall’approccio cringe e ormai imbarazzante di certi profili come Mark Zuckerberg. Dorsey è cool, se fosse un produttore rock sarebbe avviato sulla strada di Rick Rubin. E tiene la sua vita sentimentale lontana dai riflettori. Bitchat, l’ultima enigmatica creatura Da un profilo così c’è sempre da aspettarsi qualcosa di interessante – o, nella peggiore delle ipotesi, intrigante. L’ultima creatura si chiama Bitchat ed è un sistema di messaggistica completamente decentralizzato e che non ha bisogno di una connessione a internet. Né tantomeno numeri di telefono o registrazioni varie. Funziona trasformando i dispositivi col Bluetooth attivato in snodi della rete di invio e recapito dei contenuti. Rilasciato con codice open source su GitHub, ci racconta se possibile ancora meglio il personaggio Dorsey: Bitchat sfrutta il Bluetooth Low Energy per creare una rete peer-to-peer nella quale, come detto, ogni telefono è in sostanza un hub di distribuzione. La comunicazione è naturalmente cifrata end-to-end con protocolli aggiornati, l’app non prevede la raccolta di alcun dato personale né di altri metadati: i messaggi passano senza identificatori e sono stati inseriti anche degli elementi di disturbo per eventuale analisi forzata del traffico. Dopo 12 ore i contenuti spariscono e se si vuole anticipare la deadline c’è anche un sistema per cancellare tutto in un secondo con tre tocchi. Provocazione o progetto concreto? Naturalmente senza internet le prospettive di una piattaforma simile – tranne un’improbabile adozione planetaria che farebbe davvero la storia delle tecnologie della comunicazione – partono con contesti specifici nel mirino. Cioè situazioni di grandi assembramenti come concerti, festival ed eventi o altre in cui la navigazione tradizionale sia impossibile, dai paesi stretti nella morsa delle censure più restrittive ai contesti di calamità naturali. Servono però davvero tanti utenti, perché la portata del Bluetooth è comunque limitata a 100 metri in campo aperto e 40 in ambienti chiusi nella migliore delle ipotesi. Se non abbiamo un altro nodo a quella distanza, e quel nodo non ne ha un altro alla stessa portata, il messaggio si blocca. Per il momento Bitchat si può testare su Apple tramite la piattaforma TestFlight. Per cui al momento se ne può dire davvero poco, nella pratica. Colpo di classe fine a sé stesso, messaggio fra le righe a qualche colosso, progetto reale da sviluppare – com’è tipico di Dorsey – senza fretta, intervallandolo con altre idee, o ancora provocazione o magari prodotto commerciale da veicolare appunto in contesti specifici? Difficile saperlo con l’ex enfant prodige di St. Louis anche se alcuni dettagli individuati nel codice, come la futura possibilità di utilizzare pure il Wi-Fi oltre al Bluetooth per trasmettere i messaggi e la possibilità di scaricare l’app su Android e macOS, promettono qualcosa di concreto in tempi probabilmente più rapidi del solito. Per quanto affascinante e visionario, Dorsey non ha d’altronde un curriculum esente da passi falsi: nel 2008, appena due anni dopo la fondazione di Twitter, ad esempio, venne rimosso dal ruolo di Ceo. Secondo varie fonti, la sua gestione veniva ritenuta troppo caotica e disorganizzata. Rientrerà poi sempre come ad e possibile salvatore adorato dalla community nel 2015. Tuttavia durante la sua seconda esperienza alla guida della sua stessa creatura, Twitter faticò a crescere sul piano degli utenti attivi e dei ricavi pubblicitari. Nonostante la centralità della piattaforma nel dibattito pubblico, gli investitori criticarono più volte l’azienda per la scarsa monetizzazione e per il fatto di non riuscire a diventare redditizia in modo consistente. Furono gli anni, conclusi sotto il fuoco di fila del movimento Maga nel 2021, che aprirono la strada all’operazione per l’acquisizione architettata da Elon Musk. Nel frattempo nel 2009, dopo il suo primo addio a Twitter, Dorsey fondò Square insieme a Jim McKelvey. L’azienda nacque per consentire a piccoli esercenti e lavoratori autonomi di accettare pagamenti con carta tramite un lettore collegato allo smartphone. Square crebbe rapidamente, si quotò in Borsa nel 2015 e si espanse nei servizi fintech, fino a includere una serie di altri strumenti come soluzioni bancarie e prestiti per piccole imprese. Nel 2021 cambiò nome in Block, riflettendo l’espansione nel mondo blockchain e crypto, subendo tuttavia una concorrenza feroce: il settore dei pagamenti è diventato negli ultimi anni ultra-competitivo, con colossi come PayPal, Stripe o Apple, e Block ha dovuto investire pesantemente per restare rilevante. In più il coinvolgimento crescente nel mondo Bitcoin e blockchain, che tanti tech guru ha fulminato negli ultimi anni, ha ripetutamente esposto Block alla volatilità del mercato crypto, innescando a periodi di forte calo del titolo azionario. Dentro Square, fra l’altro, sono stati diversi i progetti lanciati e mai decollati, da Square Wallet a prodotti hardware per il retail oltre il lettore di carte , con successo davvero molto limitato. Insomma, Jack Dorsey è un imprenditore visionario ma la sua carriera è stata segnata da momenti turbolenti: licenziamenti, difficoltà di gestione, idee abbandonate e il peso di guidare piattaforme al centro di battaglie politiche e sociali. Chissà che fine farà l’ultima, di idea: Bitchat.

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