Ecco la pubblicità su WhatsApp: capitola l’ultimo rifugio digitale senza spot

Per anni WhatsApp ha rappresentato un’isola felice nell’ecosistema digitale: niente algoritmi, niente pubblicità, nessun feed da scrollare – a parte gli Aggiornamenti, cioè la versione in app delle storie a scomparsa. Poca cosa, tuttavia, nella grammatica dell’applicazione, dove a restare al centro dell’esperienza sono messaggi, chiamate e chat di gruppo. Ma questa eccezione sta per finire. Con buona pace della filosofia di partenza, e chissà che staranno pensando Brian Acton e Jan Koum, oggi rispettivamente 53enne e 49enne, usciti tanti anni fa dall’allora Facebook in forte polemica sulla rotta che Mark Zuckerberg stava progressivamente imponendo alla loro vecchia creatura. Meta, che ha acquistato WhatsApp nel 2014 per 19 miliardi di dollari promettendo di mantenerla “semplice e senza pubblicità”, ha ora annunciato che inizierà a testare inserzioni sponsorizzate direttamente nella sezione “Stato” inclusa nella tab “Aggiornamenti”, che contiene appunto i contenuti effimeri e i nuovi messaggi in arrivo dai Canali. Non si tratterà – almeno per ora – di pubblicità intrusive all’interno delle conversazioni private ma l’orizzonte è segnato: la monetizzazione esplicita e diretta dell’app è iniziata. Il modello WhatsApp, fino a oggi WhatsApp si è sempre distinta per la sua sobrietà: niente feed manipolabili dagli inserzionisti, niente tracciamenti interni per pubblicità personalizzate. Il suo successo planetario è stato costruito anche su questa promessa di neutralità. Promessa che, come già successo con Instagram e Facebook, sta per essere pesantemente riformulata. Meta ha iniziato da tempo a integrare funzioni commerciali su WhatsApp, a partire dai canali di comunicazione tra brand e utenti, fino ai bot e alle API per l’e-commerce. Senza contare il famigerato cerchietto colorato per chiacchierare con Meta AI, la sua intelligenza artificiale. Ora, con la pubblicità, compie un passo ulteriore che potrebbe cambiare in modo significativo il modo in cui gli utenti percepiscono la piattaforma. Meta rompe la promessa Quella di non inserire pubblicità era uno degli impegni basilari di WhatsApp, ribadito più volte dai suoi fondatori anche dopo l’acquisizione. Un impegno su cui Meta ha iniziato a fare marcia indietro già fra 2017 e 2018, tanto che proprio allora i due creatori dell’app, Acton e Koum, lasciarono l’azienda in disaccordo con la nuova direzione e in particolare con la pressione per condividere più dati fra le app del gruppo e, appunto, per lavorare all’introduzione della pubblicità, un progetto trascinatosi per anni e ora concretizzato. “No ads! No games! No gimmicks!”, cioè “Niente pubblicità! Niente giochi! Niente trucchi!”, era lo slogan delle origini coniato da Acton e che Koum si teneva ben attaccato al monitor della sua scrivania d’ufficio. Parole che oggi risuonano con forza, mentre WhatsApp si appresta a diventare l’ennesimo contenitore pubblicitario del gruppo. Il rischio di rovinare qualcosa che funziona L’arrivo della pubblicità non è solo una questione di visibilità: è un cambiamento di principio e nelle dinamiche d’uso. WhatsApp è uno strumento di comunicazione privata, spesso usato anche per lavoro ma in modo più informale di altre piattaforme, in famiglia, tra amici, per scuola e attività varie. Inserire logiche promozionali anche in uno spazio come questo rischia di snaturarlo. E molti utenti potrebbero non gradire. Certo, Meta assicura che non ci saranno spot nelle chat e non verrà violata la privacy. Ma diciamocelo, è un film già visto. Ogni introduzione di pubblicità al civico 1 diHacker Way, a Menlo Park, California, è iniziata con simili spergiuri, salvo poi espandersi man mano a più spazi e ambienti delle varie applicazioni.

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Ecco la pubblicità su WhatsApp: capitola l’ultimo rifugio digitale senza spot