Chi produce la armi in Italia? Viaggio nel distretto di La Spezia

L’impianto di Leonardo a La Spezia produce cannoni navali, canne per l’artiglieria e mezzi corazzati. È la vecchia Oto Melara, impianto storico dell’industria della difesa italiana. Una fabbrica che nel 2021 doveva essere venduta, perché non più ritenuta strategica. Poi, lo sciame sismico del 24 febbraio 2022 con epicentro Kiev è arrivato fino qui in Liguria. Oggi lo stabilimento lavora a pieno regime, con i suoi 1350 addetti, con l’obiettivo di salire a 1900 entro tre anni. Fino al 2022 erano meno di 1000. Ed entro l’anno si punta a raddoppiare la sua capacità produttiva, con la rimessa a nuovo di capannoni in disuso e la possibile espansione verso la vicina ex centrale a carbone dell’Enel ormai spenta. I cannoni navali da 76 millimetri vengono venduti alle marine militari di mezzo mondo. Hanno un ritmo di fuoco di due colpi al secondo, e possono essere dotati di munizioni guidate per colpire droni e missili in avvicinamento. È l’armamento utilizzato dalla Marina per difendersi dagli attacchi Houthi nel Mar Rosso, quando una nave italiana fu attaccata direttamente per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale. Ma è sul dominio terrestre che oggi si concentrano gli ordini più ricchi. Leonardo qui installa l’elettronica e l’armamento sui Centauro 2, mezzi di ricognizione dotati di un cannone da 120 millimetri, e sui mezzi da trasporto truppe VBM Freccia. Lo stabilimento ospiterà anche l’aggiornamento di 125 carri armati Ariete dell’Esercito italiano, progettato ormai negli anni ’80, che oggi secondo lo stesso Stato maggiore non risulta operativo in 2 mezzi su 3. E si attende la grande commessa del futuro: a La Spezia saranno finalizzati quasi 300 carri armati di nuova generazione basati sulla piattaforma Panther e oltre 1.000 mezzi corazzati di fanteria Lynx che nasceranno dall’alleanza tra Leonardo e la tedesca Rheinmetall. L’ex Oto Melara sarà infatti la sede operativa della joint venture, che vale 23 miliardi di euro e richiederà una forte accelerazione della produzione per rispettare i tempi stretti. L’alleanza garantirà che la metà della produzione sarà basata in Italia, e qui sarà montato sui carri tedeschi il cuore elettronico italiano dei sistemi di comunicazione e di puntamento. Una scelta di compromesso tra la volontà di mantenere tecnologia e occupazione in Italia da una parte, e la necessità di non frammentare ulteriormente la difesa europea sviluppando da zero un nuovo carro armato nazionale. A pochi chilometri dall’impianto produttivo di Leonardo si trova l’altro polmone del distretto della difesa di La Spezia. È il cantiere navale Fincantieri di Muggiano, che assieme al gemello di Riva Trigoso, ospita la costruzione delle navi e i sommergibili per la Marina militare italiana. La lavorazione parte dal taglio delle lamiere, e prosegue con la costruzione dello scafo, il varo, l’installazione dei sistemi di difesa, dell’elettronica radar e di comunicazione, fino alla consegna finale. Al lavoro oggi ci sono oltre 2500 addetti, tra Fincantieri e i fornitori, in un’area di oltre 300mila metri quadrati. Il sito ha ricevuto un forte incremento di ordini da parte del Ministero della Difesa: un piano da 20 miliardi di euro entro il 2030 è stato lanciato alcuni anni fa per riammodernare la flotta. E il cantiere navale ha raggiunto così la sua piena capacità: l’anno scorso proprio La Spezia erano ormeggiate otto imbarcazioni, ed è stata consegnata anche la nave d’assalto anfibio Trieste, la più grande unità mai costruita in Italia per la Marina dal Dopoguerra a oggi. In questo momento gli operai sono al lavoro su cinque navi, tra cui due fregate Fremm per la Marina italiana, sviluppate in comune con la Francia, e che saranno consegnate nei prossimi mesi. Lunghe 144 metri, per un peso massimo di 6700 tonnellate: ognuna di loro costa alcune centinaia di milioni di euro, e richiede anni di lavorazione. Muggiano vanta una lunga storia di costruzione di sommergibili, e anche oggi ospita il Romei in manutenzione e la costruzione di quattro unità di nuova generazione che entreranno in servizio dal 2027 in poi. E per il futuro si guarda alla propulsione nucleare: la Marina ha annunciato infatti l’intenzione di dotarsi di questa tecnologia per i propri assetti navali e sottomarini.

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