Il servizio di messaggistica più popolare cambia le proprie condizioni. Interviene il Garante italiano: “Messaggio poco chiaro”. Ecco quali sono le novità per gli utenti e perché sono aumentati gli iscritti di Telegram e Signal
“Ho letto ed accetto i termini di utilizzo”. Qualche anno fa due ricercatori d’Oltreoceano, Jonathan A. Obar e Anne Oeldorf-Hirsch, avevano definito questa frase “la più grande bugia su Internet”. Ma adesso l’attenzione sulla privacy è sempre più alta e non è passato inosservato il messaggio che gli utenti di WhatsApp si sono visti spuntare sullo schermo nelle scorse settimane.
La situazione in Europa
Agli utilizzatori della app di messaggistica più popolare al mondo è stato chiesto infatti di accettare le nuove condizioni. Chi le rifiuta, non può più utilizzare il servizio. Diciamolo subito: per gli utenti dell’Unione Europea non cambia nulla. Merito del Gdpr, il regolamento europeo per la protezione dei dati personali. Una delle leggi più avanzate in materia.
L’intervento del Garante della Privacy
Il messaggio e l’informativa però sono stati definiti “poco chiari e intellegibili” dal Garante della Privacy che ha portato la questione all'attenzione dell'Edpb, il Board che riunisce le Autorità privacy europee, riservandosi comunque “di intervenire, in via d'urgenza, per tutelare gli utenti italiani”. Secondo WhatsApp invece “fornisce ulteriore trasparenza” su come vengono raccolti e utilizzati i dati.
Cosa cambia fuori dall’Europa
L’impatto è diverso per gli utenti nel resto del mondo che, dando il proprio assenso, fanno in modo che i propri dati vengano utilizzati anche da Facebook, proprietaria di WhatsApp, per scopi commerciali. Una scelta che prima era opzionale e adesso diventa obbligatoria. Numero di cellulare, rubrica dei contatti e messaggi di status sono ovviamente informazioni preziose per Zuckerberg che trasforma i dati in messaggi pubblicitari sempre più mirati. In Europa, invece, la condivisione dei dati tra WhatsApp e Facebook riguarda scopi tecnici e di sicurezza. In nessun caso, comunque, il contenuto dei messaggi viene letto da WhatsApp che utilizza la cosiddetta crittografia end-to-end.
La fuga verso Telegram
La mossa di WhatsApp ha avuto però l’effetto di spingere gli utenti verso altre app come Telegram che ha registrato 25 milioni di nuove iscrizioni in tre giorni. Telegram non è però sinonimo di privacy: se si attiva una funzione sulla app di Android, ad esempio, c’è anche il rischio di rivelare la propria posizione agli altri utenti, anche sconosciuti. Tra l’altro Telegram inizierà anche a diffondere pubblicità nei canali pubblici.
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La migliore soluzione per la privacy
La soluzione consigliata da tutti gli esperti è invece Signal, sostenuta da una fondazione no profit. Da un punto di vista tecnico utilizza la stessa crittografia di WhatsApp ma a differenza della app di Zuckerberg non può leggere i cosiddetti metadati. Non sa cioè chi ha comunicato con chi e in quale momento. Ha l’appoggio di Brian Acton, uno dei fondatori di WhatsApp che aveva lasciato il gruppo Facebook in polemica proprio per questioni di privacy. Per il gruppo non si può certo parlare di crisi. Ma tra privacy, accuse di concorrenza sleale negli Usa e dibattito sull’opportunità o meno di bloccare i propri utenti, Zuckerberg si trova davanti un anno quantomeno intenso.