Intervista al Ceo e fondatore di iRobot: “Le politiche di Trump e lo scontro con la Cina danneggiano i nostri affari”. Le nuove generazioni? “Vogliamo che i robot ispirino i bambini ad essere più interessati alle materie scientifiche”. VIDEO
“Le nostre case non sono affatto molto smart ma lo diventeranno”. L’era dei robot? “Siamo solo all’inizio!”. Il futuro, visto da Colin Angle, è ancora tutto da scrivere. Certo, una parte del recente passato, in fatto di tecnologia, porta senza dubbio la sua firma. Cinquantadue anni, nato e cresciuto a Boston, il Ceo e fondatore di iRobot con il suo Roomba è l’uomo che per la prima volta ha portato un robot nelle case di milioni di persone. Lo abbiamo incontrato a Milano.
Che futuro ci aspetta?
“L’industria dei robot si sta muovendo rapidamente ma è ancora molto lenta rispetto a quello che ci immaginiamo. Le possibilità sono enormi”.
Nel presente però ci sono anche i rapporti Usa-Cina e quella che alcuni analisti chiamano la “guerra fredda tecnologica”. Qual è la sua posizione?
“C’è una guerra commerciale, spero proprio che non sia una guerra fredda perché i due Paesi collaborano in così tanti campi e ci sono tante opportunità sia negli Usa che in Cina”.
Le politiche dell’amministrazione Trump stanno danneggiando i vostri affari?
“Sfortunatamente hanno un impatto molto negativo su iRobot. Produciamo in Cina e importiamo negli Usa. Così i nostri prodotti sono soggetti a dazi del 25% che rallentano il settore della robotica di consumo”.
Com’è nata l’idea di iRobot?
“L’idea non è stata la parte difficile, capire come costruire i robot è stata la parte difficile. C’era un cartone animato negli anni ‘60, “I pronipoti”, in cui compariva Rosie, il robot casalinga. Quando ho creato l'azienda e l'ho presentata a varie persone, mi chiedevano puntualmente: ‘Bellissima idea, vieni a pulirmi casa?’. Ma ci sono voluti 12 anni dalla creazione di iRobot al lancio del primo prodotto, nel 2002”.
E’ vero che il primo obiettivo era, in un certo senso, conquistare lo spazio?
“Lavoravo alla Nasa quando ero al College, ho creato iRobot subito dopo la laurea. Il nostro primo business plan era fare un robot che sarebbe andato sulla luna. E l’idea era fare soldi vendendo i diritti per un film. Non ha funzionato. Ma in un certo senso sì: la tecnologia che abbiamo aiutato a sviluppare è diventata la base per il rover Sojourner che è andato su Marte. E quindi il mio nome è su Marte!”.
Qualche mese fa avete annunciato l’acquisizione di “Root Robotics”, un’azienda che aiuta i bambini ad avvicinarsi al mondo della programmazione. Perché questa scelta?
“Vogliamo che i robot ispirino i bambini ad essere più interessati alle Stem, le materie scientifiche. Le nuove generazioni dovrebbero imparare a programmare come se stessero studiando una lingua straniera. A prescindere dall'interesse del bambino, insegnargli la lingua della programmazione gli permette di affermarsi nella vita. In Massachusetts, dove abbiamo la nostra sede, per ogni studente che si laurea in software ci sono 17,5 lavori. C’è un’enorme carenza. Il sistema educativo al momento non produce le persone di cui l’economia ha bisogno”.
Come la mettiamo con la cybersecurity? I robot ci espongono a rischi maggiori?
“Viviamo tempi interessanti: se c’è una falla nella sicurezza ci arrabbiamo molto, ci indigniamo. Ma il giorno dopo andiamo a comprare la cosa più economica che troviamo in negozio, senza pensare che se un oggetto costa poco, un motivo c’è. Noi spendiamo milioni di dollari per assicurarci che i robot siano sicuri. Questo rende i nostri prodotti più cari ma penso sia lo cosa giusta da fare. E alla fine anche i consumatori si renderanno conto che è importante”.
E la privacy? Come utilizzate i dati raccolti con i vostri device?
“Non venderemo mai i dati dei clienti, non lo faremo mai. E’ la nostra filosofia, il nostro modo di fare e penso che il futuro sarà così”.
Quanto è smart casa sua?
“C’è della tecnologia ovunque ma cerco di nasconderla. È chiaro che a casa mia i robot passano l'aspirapolvere e lavano per terra ma penso che la bellezza di un’architettura e di una casa ben fatta non debba essere distrutta dalla tecnologia. Dopo cena mi ritiro in salotto dove ci sono un bellissimo camino e un pianoforte. Mia moglie si mette a suonare Chopin. E penso: questa sì che è vita”.