La produzione dei Bitcoin può alzare di 2 gradi il termometro globale

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Bitcoin (Getty Images)
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Stando alle previsioni di un team di ricercatori dell’Università delle Hawaii, entro 15 anni il termometro della Terra varcherà il limite internazionale previsto dall’accordo di Parigi 

Il Bitcoin, la criptovaluta virtuale creata nel 2009, potrebbe danneggiare l’ambiente portando a un innalzamento della temperatura globale.
Stando alle previsioni di un team di ricercatori dell’Università delle Hawaii, a Manoa, se il consumo della moneta digitale dovesse continuare nella propria crescita, entro 15 anni il termometro della Terra potrebbe aumentare di 2 gradi centigradi, varcando così il limite internazionale fissato dall’accordo di Parigi sul clima.
Per creare la criptovaluta è, infatti, necessario un cospicuo dispendio di energia.

Tra il 2033 e il 2040 innalzamento delle temperature globali

Per compiere lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, gli esperti hanno monitorato l’efficienza energetica dei computer atti alla creazione dei Bitcoin. Successivamente, hanno valutato i cambiamenti presso il luogo di produzione, studiando nel dettaglio le emissioni derivanti dall'emissione di energia elettrica in vari paesi.
È così emerso come, nel 2017, la realizzazione della criptovaluta abbia comportato l’emissione di ben 69 milioni di tonnellate di CO2. Il Bitcoin tra il 2033 e il 2040 potrebbe dunque determinare un aumento della temperatura globale pari a 2 gradi.
"Attualmente le emissioni legate a trasporti, cibo, riscaldamento e raffreddamento domestico sono considerate le cause principali del cambiamento climatico in atto, ma i bitcoin dovrebbero essere aggiunti alla lista", spiegano i ricercatori dell’Università delle Hawaii.
Una brutta notizia sia per l’uomo che per il pianeta. I ricercatori sottolineano che per evitare delle ripercussioni sull’ambiente sarebbe necessario ridurre il consumo energetico previsto per la realizzazione dei Bitcoin.

I Bitcoin consumano energia come uno stato, l’1% del mondo

Stando alle dichiarazioni di Arvind Narayanan, esperto di Computer Science presso l’Università di Princeton, la creazione della valuta prevede l’utilizzo dell’1% della produzione mondiale di elettricità, pari alla quantità consumata dall’Ohio o dallo stato di New York. In occasione dell’audizione al Senato degli Stati Uniti, l’esperto ha spiegato come "in un singolo giorno vengano usati cinque gigawatt di energia solo per quanto riguarda il 'mining dei Bitcoin'".

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