Disinformazione, Ue rinuncia a misure vincolanti per rischio censura

Tecnologia
Madeleine de Cock Buning (a sinistra) e Mariya Gabriel (Ansa)

No a liste nere o blocco dei siti che pubblicano notizie false. L’annuncio della commissaria al digitale Mariya Gabriel dopo la pubblicazione del rapporto degli esperti del Gruppo di alto livello, che hanno evidenziato un potenziale rischio per la libertà di espressione

Non ci saranno misure Ue obbligatorie per tutti contro la circolazione di notizie false, ma un'autoregolamentazione lasciata alla volontà di piattaforme e siti e basata su una roadmap che arriverà da Bruxelles il prossimo 25 aprile. Un no, quindi, a “liste nere” o blocco di siti che fanno disinformazione. A confermarlo è la commissaria Ue al digitale Mariya Gabriel dopo la pubblicazione del rapporto sulle bufale redatto dagli esperti del Gruppo di alto livello, che da parte loro però chiedono almeno una "roadmap vincolante".

Da Fake News a disinformazione

Il report parte dal presupposto che in Ue non si parlerà più di fake news ma di disinformazione intesa come "tutte quelle che sono le informazioni false o non accurate che sono volontariamente presentate e promosse per causare un danno o per fare profitto" spiega a Sky Tg24 Oreste Pollicino, docente di diritto dei media all'Università Bocconi di Milano e membro del Gruppo di alto livello che ha stilato il report.

“Inappropriato che governo controlli i media”

Scegliere di adottare misure vincolanti avrebbe comportato il rischio di cadere nella "censura", pericolo confermato anche dalla presidente del Gruppo Madeleine de Cock Buning. Gli esperti "non ritengono essere una soluzione appropriata alla disinformazione digitale il controllo da parte del governo dei media digitali", in quanto "l'indipendenza dei media è imperativa per le fondamenta democratiche dell'Europa". Infatti, si legge, “soluzioni che richiedono regolatori amministrativi per favorire o togliere la priorità a particolari fonti di informazione costituiscono un alto rischio da un punto di vista della libertà d'espressione e non devono essere incoraggiati".

La proposta di un Codice di principi

La soluzione proposta dal Gruppo di alto livello è quella di una Coalizione e della stesura di un Codice di principi a cui gli attori, dai media alle piattaforme, dovrebbero volontariamente attenersi. Tra i punti fermi elencati ci sono: la messa a disposizione degli algoritmi che determinano la visibilità dei contenuti, la trasparenza sull'utilizzo dei dati personali per scopi pubblicitari e la distinzione tra contenuti sponsorizzati e informazione. Ma anche il miglioramento, in cooperazione con i media, della visibilità delle fonti di informazione affidabili e la possibilità di rispondere sulle piattaforme con link a siti di fact-checking.

Le critiche al rapporto

Il rapporto ha però sollevato critiche tra gli esperti: Reporters sans frontières (Rsf) ha contestato il metodo della Coalizione, il cui mandato e formazione restano "poco chiari" mettendo a rischio la sua indipendenza. Inoltre, i consumatori del Beuc hanno votato contro in quanto non viene mai menzionato una sola volta il clickbaiting - l'uso di contenuti accattivanti per ottenere click e quindi ricavi pubblicitari - considerato invece "una delle principali fonti della disinformazione".

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