Uber, Travis Kalanick verso la vendita di parte delle sue azioni

Tecnologia
Il fondatore di Uber, Travis Kalanick (Getty Images)
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L'ex ceo sarebbe pronto a cedere un terzo della sua quota, pari a 1,4 miliardi di dollari: una mossa che cambierebbe gli equilibri della società

Un altro passo indietro per Travis Kalanick. Il fondatore di Uber, che nel 2017 ha deciso di lasciare la posizione di ceo, potrebbe adesso alleggerire anche la sua presa sulla società. Secondo quanto riportato da Bloomberg e Reuters, Kalanik sarebbe intenzionato a vendere circa un terzo della sua attuale quota a SoftBank.

Quanto guadagna Kalanick

I numeri, nel dettaglio, sarebbero questi: Kalanick (che detiene il 10% dell'intero capitale) liquiderebbe il 29% della propria quota, circa 1,4 miliardi di dollari. Il fondatore avrebbe offerto di vendere di più (la metà di quanto possiede) ma gli sarebbe stato impedito da alcuni paletti contenuti nell'accordo tra Uber e SoftBank. E così la società, che fino a un anno fa sembrava saldamente nelle mani di Kalanick, cambia prospettiva. SofBank, nel 2017 diventata uno dei maggiori investitori in ambito tecnologico, ha guidato un'operazione che l'ha portata a rilevare il 15% di Uber a un prezzo scontato del 30% rispetto ai passati aumenti di capitale. Il rapporto tra il fondatore e i nuovi azionisti non è mai stato pacifico: da una parte Kalanick si era infatti opposto allo sconto; dall'altra SoftBank avrebbe chiesto come garanzia d'ingresso una diminuzione dei poteri proprio dell'ex ceo.

Come cambia Uber

Con questa mossa, Kalanick diventerebbe concretamente miliardario: fino a ora lo era solo sulla carta, perché il suo patrimonio era costituito dalla sua quota in Uber. Lo diventa in anticipo, prima cioè quella quotazione prevista nel 2019 che avrebbe consentito al fondatore e agli altri azionisti di monetizzare. Kalanick di recente è stato investito da scandali e accuse: ai problemi normativi legati alle licenze del servizio, tema dibattutto in varie parti del mondo, si sono aggiunti quelli legati alla sicurezza, alla privacy degli utenti, allo spionaggio industriale. E soprattutto al sessismo: la discesa dell'ex ceo è infatti iniziata dopo la pubblicazione di un post da parte di Susan Fowler, ex ingegnere di Uber, che accusava i vertici dell'azienda di molestie e ne criticava la cultura maschilista. Il passo indietro del fondatore segna anche uno slittamento negli equilibri geografici di potere: molto si concentrerà in Giappone (sede di SoftBank) e Arabia Saudita (il principale partner di SoftBank è il fondo sovrano saudita). E guadagna spazio anche l'attuale ceo Dara Khosrowshahi, principale fautore dell'accordo con la società giapponese ora più libero dall'ombra del suo predecessore.

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