Giappone, un robot-paziente per testare nuovi trattamenti clinici
TecnologiaI nuovi ritrovati tecnologici permettono di testare le attrezzature e di fare pratica e simulano condizioni critiche. Così le macchine (e i sensori) migliorano le competenze dei medici senza conseguenze sull'uomo
Non ci sono solo software e macchine per operare: dal Giappone arrivano anche i pazienti-robot. Un'innovazione che serve a sperimentare in modo efficace tecniche e strumenti senza coinvolgere uomini e donne. Una scelta con almeno due vantaggi: il primo e più importante è quello di lasciare ai ricercatori la possibilità di sbagliare senza rischiare conseguenze per i pazienti; il secondo riguarda invece la superiore capacità di raccogliere dati.
Scheletro in metallo e muscoli in silicone
Al National Institute of Advanced Industrial Science and Technology, uno dei maggiori enti di ricerca pubblici giapponesi, hanno creato un umanoide alto 165 centimetri che pesa 50 chilogrammi. È stato sviluppato per simulare i movimenti degli arti e della colonna vertebrale ed è formato da uno scheletro di metallo, con "pelle e muscoli" in silicone. Grazie ai numerosi sensori di cui è dotato rende possibile testare gli effetti di alcuni equipaggiamenti medici esterni che gli vengono applicati: il robot, raccogliendo i relativi dati, è in grado di dire ai ricercatori se l'attrezzatura funziona e dove andrebbe migliorata.
Il baby robot
Non si tratta però dell'unico studio che usa i robot come cavie. "Nikkei" riporta infatti altri due casi. All'università di Waseda, la facoltà di ingegneria meccanica ha sviluppato, insieme a un'impresa specializzata nel settore (la Kyoto Kagaku), un bambino robot con l'obiettivo di simulare le delicate manovre da eseguire in caso di difficoltà respiratorie di un neonato: un'eventualità che secondo i ricercatori si verifica nell'1-2% dei casi. Il baby-robot non è un semplice manichino con il quale fare pratica, ma un dispositivo dotato di sensori interni che permettono di appurare se la manovra è andata a buon fine, ossia se l'intervento del medico è riuscito a far respirare il bambino. In caso contrario, il dispositivo può simulare le complicanze cui far fronte, come ad esempio un infarto.
Un aiuto per gli interventi agli occhi
L'università di Nagoya ha invece applicato questa nuova tecnologia all'oculistica. I ricercatori hanno sviluppato bulbi oculari robotici sui quali simulare delicati interventi chirurgici. I materiali utilizzati sono in grado di offrire un'esperienza molto vicina alla realtà: l'occhio artificiale ha infatti retina e pupilla. E, grazie ai sensori, percepisce eventuali errori da parte del medico: un'eccessiva pressione, ad esempio, può causare la perdita della vista. Il robot permette quindi di fare esercizio e acquisire le competenze necessarie che attualmente si possono perfezionare solo entrando in sala operatoria.