Il primo agosto di 43 anni fa, il pilota austriaco rimaneva coinvolto nel drammatico incidente che segnò la sua carriera, ma che non gli impedì di vincere altri due titoli, nel 1977 e nel 1984
Il primo agosto 1976, 43 anni fa, Niki Lauda (LA FOTOSTORIA) rimase coinvolto nel terribile incidente che tuttavia non ne pregiudicò la carriera. Il "computer", soprannome che si è meritato per la sua freddezza in pista e per la straordinaria capacità di individuare i difetti della macchina, riuscì a tornare alla guida della sua monoposto in appena 42 giorni dall’incidente, a sfiorare il titolo mondiale e a vincerne ben due negli anni successivi: nel 1977 e nel 1984. Dopo il terribile schianto durante il Gran Premio di Germania, sul circuito del Nürburgring, Andreas Nikolaus Lauda ha continuato a correre fino al 1985, anno in cui si è ritirato in maniera difinitiva. Dopo aver lasciato le piste, l’austriaco si è reinventato imprenditore e dirigente sportivo. Fino all’agosto del 2018, quando a 69 anni è stato sottoposto a un trapianto di polmoni a Vienna. E' morto n anno più tardi, il 21 maggio 2019. (IL RICORDO SUI SOCIAL - LA VITA PRIVATA - LE FRASI - I FILM)
La dinamica dell’incidente
L’incidente avvenne alla curva Bergwerk, ancora bagnata dopo le copiose piogge che avevano colpito poco prima il vecchio circuito del Nürburgring, lungo oltre 22 km. Tra le cause dello schianto, avvenuto a circa 200 chilometri all’ora, anche la poca aderenza fornita dalle gomme slick, ancora fredde, che l’austriaco aveva fatto montare da poco dopo essere partito con i pneumatici da pioggia. Dopo aver perso il controllo della monoposto, la Ferrari di Lauda colpì una roccia a lato del circuito, per poi finire in mezzo alla pista. "L'impatto fu così violento che il casco mi si tolse da solo", raccontò anni dopo il pilota. Negli attimi successivi la vettura prese fuoco per la fuoriuscita di benzina e il pilota rimase intrappolato per 55 lunghissimi secondi. Decisivo per la sua salvezza l’intervento di alcuni colleghi, tra cui Harald Ertl, Guy Edwards e Brett Lunger; ma soprattutto quello dell’italiano Arturo Merzario, che riuscì ad estrarre dall’autoveicolo l’austriaco. A causa dell’incidente, Lauda riportò pesanti ustioni al volto, sprovvisto della protezione del casco, e gravi danni ai polmoni a casua dell’inalazione di fumi velenosi.
Il recupero miracoloso
Non appena portato in ospedale, le sue condizioni apparvero da subito molto gravi, non tanto per le ustioni, quanto per le condizioni dei polmoni, seriamente danneggiati dalla quantità di fumi tossici respirati in quei 55 secondi. Per dichiararlo fuori pericolo, servirono 5 giorni ma dopo soli 42 era di nuovo in pista. Durante i primi giorni della degenza, ha raccontato Lauda, un sacerdote gli diede l'estrema unzione, viste le sue condizioni: "Ma non volevo morire, volevo continuare a vivere". Una caparbietà che lo ha aiutato a compiere un vera e propria impresa: "Ritornare rapidamente faceva parte della mia strategia per non stare seduto a casa e pensare al motivo per cui mi era successo". Dopo un mese e mezzo, infatti, Lauda tornò di nuovo al volante della sua Ferrari, conquistando il quarto posto nel Gran Premio d'Italia a Monza. In quella stagione arrivò secondo nel mondiale solo all'ultima gara. Nel GP del Giappone, al Fuji, le condizioni atmosferiche proibitive lo spinsero al ritiro per non correre ulteriori rischi, regalando il titolo al rivale britannico, James Hunt. La vicenda ha ispirato il film "Rush" (2013), di Ron Howard.
La straordinaria carriera
In carriera Lauda ha corso per March, Brm, Ferrari, Brabham e McLaren, disputando 171 Gran Premi e vincendone 25. In bacheca vanta 3 titoli vinti: due con la Ferrari ('75 e '77) e uno con la McLaren ('84). Abbandonate le piste una prima volta alla fine del 1979, si dedicò al trasporto aereo, tornando poi in F1 nel 1982. In totale ha fondato e diretto tre compagnie: la Lauda Air, la Niki e la Laudamotion. Oltre all’esperienza imprenditoriale, ha continuato a lavorare in Formula 1 come dirigente sportivo, prima come consulente per Ferrari, poi come team principal per due stagioni della Jaguar Racing, e infine come presidente non esecutivo della Mercedes AMG F1.