Pechino Express, fuori i Cineasti: "Sogniamo di ripartire anche domani"

Si sono fermati a un passo dal Nepal, ultimo dei tre Paesi dell’edizione 2025 di Pechino Express. I “Cineasti”, Nathalie Guetta e Vito Bucci, possono dire di essere arrivati ai piedi del tetto del mondo, eliminati sul traguardo di Chiang Rai, nell’ultima tappa thailandese di questo fantastico viaggio, al termine di una puntata decisamente diversa in cui si sono dovuti separare per mescolarsi con altri compagni di viaggio. La loro esperienza è stata lunga, sicuramente faticosa, eppure, fosse per loro, ricomincerebbero subito da capo. Cosa vi ha spinto a partecipare? Vito Bucci: L'idea di partecipare a Pechino mi ha sempre stuzzicato, l'ho sempre visto, ero un fan della trasmissione, mi ha spinto la curiosità, sono una persona molto curiosa, sono un avventuriero di indole. Mi è capitato svariate volte di fantasticarci su, ma mai avrei creduto di partecipare e alla fine la prima cosa che ho pensato quando ho saputo di doverlo fare è stato il pensiero della gente che avrei incontrato. Nathalie Guetta: Io per il piacere di viaggiare, e poi sì, per la curiosità. Anch’io sono molto curiosa e non ho affatto pensato alla fatica, ero contenta di partire con Vito perché siamo due grandi amici, mi piaceva l’idea di vivere questa esperienza con lui. C’è stato un momento in cui avete sentito di non farcela? Vito: Sì, confesso che ho pensato di non riuscire a portare a termine il trekking attraverso la giungla, nelle Filippine. Faceva un caldo apocalittico, è stato allucinante. C'era un'umidità pazzesca e a un certo punto ho proprio sentito che mi mancava l'aria, cioè non mi arrivava l'ossigeno al cervello. Era una condizione estrema, e in quel momento Nathalie mi è stata molto d'aiuto, continuava a incoraggiarmi, sono andato avanti grazie a lei. Mamma mia, se ci penso… Nathalie: Escludendo il primo giorno dopo 36 ore di viaggio e lo choc termico, l’ultimo giorno in Thailandia è stato terribile, inciampavano sulle pietre e tutto andava storto, dall'inizio della giornata in un crescendo fino alla notte. Non ho pensato di non farcela, è che non ce la faceva e punto. Menomale c’era Vito, mi sono sempre aggrappata a lui con le unghie, se non ci fosse stato avrei mollato. Una coppia ideale la vostra. Vito: Pechino è un programma di coppia, fondamentalmente dove non arriva uno, arriva l'altro. Se c’è la giusta sintonia funziona tutto, anche il gioco, se al contrario la coppia non funziona, è un problema grande, insormontabile. Nathalie: Sì è vero, pensiamo la stessa cosa l’uno dell’altra e questa è una cosa bellissima, aggiungo che nel mio caso però è più forte perché davvero Vito si è sorbito tantissimo, mi ha aiutato in tutto. È stato pazzesco. Avete scoperto qualche lato dell'altro che non conoscevate prima? Vito: Conosco abbastanza bene Nathalie da cinque anni, conosciamo i nostri pregi e i nostri difetti. Ma ho scoperto per la prima volta la sua forza di volontà. Anche nelle condizioni più estreme, per esempio quando si è fatta male alla caviglia e non riusciva a camminare, non si è mai abbattuta. Soffriva, aveva una caviglia gonfia quanto un ginocchio, ma andava avanti. Nella vita di tutti i giorni non c'era mai capitato di vivere un'esperienza così estrema, Pechino ci ha fatto conoscere ancora meglio. Nathalie: Pechino ha rafforzato in me quello che già sapevo di lui, un amico o un'amica si scoprono sempre col tempo, e devo dire che la gioiosità, la bontà, l'ironia di Vito è veramente incredibile. È una persona organizzata oltremodo, in qualsiasi situazione sa cosa fare. E ha una santa, santissima pazienza, devo dire la verità. Pensate di esservi spinti oltre i vostri limiti? Vito: Io, lo ammetto, avevo tanta paura prima di iniziare questa avventura. Ero spaventato, oggi dico che in ognuna delle avversità non ho mai perso il controllo e questa cosa mi ha un po' stupito perché per carattere e per esperienza lavorativa cerco sempre di “prevedere l'imprevisto”: è quello che faccio tutti i giorni della mia vita, anche stressandomi fin troppo per capire cosa può succedere da qui a cinque minuti. Mi sono reso conto invece che pensare meno a volte aiuta. Sembra una fase fatta, ma il nostro limite siamo noi stessi. Nel momento in cui smettiamo di pensare, e smettiamo di farci domande, tutto diventa più semplice. Pechino mi ha insegnato proprio questo. Basta aver paura di affrontare le cose e pensare a come affrontarle: si affrontano e basta. Natalie: Sono totalmente d'accordo e aggiungo che Pechino Express ha spostato i miei limiti nel senso opposto, l’ho scritto anche nella chat del nostro gruppo, molto spesso pensiamo e proiettiamo sugli altri cose che non esistono nella realtà, io per esempio all’inizio non sopportavo Dolcenera, ora ci adoriamo e ci mandiamo messaggi. Un fatto analogo è successo con gli Estetici, è un insegnamento importantissimo. Umanamente una grande lezione. Vito: Per chi lo vede da casa Pechino è un programma tv, per chi lo fa è un'esperienza di vita, ma di vita vera. Sei lì, circondato dai cameramen, ma a un certo punto perdi la dimensione televisiva e ti resta solo quella reale, sei immerso nella cultura e tra la gente del posto, in una realtà che è diametralmente opposta a quella a cui sei abituato nella quotidianità. La differenza tra Occidente e Oriente è abissale, e ti ritrovi in questa situazione pensando semplicemente a vivere quello che hai davanti in quel momento e se cogli l'essenza dell'esperienza che ti offre Pechino, hai vinto. Umanamente hai vinto tutto. Nathalie: È esattamente come dice Vito, un’esperienza umana incredibile. Un ricordo legato alle persone che avete incontrato. Vito: Il momento più toccante di questo viaggio è stato nelle Filippine, eravamo arrivati da poco ed era il primo giorno di Pechino Express; non sai cosa ti aspetta e sei carico a livello di tensioni, poi ti abitui ed entri un po' nel meccanismo, ma è stato complicato ed ero teso. Troviamo ospitalità in un villaggetto a casa di una signora meravigliosa. Con Nathalie veniamo accolti calorosamente, Chanel emanava amore da tutti i pori verso le sue figlie e il marito, era l’immagine del focolare domestico e personalmente ho avuto una “botta”. Ho perso mamma molto giovane, avevo 19 anni e mi ha colpito l'attenzione e l'amore che questa donna rivolgeva alla sua famiglia, lì ho avuto l'esempio di cosa voglia dire essere una guida per qualcuno. Io questo faro l'ho perso molto presto e ho dovuto crearmi da solo dal punto di vista umano seguendo l’istinto, ho avuto un nodo alla gola. Mi è capitato altre volte di vedere delle madri con i figli in Italia però quella era una situazione molto particolare. Una casa molto umile e meravigliosa allo stesso tempo. In un contesto economico non abituale mi è arrivato l'amore puro che un genitore può donare a un figlio. È stato stupendo. Nathalie: A me così come a Vito ha molto colpito Chanel, oltre a lei mi è tornato in mente un altro ricordo. Una volta in Thailandia abbiamo fatto molta fatica a trovare casa e un signore sui 74 anni ci ha offerto la casa di sua sorella a cui doveva prima chiedere il permesso… l'abbiamo aspettato per circa quattro ore, facevamo un caldo tremendo. Lungo il percorso abbiamo notato un’altra casa e io ho pensato che non fosse abbastanza bella. Alla fine ci siamo fermati davanti a una catapecchia e a me ha preso un colpissimo, mi sono sentita molto egoista: questo signore ci viveva e ci ha fatto passare una notte che non scorderò per tutta la vita. C'era anche suo figlio, avrà avuto dodici anni, ci hanno servito un piatto di riso con le formiche sopra , ci hanno invitato a tornare per un mese in vacanza. Ci hanno dato tutto e mi si è stretto il cuore, mi è dispiaciuto anche non averlo ringraziato abbastanza perché la mattina dovevamo partire in fretta e furia, penso spesso che vorrei tornare. Cosa vi è mancato di più in viaggio? Vito: L'unica cosa che mi è mancata è stata sentire gli affetti più cari, mio marito, mio padre e mio fratello. Quando inizi Pechino ti viene tolto il telefono e lo recuperi a programma finito ma non mi è mancato minimamente, non l'ho mai cercato, né avevo l'ansia di sentirlo suonare. È stato liberatorio fare a meno di tutto quello che circonda il nostro uso del cellulare, un viaggio del genere ti riempie talmente tanto che l'unica cosa che veramente ti viene a mancare è l'affetto dei tuoi cari, il sentire la voce, il chiacchierare, condividere l'esperienza. Per il resto, farei un Pechino di tre mesi, se fosse possibile. Nathalie: Non mi è mancato niente perché ero immersa nel viaggio, la confisca dei cellulari è stata pura bellezza, una liberazione proprio totale. Io non sono sposata, adoro la mia famiglia e i miei amici, ma sapevo che il programma era una parentesi e l’ho vissuta totalmente. Quando sono ritornata, piuttosto, mi è mancato Pechino. Cosa vi sta mancando di Pechino? Vito: Tutti gli stimoli che uno show del genere ti offre, stimoli completamente diversi da quelli ai quali siamo abituati nella nostra quotidianità. Il rapportarsi a gente così diversa da noi è proprio il fulcro del programma. Credo che un Pechino fatto in Europa non funzionerebbe mai come un Pechino fatto in Asia, America Latina o Africa. Il bello è porsi in una situazione di totale estraniamento e mettersi in gioco in una situazione che non ti appartiene, condividere la vita con gente che la vede e la vive da un punto di vista opposto al tuo. È un confronto continuo e credo ci sia solo da imparare, soprattutto nelle Filippine io ho avuto una sorta di invidia reverenziale, i filippini vivono la loro vita per come deve essere vissuta, in maniera molto naturale e rilassata. Hanno la loro piccola attività, sono sereni, non sono vittime del tempo, della frenesia e dei soldi come noi. Nathalie: A me stanno mancando i paesaggi, la natura, essere a stretto contatto con un amico intimo come Vito, godere della sua presenza permanente. Poi mi mancano le persone, la scoperta quotidiana. Insomma, siamo rientrati depressi, io vorrei tanto rifarlo, ma non si può. Dopo Pechino, pensare alla meta di un prossimo viaggio fa strano, o no? Vito: Io sono sposato da un anno e mezzo e, per un motivo o per un altro, non siamo ancora riusciti a fare il viaggio di nozze, a mio marito ho già proposto un viaggio tra Filippine e Thailandia, vorrei tantissimo dargli la possibilità di incontrare le persone che ho incontrato io. Mi ero ripromesso di tornare da Chanel, la signora della quale parlavo all'inizio, vorrei che Sergio conosca questa gente, mi piacerebbe tantissimo che vivesse le esperienze per come le ho vissute io. Anche se non potrà mai essere un'esperienza come quella di Pechino che diciamolo, è quasi impossibile vivere in maniera autonoma. L’idea di tornare in quei posti e vederli con più calma e tranquillità sarebbe un sogno. Nathalie: Una volta con Beatrice Di Iorio, la truccatrice di “Don Matteo”, abbiamo passato mezz'ora al telefono a fare la lista dei Paesi che volevamo visitare, abbiamo litigato perché lei ha sempre caldo e io sempre freddo, ma alla fine avevamo trovato un accordo ipotizzando una spesa di ventimila euro, non so se riusciremo mai a partire insieme, ma mi piacerebbe andare in Colombia, Tibet, Argentina, e tornare nelle Filippine.

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