Pechino Express, Fru: "Tornare è un regalo". L'intervista

Gianluca Colucci in arte Fru torna al fianco del conduttore Costantino della Gherardesca nella nuova stagione di Pechino Express inaugurata con un esordio faticosissimo per le nove coppie in gara e il miglior debutto di sempre visto su Sky. Una partenza “col botto” non solo nella sfida già piena di insidie e rivalità, ma anche sul fronte degli ascolti, la riprova del successo di uno show che mette al centro di tutto il Viaggio, quello con la "v" maiuscola che ogni partecipante si ritrova a vivere fuori e dentro di sé. Al di là della competizione e dietro la corsa sempre agguerritissima, ci sono infatti i viaggiatori che più di una volta si ritroveranno senza mappa né zaini, pronti a scoprire il valore autentico della loro missione. In attesa del prossimo appuntamento, tutti i giovedì in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, abbiamo fatto due chiacchiere con Fru, inviato speciale, maestro assoluto di imprevedibilità, ironia e scanzonato divertimento. Ecco cosa ci ha raccontato nell'intervista qui di seguito. La gara è partita “col botto”, anche sul fronte degli ascolti col debutto più visto di sempre su Sky: quale pensi sia la chiave del successo di Pechino Express? Sono particolarmente felice di questo risultato, e dimostra quanto la forza di Pechino sia proprio nel viaggio, nel format, nella scoperta dei luoghi che visitiamo, e anche nella scoperta delle persone. E a tal proposito credo che la forza di quest'anno, nello specifico, sia proprio nel cast inaspettato. Un cast accesissimo, ricchissimo, fortissimo e potrei proseguire con un'altra lunga serie di aggettivi superlativi. Che effetto fa tornare in questa nuova edizione? Chiaramente per me tornare è un regalo, una gioia immensa. Una volta finito il viaggio da concorrente mi sono sempre chiesto come sarei potuto tornare perché non c'è una trasmissione più bella di questa. Il fatto che sia successo è stato un sogno che si è realizzato. Ammetto che per la riconferma ho avuto un entusiasmo maggiore della prima volta, certe cose più le fai più impari a farle e più capisci la tua dimensione, il tuo ruolo, chi sei, chi vuoi essere. Banalmente impari meglio anche determinati meccanismi. Certi lavori vengono direttamente dall'esperienza. Nelle vesti di concorrente cosa ti era servito di più per andare avanti nella gara? Sicuramente la spinta mentale che è sempre più forte di quella delle gambe e in questo mi riallaccio anche alla sorpresa che ci ha fatto il cast di quest'anno, perché conoscendoli meno non ci aspettiamo a quali punti si possano aggrappare. La qualità di Costantino che vorresti avere? Lui per me è un modello, è il tipo di conduttore che vorrei essere io. Se devo scegliere tra le sue tantissime qualità, direi la saggezza. Costantino ne sa davvero tante e questa cosa mi strega ogni volta. E’ difficilissimo stargli dietro nei suoi mille riferimenti culturali, filosofici, politici, cinematografici e musicali. Di lui mi ispira tutto, è autoironico, sagace, sa essere severo quando deve richiamare qualcuno, ma anche estremamente dolce. È veramente eclettico. Quello su cui mi sento molto lontano da lui è la cultura. A Napoli si dice "Fattell cu chi è megl i te 'e” , e questo è il mio caso con Costantino. Un pomeriggio con lui non è diverso da un pomeriggio di studio. Quali sono dal tuo punto di vista i requisiti indispensabili per affrontare una sfida come Pechino? Premesso che su come si affronta questo programma si potrebbe scrivere un libro, direi che da un punto di vista filosofico ci si debba armare di grande curiosità e apertura, andare a conoscere e scoprire con grande elasticità gli usi e i costumi di popoli molto lontani da noi. Da un punto di vista più pratico invece sottolineo la capacità di trattenere la pipì, anche perché a volte in gara anche un secondo conta e può fare la differenza. L’aneddoto più divertente che puoi raccontarci? E’ successo in Giordania, durante la mia edizione quando ero un concorrente, c'era una casa in cui i membri della famiglia dovevano essere avvisati quando andavo a fare la pipì. Dovevano essere tutti pronti e informati, per motivi culturali tutti dovevano sapere sempre quando uscivo dalla stanza. Era una casa super accogliente che però aveva questo limite: ogni volta che dovevo andare in bagno succedeva che il fratello più grande avvisava gli altri nelle varie stanze, annunciando l’esigenza del loro ospite, in sintesi ogni mia ecacuazione diventata una sorta di parata. Questa merita un approfondimento. Allora c'erano tante donne in casa che durante il giorno preferivano togliere il velo, ma per stare nella mia stessa stanza dovevano tenerlo, quindi quando dovevo andare a fare la pipì, erano costrette a coprirsi. Ovviamente per arrecare meno fastidio cercavo di farla il minor numero di volte possibile. Alla fine mi sono comunque sentito molto in colpa per aver avuto questo bisogno fisiologico naturale. C’è una fobia o un limite che hai dovuto affrontare durante il programma? Diciamo che in termini di vere e proprie fobie non saprei, ma sono una di quelle persone che se malauguratamente d'estate viene svegliata da una zanzara, mi rovino la nottata. La mia è una sorta di misofonia, mi dà fastidio il ronzio degli insetti, e mi sono dovuto misurare con questo disagio. Sia in veste di concorrente che di inviato speciale, la cosa non cambia, anche perché come è noto non stai facendo una vacanza di lusso. C'è un altro lato di Pechino Express che continua anche dietro le quinte, la mia capacità di adattarmi ai ronzii continua sicuramente ad essere una lotta costante. In base a cosa scegli la meta di un viaggio? E’ una bellissima domanda e la mia può sembrare una stupidissima risposta, ma a volte per chi come me vuol vedere tutte le nazioni del mondo, basta veramente un niente per accendere la curiosità verso un posto. A volte anche solo l’interesse per la bandiera, io sono talmente attratto dalle bandiere che a volte sono le stesse a portarmi in certi luoghi, cosa che è successa, guardacaso, con Kathmandu. Come nasce la passione sfrenata per le bandiere? Quando ero bambino mio padre aveva in casa un’agenda nautica con cui faceva giocare me e mio fratello, all’interno c’erano anche tutte le bandiere del mondo e noi ci divertivamo a impararle, lui era un genio: a quattro anni le sapeva già tutte, era un bambino molto precoce, a differenza mia che sono rimasto stupido. L’attrazione nasce sicuramente da lì, dal giocare con lui, ascoltarlo mentre mi spiegava quali bandiere fossero simili e tutto il resto. Ancora oggi ho davanti agli occhi l'agenda nautica di mio padre, con quella copertina sia rigida che soffice. Il tuo compagno di viaggio ideale? Qualcuno che trovi il giusto compromesso tra attività e riposo, una persona perfettamente bilanciata, il che non è facile. Io di solito vengo preso da una certa fame di viaggio, ho paura di perdermi qualcosa quando sono in un posto, durante la vacanza cerco di vedere più posti possibili, ma allo stesso tempo impari, anche grazie a Pechino Express, che invece è meglio fermarsi in certi luoghi piuttosto di vederne tanti e poco. In sintesi, viaggiatori ben equilibrati e soprattutto persone che mangino di tutto, anche perché ho questa inclinazione nel provare tutto. Calvino diceva che “Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda”, condividi? Assolutamente sì, è successo in modo particolare quest'anno, nella capitale del Nepal. Kathmandu ha risposto alla domanda su quanto sia vera la spiritualità di certi posti, cioè quanto sono vere le leggende che si raccontano. Ha risposto come fanno le risposte più sagge: aprendo nuove domande e rispondendo solo parzialmente. L'aura mistica che trasmette quella città è qualcosa di molto forte, che anche un uomo Faber disilluso come me non può non sentire. C'è un peso mistico e spirituale dato sicuramente dalla presenza molto forte di un'iconografia buddista-induista, ogni scorcio racconta mille storie e l'energia e la carica che mi ha dato Kathmandu, le ho vissute poche volte nella vita. Cosa porteresti su un’isola deserta? L'agenda nautica di papà, seriamente porterei un'agenda e una penna così potrei disegnare i pensieri che faccio. Come sono solito fare.

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