Quando il tatuaggio si fa (ufficialmente) arte

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Al centro Asia Argento sfoggia i tatuaggi firmati da Marco Manzo - foto di Artur Czerwinsky
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In attesa del prossimo appuntamento con Epic Ink, tutte le domeniche alle 22.55 su Sky Uno, scopri Venezia International Tattoo Convention e leggi l’intervista a Marco Manzi, l’artista che è riuscito a far entrare il tatuaggio nel mondo dell’arte contemporanea, e non solo.

di Barbara Ferrara


Marco Manzo è tra i centocinquanta artisti internazionali più significativi presenti alla convention che dal 14 al 16 ottobre fa di Venezia la capitale mondiale del tatuaggio. La splendida Laguna veneta fa da cornice alla Venezia International Tattoo Convention, l’evento, patrocinato dalla città, chiama a raccolta i migliori tattoo artist in circolazione. Provenienti da ogni dove sono pronti a conquistare il pubblico di visitatori che invaderanno gli spazi del Russott Hotel di San Giuliano per una tre giorni di incontri, arte, performance e tattoo contest.


Nell’attesa di ammirare in prima persona il lavoro degli artisti presenti alla manifestazione, abbiamo chiesto a Marco Manzo, precursore e maestro dello stile ornamentale (per molti “il tatuatore di Asia Argento” ndr), di farci entrare in questo suo affascinante mondo. Mondo in cui si ritrova a esporre accanto a De Chirico, Tiepolo, Guido Reni, Balla, Fontana, per citare solo alcuni tra i nomi dei nomi più noti. Mondo in cui le sue opere in continuo movimento diventano Alta Moda e sfilano in passerella come fossero abiti unici, “cuciti per sempre sulla pelle” ed entrano, per la prima volta nella storia, nei musei di arte.


Ci racconta il suo lavoro?
Lavoro insieme alla mia compagna, Francesca Boni, lei disegna e insieme partiamo dallo studio del corpo femminile, non dal disegno. Cerchiamo di valorizzarne le forme, nascondere eventuali difetti, stringere una vita, slanciare una gamba: ragioniamo sulla silhouette e la mia fortuna è aver trovato uno stile ornamentale dedicato alle donne che fosse elegante. Molti giornalisti hanno paragonato le mie opere ad abiti di Alta Moda fino a che in quel mondo ci sono entrato.
Come?
Un anno e mezzo fa al Museo Maxxi di Roma ho fatto un evento di Alta Moda: ho presentato i mie abiti come dei vestiti di pizzo, ricami e merletti cuciti per sempre sul corpo, e in questa occasione Gattinoni ha presentato i suoi abiti-tattoo. E’ stata un’enorme soddisfazione.
A quanti anni ha iniziato a tatuare?
Le prime esperienze le ho fatte a quindici anni, oggi ne ho quarantotto. Ho aperto il mio studio sulla Cassia a Roma ventiquattro anni fa.
C’è stato un momento in cui ha capito che quella sarebbe stata la sua strada?
Quando ho aperto lo studio (il Tribal Tattoo Studio è uno dei primi studi di tatuaggi e piercing della capitale n.d.r). Prima era più un andare contro corrente e contro i canoni, un atto di ribellione, poi è diventata una passione che non finisce mai.
Tattoo Forever, la mostra sul tatuaggio che ha curato al Macro di Roma, è stata la prima a essere ospitata in un museo di arte contemporanea: che effetto fa?
E’ stata una vittoria, non tanto per me che avevo già avuto il riconoscimento di artista, quanto per tutto il mio mondo. Non era mai successo: tramite le istituzioni sono riuscito a far passare ufficialmente il messaggio che il tatuaggio è una forma di arte contemporanea, è una cosa che ho desiderato e per cui ho lavorato tutta la vita.
Molti la chiamano “il tatuatore di Asia Argento”: com’è lavorare con lei?
Pensiamo insieme le stesse cose, abbiamo le stesse visioni, tirare fuori un disegno viene così spontaneamente da sembrare irreale. Rispetto molto Asia anche per essere stata la madrina di una delle prime convention di Roma, quando era giovane è apparsa sulla copertina di Inked Mazazine esponendo i suoi tatuaggi: allora mostrarli era difficile e ci voleva coraggio. Ha contribuito a sdoganare il mondo dei tatuaggi.
Che cosa le ha disegnato?
Una collana ornamentale che ha portato a Cannes dove è stata fotografata da tutti, poi i due fianchi, le ho rifatto gli angeli, e adesso le sto facendo la schiena.
Cosa significa tatuare?
E’ la mia vita, significa rispetto verso le persone. Riesci a fare un buon lavoro quando rispetti le idee dell’altro, devi trovare il giusto compromesso nel dare le tue idee perché il tatuaggio viene dall’anima delle persone, segna un momento e deve essere ciò che la persona desidera. Bisogna saper leggere e capire l’animo.
C’è chi azzarda analogie tra una seduta dal psicoterapeuta e una dal tattoo artist: cosa ne pensa?
Se è terapeutico non lo so, certo è che un tatuaggio segna un momento particolare nella vita di una persona e tu li conosci tutti. Spesso sai più tu di un cliente di quanto non sappiano gli amici più intimi. Sulla poltrona esce tutto, si crea un legame molto forte in cui gli aspetti personali emergono in maniera naturale. E’ questo il fascino del tatuaggio, non tanto il disegno ma il legame tra l’opera e ciò che la persona ha dentro. Il tatuaggio è sempre in parte concettuale, sia da parte dell’artista che di chi lo riceve. Ogni opera ha una storia, un significato, un cambiamento.
I suoi tatuaggi richiedono dalle cinquanta alle cento ore di lavoro, ha una strategia per mantenere alta l’attenzione?
No, mi aiuta l’esperienza. Ho la grande fortuna di riuscire a lavorare in qualsiasi situazione, anche se sono arrabbiato. Senz’altro mi porta avanti una grande passione. Poter fare ciò che ci appassiona è una enorme impagabile fortuna e io mi sento molto fortunato.

 

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