Parole su carta e tattoo: Niccolò Agliardi ne racconta il valore

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Si intitola Ti devo un ritorno (Salani Editore) l'esordio letterario, garbatamente autobiografico violentemente intenso, di Niccolò Agliardi. Con lui parliamo do parole ma anche di quei segni che si chiamano tattoo e che impongono rispetto. Il tutto aspettando Epic Ink, in onda ogni domenica alle 22.55 su Sky Uno.

di Fabrizio Basso
(@BassoFabrizio)


Le parole hanno molte forme. E Niccolò Agliardi è un pifferaio magico della parole. Le addomestica nella musica e nella letteratura, nella televisione e nella vita, sulla pelle e nell'amicizia. ma questa volta ha davvero gettato il suo vocabolario oltre l'ostacolo pubblicando un romanzo, Ti devo un ritorno (Salani Editore) che garbatamente autobiografico violentemente intenso. Ne abbiamo chiacchierato insieme parlando anche di quei segni che si chiamano tattoo e che Agliardi adotta con serenità ma ci si avvicina con rispetto. Il tutto aspettando Epic Ink, in onda ogni domenica alle 22.55 su Sky Uno.

Niccolò Agliardi dopo tante canzoni un libro.
La storia è nata sei anni quando un amico mi ha raccontato una anomalia durante una festa: ho saputo che una comunità terapeutica di tossicodipendenti a Porto ne ospitava molti che venivano dalle Azzorre.
Ne è rimasto incuriosito?
Eccome! Mi sono detto per quale strano motivo? Che succede su quell’isola?
E sono partite le ricerche.
Esatto ma all'inizio più per curiosità mia. Ho trovato solo una news su internet: parlava di un carico di droga e risaliva al 2001.
Che narrava?
Un corriere di droga ha avuto il timone in avaria ed è riuscito a nascondere il carico negli anfratti dell'isola. Teme la galera, ovviamente e deve trovare una soluzione. Ma la mattina dopo le correnti la portano sull’isola e per due generazione le Azzorre diventano il paradiso della droga.
In che senso?
Un bicchiere di cocaina pieno veniva venduto a 2,5 euro. Consideriamo che sono tre le tonnellate che derivano dopo che i mille chili sono stati tagliati.
E il traghettatore?
E' riuscito a evadere poi è stato ripreso mentre era in viaggio per Lisbona e ha scontato la pena. Comunque per capire il fenomeno sono stato anche alle Azzorre.
Così è partita la scrittura.
Subito l'editore mi ha detto che era storia pazzesca ma per come la avevo scritta rischiavo di impantanarmi.
Come si è sbloccato?
Ho una amica che lavora nell'editoria, Maria Cristina Olati. Facciamo una chiacchierata, alla presenza del giornalista e amico Andrea Amato, e lei, che io chiamo il produttore del libro, mi fa raccontare la storia e in modo furbesco la fa diventare la mia storia. Incrociamo le storie e nascono Pietro 32, un milanese borghese…non sono io anche se qualche elemento ci unisce, poi ha i capelli, e Vasco di 19. Pietro va alle Azzorre per perfezionare il surf. Incontro Vasco surfista bravissimo mezzo romano e mezzo azzorriano che si perde nella cocaina. E' un libro di attese e ritorni
Come ci ha lavorato?
C'era gente che aspettava i miei capitoli. Una alleanza nuova e inusuale per me che sono battitore libero. Sulle canzoni lavoro da solo.
L'avvio però è stato faticoso.
Negli ultimi anni mi è andato tutto abbastanza bene. Una ondata di positività: successi come autore e cantautore, poi la radio e la tivù. E’ stato quasi figo subire un rifiuto e rimettermi in gioco.
Che metodo si è imposto?
All'inizio ho dovuto responsabilizzarmi e ogni venerdì dare un report a Cristina Olati. Sono stato molto da solo. A volte stavo otto ore a pensare e non scrivevo due righe: era straziante, ogni due secondi apri il frigo, guardi dalla finestra. Ma ero comunque privilegiato.
Il risultato è importante.
Lavorando a Ti devo un ritorno ho letto altri libri, ho creato ma anche rubato, saccheggiato, copiato…non sono un romanziere. Una bella opera è anche taglia e cuci. La cocaina la ho scoperta così. La dipendenza la ho studiata. Le Azzorre le ho visitate e poi studiate.
Parliamo di tatuaggi.
Sconsiglierei i tatuaggi a chi ha 15 anni.
Perché?
Come canta Antonello Venditti 18 anni sono pochi per promettersi il futuro…il tattoo è un segno del passato che viene indirizzato al presente.
Lei ne ha parecchi?
Ne ho anche di brutti che conservo lo stesso con amore, fanno parte dei miei 24 anni.
Ora?
Ne vorrei fare altri, è pure una questione di tempo.
Cosa rappresentano?
Non gli affido un valore né taumaturgico né esistenzialista, è un punto passaggio ma serve. Ecco eviterei il delfino perché lo hai visto ieri al mare e domani non ti interessa più.
Come li sceglie?
Con attenzione. Bisogna anche guardarsi allo specchio. Fedez e Facchinetti ricoperti stanno bene, io farei ridere.
Il primo?
Un bracciale neri. Avevo 23, 24 anni.
L'età giusta?
Per me sì.

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