Master of Photography, la fotografia secondo Isabella Rossellini

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Isabella Rossellini a Master of Photography
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In attesa del prossimo appuntamento con il primo talent show dedicato al mondo della fotografia, in onda su Sky Uno e in contemporanea su Sky Arte, ogni giovedì alle 21.10, leggi l’intervista all’attrice che veste i panni della conduttrice

di Barbara Ferrara

 

Chi meglio della figlia di due leggende della storia del cinema internazionale Ingrid Bergman e Roberto Rossellini, poteva condurre il primo talent sul mondo della fotografia? Isabella Rossellini, abituata da sempre a posare davanti all’obiettivo, racconta la sua avventura sul set di Master of Photography. La decisione di aderire al progetto, le vacanze romane, le lunghe giornate trascorse a girare, i ricordi legati ai suoi genitori e al nonno materno che di mestiere faceva il fotografo. L’incontro con i maestri della fotografia, primo fra tutti Richard Avedon, e l’amore per tutto ciò che lega il racconto alle immagini.

 

Come è stata la sua esperienza a Master of Photography?
Una bellissima esperienza, ero venuta a Roma in vacanza perché a gennaio faceva troppo freddo a New York, ho affittato una casa e mentre ero lì mi ha chiamata Bibi Ballandi con cui ho lavorato diverse volte, ci adoriamo. Mi ha proposto l’idea del programma e mi è piaciuta molto.

 

Dunque ha accettato subito?
Ho trovato il progetto molto interessante, come si dice in inglese davvero “appropriate”: io ho lavorato molto come modella, ho avuto una grande esperienza con la fotografia, i miei genitori lavoravano nel cinema, mio nonno era fotografo. Due settimane di vacanze sono diventate sei settimane, ne sono stata deliziata.

 

Che ricordi ha di suo nonno fotografo?
Mio nonno materno era pittore e fotografo del sindaco, dei curati, e delle autorità. Aveva un negozietto vicino al Royal Dramatic Theatre. Portava sempre mia madre a teatro, adorava l’opera ma mia mamma diceva che dell’opera le piaceva tutto tranne la parte cantata. Un giorno a dieci anni suo padre l’ha portata a teatro ed è lì che ha realizzato quello che avrebbe voluto fare nella vita.

 

Anche lei come sua madre era così sicura su cosa avrebbe fatto da grande?
Sì e no. Mi piacevano gli animali e avrei voluto fare film e documentari sul loro mondo,e alla fine così ho fatto. In passato la scienza del comportamento animale non esisteva, è stata formalizzata di recente. Oggi seguo dei corsi all’università. Comunque sia ho sempre pensato di restare nel cinema, all’inizio volevo fare la costumista e mi sono laureata all’Accademia di Costume e Moda di Roma. Poi sono diventata modella. Alla fine tutto torna.


C’è qualcosa che l’ha colpita dei concorrenti?
Ho trovato che rispetto ai concorsi tra i cuochi o i cantanti, qui in primo piano c’è l’autore, il fotografo, il creatore dietro la sua macchina fotografica. Era interessante scoprire quali sono i criteri, qual è la ricerca che un fotografo fa per trovare lo scatto giusto. Ho trovato i temi scelti di impatto e di grande sfida. Normalmente il fotografo di paesaggistica non è il fotografo di moda, quello di moda non fa il ritratto o lo fa ma resta di moda. L’unico che fa tutto è Oliviero Toscani, ma non è facile. Un concorrente può essere bravo a fotografare la natura e non è bravo a fotografare le persone.


Conosceva Oliviero Toscani?
Stranamente non abbiamo mai lavorato insieme ma ci conosciamo molto bene da tanti anni. Avevamo anche uno stesso agente quando facevo la modella. Mi ha fatto piacere vedere, non solo i concorrenti, ma anche come altri fotografi affermati giudicano le fotografie e i ragazzi. Quello che si aspettano dai ragazzi non è quello è già stato fotografato: i monumenti di Roma sono stati immortalati da una vita, anche dai pittori. Il punto è catturare quello che a te emoziona, non altro.

 

L’aspetto più difficoltoso per i concorrenti?
Trovare la propria voce è la cosa più difficile e spesso sono stati criticati perché incapaci di andare oltre l’estetica. Era interessante sentire il modo in cui venivano incoraggiati. I suggerimenti che ricevevano, e come li mettevano in pratica.

 

Un aneddoto divertente che ha vissuto sul set?
Sono state settimane molto intense e piene di aneddoti, difficile selezionarne uno. Le giornate sul set sono lunghe, otto, nove, dieci ore al giorno. Era tutto molto divertente, i concorrenti vengono da tutta Europa, da esperienze e realtà diverse. E’ stato interessante vedere una Europa che si stava formando a dispetto di ciò che succede in questi giorni. Il tentativo del programma è trovare una voce europea comune, collettiva.

 

Autrice, scrittrice, modella, attrice, regista: in quale ruolo si riconosce meglio?
In tutti, c’è un capitolo per ognuno e poi come dicevo, in fondo è sempre un raccontare attraverso le immagini, più che raccontare attraverso le parole. Il cinema è un’arte visiva, e la fotografia lo è ancora di più. Questo aspetto è presente in ogni ambito.

 

Ai suoi tempi suo padre diceva che il “cinema avrebbe rivoluzionato il mondo”, oggi l’immagine domina il mondo. Cosa ne pensa?
E' quello che indenteva dire lui: l’immagine visiva, la televisione, il computer (che mio padre non ha conosciuto) avrebbe rivoluzionato il mondo. Prima le notizie potevano arrivare solo a chi sapeva leggere, oggigiorno le immagini corrono veloci e trascendono la cultura dello scrivere. I film parlano a tutti, la fotografia ancor di più.

 

Non pensa che oggi siamo sovraesposti alle immagini, alcune molto violente? 
Io sono contenta, non mi lamento. Non ho la sensazione di essere disturbata da immagini forti. In questi giorni sto leggendo il libro di Oriana Fallaci “La paura è un peccato. Lettere da una vita straordinaria”, qui lei racconta quanto fosse complicato ricevere le notizie, i suoi bollettini di guerra arrivavano con giorni di ritardo, adesso sono immediati, oggi tutto è immediato. Non dobbiamo dimenticarlo.

 

Alfred Stigliz diceva che “Nella fotografia c’è una realtà così sottile che diventa più reale della realtà”: è d’accordo?
Certo, perché è una realtà raccontata, commentata. La macchina fotografica è puntata per far vedere una cosa che altrimenti sarebbe sfuggita. Sottolinea qualcosa, sottolinea quello che il fotografo vede.


Qual è la qualità che a un fotografo non può mancare?
Vedere. Richard Avedon, con cui ho lavorato per tanti anni, diceva sempre che i fotografi dovevano saper “vedere”, non solo tecnicamente. Il ritratto di una persona deve poter catturare la sua storia, le sue emozioni. Un fotografo deve vedere meglio degli altri e saperlo comunicare.


 

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