ARYK, la first Lady di Lord of the Bikes

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Aryk ©CristianCastelnuovo
aryk

Arianna, in arte Aryk, affianca Filippo Barbacane e Paolo Sormani in qualità di giudice del primo format che lancia la sfida tra customizzatori di motociclette. In attesa del prossimo avvincente appuntamento, in onda su Sky Uno ogni martedì alle ore 22.00, leggi l’intervista.

di Barbara Ferrara

 

Lord of the Bikes chiama a raccolta i migliori customizzatori di moto sulla piazza e li invita a sfidarsi a colpi di talento: chi riuscirà a conquistare l’ambito titolo di Lord? E soprattutto, cosa occorre per vincere? Lo abbiamo chiesto ad Arianna, in arte Aryk, e per lei le carte vincenti sono: creatività, tecnica e gusto. “Le buone idee sono fondamentali, inoltre non ci si deve fossilizzare sul fatto che una moto debba essere prettamente funzionale. Deve essere anche una bella opera di estetica e deve rispecchiare perfettamente lo stile del customizzatore”.

In attesa del prossimo avvincente appuntamento, su Sky Uno ogni martedì alle ore 22.00, leggi cosa ci ha raccontato la first lady del programma che si definisce “estroversa e sognatrice” e che da sempre ha nel cuore la passione per i motori, la grafica, l’industrial design e la moda, così come per gli anni Cinquanta americani, i viaggi, le vecchie insegne, le giacche dell’aviazione e soprattutto il suo lavoro. A cui dedica tutta se stessa.

 

Come nasce la sua passione?
L’ho sempre avuta perché sono cresciuta in mezzo ai motori, mio padre è un restauratore d’auto d’epoca e con mio fratello lo aiutavamo, andavamo insieme ai raduni. Abbiamo sempre frequentato quel mondo, dalle gare di macchinine a benzina telecomandate alle gare più importanti a Montecarlo.
Quando ha deciso che avrebbe voluto comprare una moto?
Ricordo quando a mio fratello sedicenne regalarono la sua prima moto, una Aprila, uno dei suoi amici aveva la Mito e nella loro compagnia anche una ragazza ne aveva una: vedendo lei mi sono detta che da grande ne avrei voluto anch’io una moto così.
Poi come è andata?
Ho conosciuto quello che poi è diventato mio marito, un grande appassionato di moto, soprattutto americane. Nel tempo mi sono appassionata sempre di più e frequentando i raduni vedevo ragazzi che decoravano i caschi, e andavano in tutte le fiere. Con mio marito, customizzatore di motori, ho deciso di iniziare a decorarli anch’io, con il mio stile anni Cinquanta cercando di renderli “vecchi”, vissuti. Questa novità è stata molto apprezzata, sono stata la prima a farlo.
Da dove trae ispirazione?
Dai libri: diner americani, vecchie insegne, giacche dell’aviazione, lettering e poi mi faccio ispirare dai viaggi.
Cosa significa customizzazione?
Personalizzare un qualsiasi oggetto in base al proprio gusto.
Come è stato vestire i panni del giudice?
Innanzitutto sono molto orgogliosa di aver partecipato. E’ stato difficile, spero di dare una buona impressione al pubblico. Il mio scopo è portare verso questo mondo il pubblico femminile.
Trova che le donne siano ancora escluse da questo mondo così prettamente maschile?
Sì, l’ambiente è maschilista, ci sono ancora molti pregiudizi nonostante ci siano tante donne motocicliste. Veniamo considerate delle “femminucce alla guida di una moto”. In realtà ci sono moltissime donne con gli attributi.
Esiste un identik del customizzatore?
Un vero customizzatore non dovrebbe seguire le regole e le mode. Il rischio è che lo stile non si distingua. Come lo stilista, deve anticipare le tendenze e fare quello che gli dice il suo cervello.
Se non avesse fatto questo mestiere?
Non mi immagino a fare qualcosa di diverso. Forse tatuerei, molti mi dicono che potrei farlo.
Un motivo per guardare il programma?
E’ divertente, fresco e molto dinamico. E’ giovane e può essere seguito anche da un pubblico inesperto.
Un aggettivo per gli altri tuoi compagni di viaggio?
Filippo Barbacane: simpaticissimo. Paolo Sormani, molto creativo. Ringo pazzamente estroso.
Sogno nel cassetto?
Continuare a fare questo lavoro per sempre girando il mondo.
 

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