Un disco che è un pugno nello stomaco. O forse un tatuaggio sonoro, che si appiccica alle orecchie e non si stacca più. Mondo Marcio ce lo presenta e ci racconta la storia dei suoi tattoo mentre su Sky Uno ogni domenica alle ore 22 c'è Tatuaggi da incubo - Tattoo Fixers. Lo abbiamo intervistato
di Fabrizio Basso
E' il suo settimo disco. Ed è così frizzante che può permettersi di chiamarlo La Freschezza del Marcio. Nella cover Mondo Marcio appare senza maglia e mostra i suoi tatuaggio. Mentre su Sky Uno ogni domenica alle ore 22 c'è Tatuaggi da Incubo - Tattoo Fixers, abbiamo intervistato il rapper milanese, tra musica e tattoo.
Mondo Marcio nella cover appare senza maglia e il tatuaggio è in primo piano.
Premetto che non è una cosa voluta, non c’è voglia di ostentare. Abbiamo fatto uno shooting in bianco e nero perché ci tenevamo a fare una cosa semplice, rappresentare questa cosa del togliermi
determinate maschere, quindi la metafora di apparire senza maglia è mettersi nudo in un album.
Ci parla dei suoi tattoo?
I tatuaggi sono una cosa che mi affascina perché fondamentalmente è una cosa che ti fai una volta e ti dura per tutta la vita.
Bella responsabilità.
Per prima cosa devi scegliere bene cosa ti stai facendo. A me piace la somiglianza che hanno con la musica.
In che senso?
Fondamentalmente il tatuaggio è un qualcosa che si è inventato l’uomo per ricordare e comunicare, qualcosa per fissare nel tempo un elemento che diventa per sempre. Per quanto riguarda la mia vita sarà presente così come una canzone.
Da qui la fascinazione.
Sì. E' un continuare il tuo viaggio con qualcosa che rimane sempre lì con te così come può essere una bella canzone o un ricordo.
Come ci presenta La Freschezza del Marcio?
Il disco è figlio di una ricerca musicale durata molto tempo. Il panorama italiano non è molto vario, così sono andato a caccia di suoni originali e non banali. Non ho cercato un producer o collaborazioni con nomi famosi, ma ho semplicemente dato priorità alla musica.
Una mossa forte.
Oggi sono molto più coraggioso rispetto al passato e ho deciso di spogliarmi di tutto facendo un quadro di me stesso. In questo album mostro tutti i miei lati scattando la fotografia della mia persona.
Come è nato il singolo omonimo?
Ero a New York, seduto sul divano e ancora un po’ stordito dal jet lag del volo. In quel momento stavo guardando un film di Starsky & Hutch in tv e mi è improvvisamente venuta voglia di riproporre il groove anni ’70 nel 2016.
Questo album raccoglie molte influenze.
Ho sempre ascoltato un po’ di tutto, dal rock dei Green Day al soul passando per il jazz e la Motown. Nell’album c’è il coraggio di far uscire questi suoni: Lost in the worlds, ad esempio, è nato a Londra dall’incontro con un fonico greco e un artista del luogo nei quali ho ritrovato la mia stessa voglia di fare musica.
Qual è la situazione musicale in Italia?
Se vuoi avere successo devi provenire dall’estero o essere passato attraverso una vetrina. In passato era diverso, ad esempio Lucio Dalla e Renato Zero dicevano qualunque cosa volessero, oggi c’è più paura e vige la regola letale che vali quanto il tuo ultimo singolo. Avere coraggio fa bene alla musica.
Il rap in Italia?
C’è un po’ troppo protagonismo, negli ultimi anni il rap è esploso ma oggi si parla di rap più come fenomeno che genere.
Chi è il suo pubblico?
Chiunque vorrà ascoltarmi, non voglio pensare a un pubblico preciso.
Come è cambiato dal primo enorme successo del 2006?
A sedici anni scattavo fotografie della mia vita, ora faccio la stessa cosa ho dieci anni in più.