Gué Pequeno e The Apprentice: manager rap o rapper manager?

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Gué Pequeno
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Il membro dei Club Dogo è ospite, con Jake La Furia, della puntata del 14 febbraio, giorno di San Valentino. Gli aspiranti Boss devono realizzare i loro video. Abbiamo intervistato Gué Pequeno. Appuntamento ogni venerdì su Sky Uno alle ore 21.10

di Fabrizio Basso

E anche il rap entra a The Apprentice. Nella puntata in programma venerdì 14 febbraio alle ore 21.10, le due squadre hanno come missione di curare due videoclip, uno di Gué Pequeno e uno di Jake La Furia, entrambi membri dei Club Dogo. Chi ha vinto lo scoprirete guardando la puntata. Ma per capire il clima che si respirava abbiamo intervistato Gué Pequeno dei Dogo che nell'occasione ha realizzato il video "La mia ragazza è gangsta".

Come se la è cavata tra i manager del futuro?

Bene, ho visto qualcuno dei ragazzi ma non ho incontrato Flavio Briatore.
Le piace il programma?
Lo ho un po' seguito, è un bel format.
Soddisfatto del videoclip?
E' fighissimo. E, ironia della sorte, non mi è costato nulla. Quando ho visto il risultato finale sono rimasto folgorato.
Che impressione le hanno fatto i concorrenti?
Buona. Sono giovani e si stanno sbattendo tanto per vincere.
Curioso vedervi in un programma con Briatore dopo che lo avevate sbeffeggiato con "Briatori".
Sa che ci pensavo proprio in questi giorni? Nel rap siamo stati dei pionieri, i primi a fare una canzone di quel genere.
Che anno era?
Il 2006. In una Italia purista ha spaccato e ricevuto critiche. Nella stessa canzone convivevano la lotta al potere e la voglia di avere quello che un certo potere concedeva.
Il suo lavoro da solista invece si chiama "Bravo ragazzo".
Un bravo ragazzo costruito in un anno, è il tempo che ci ho messo. Non dimentichiamo che contemporaneamente lavoravo, e tuttora lavoro, al nuovo disco dei Dogo.
Soddisfatto, almeno?
E’ il kolossal del rap italiano.
Una sorta di enciclopedia?
Tipo. Accoglie canzoni dalla fisionomia più nota e criticabile, più tamarra e scorretta, con le rime forti e costellate di parole forti ma ci sono anche canzoni più autoriali.
Quali sarebbero le più profonde?
“Rose nere” ha una base triste ma armoniosa. “Ruggine e ossa”, con Julia Lenti, è più introspettiva. “Scappati di casa” ha l’impatto di una fiction emotiva. In “In orbita”, con Fabri Fibra, riprendo i Verdena. Il rap è il genere che più si concede collaborazioni. E’ una logica famigliare, ovunque ci si scambia i favori. Molte sono una restituzione di favori ma ci sono pure quelle che si originano da una stima reciproca. Siamo più spontanei del rock.
Il disco in una frase?
Sono 19 tracce un po’ black e nulla è nazional popolare.
Ci andrebbe a cena con Briatore?
Eccome, non vedo l'ora.
E se la invitasse nel suo resort in Kenya?
Di corsa. Ma deve passarmi anche l'areo perché vado giù con un po' di amici.

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