Francesco Tesei racconta "Il mentalista"

TV Show
Francesco Tesei durante la prima puntata de "Il mentalista"
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Il giorno dopo la prima puntata, il protagonista di questa serie in programmazione su Sky Uno ogni mercoledì alle ore 21.10 ci racconta cosa è successo durante la puntata, una rivisitazione del protagonista col sapore fascinoso del day after

Francesco Tesei torna a incantarci con la sua arte ne "Il mentalista", in onda ogni mercoledì alle ore 21.10 su Sky Uno. Il giorno dopo la prima puntata, proposta il primo gennaio 2014, il conduttore torna sulla serata entrando nei dettagli e raccontandocela dal suo punto di vista.

di Francesco Tesei

Durante la fase di preparazione, Valdo Gamberutti, co-autore del programma, un giorno mi disse: “Sarebbe forte se sfidassi un illusionista!”. David Cats è stato il primo nome che mi è venuto in mente: è giovane, ha uno stile classico ma anche moderno e, lavorando a bordo di favolose navi da crociera, ci poteva offrire una location spettacolare per le registrazioni. Inoltre mi sembrava un modo interessante per introdurre le differenze tra un mentalista e un illusionista.

Se dovessi fare un parallelo con la tv, potrei dire che l’illusionismo sta al mentalismo come Star Trek sta a Breaking Bad.
Quando guardiamo un illusionista dobbiamo accettare di entrare in un mondo di fantasia: fanciulle levitano leggere come l’aria, animali feroci appaiono e scompaiono, carte e monete spariscono dalla mano per essere “teletrasportate” in un attimo nella tasca. È un po’ come guardare un telefilm di fantascienza con astronavi che volano ed effetti speciali. Il mentalismo, come il telefilm Breaking Bad, rimane invece radicato nella realtà. Pensaci: in Breaking Bad un professore di chimica diventa il re di un impero del crimine. Certo, è una cosa che non capita spesso…ma per quanto sia difficile da immaginare, per quanto sia una “realtà” a dir poco spettacolare, non è del tutto impossibile. E soprattutto, quello che Breaking Bad mette in scena, all’interno di una cornice che diventa sempre più esasperata, è un dramma fondato in maniera realistica su sentimenti umani, azioni e reazioni, in cui ognuno di noi si può immedesimare.

Ecco, anche il mentalismo fa qualcosa di simile: rende spettacolari, e in un certo senso “drammatici”, quegli aspetti della vita reale legati alla comunicazione tra le persone, al modo in cui la nostra società condiziona i nostri pensieri e le nostre scelte. Porta all’estremo queste dinamiche per farle emergere in maniera così potente da lasciare con gli occhi spalancati, senza parole. Ecco cosa condivide il mentalismo con l’illusionismo: il piacere di stupire. L’esperimento interattivo del tavolo da ping-pong è una versione originale degli esperimenti sulla cosiddetta “attenzione selettiva”. Una differenza, però, è che mentre di solito nei test sull’attenzione selettiva c’è sempre qualcosa che entra in scena e poi sparisce, nel mio esperimento il tavolo da ping-pong è sempre davanti agli occhi. Il cambiamento di colore, però, è lento e graduale al punto da passare spesso inosservato.

La puntata si chiude con una sfida al Gran Maestro di scacchi Sabino Brunello. Sarà perché sono appassionato di scacchi (ho una collezione di scacchiere provenienti dai quattro angoli del mondo), ma questo esperimento è uno dei miei preferiti. Ma ci sono anche altri motivi. Prima di tutto, la vera sfida era rendere una partita a scacchi divertente da seguire in tv! E poi, perché l’intera partita può essere letta in chiave metaforica. Per chi fosse appassionato di citazioni, la frase che chiude la sequenza, "La vita è un’ immensa partita a scacchi, l'importante non è vincere o perdere, ma bensì essere un giocatore e non una pedina. Poiché il giocatore è fautore del proprio destino anche nella sconfitta, mentre la pedina è vittima degli eventi anche nella vittoria", appartiene a Dino Notte. L’ho citata perché riassumeva perfettamente il senso dell’esperimento. Il mio obiettivo non era vincere, ma riuscire a guidare ogni mossa del mio avversario.

Questo è un tema che vedrai ripresentarsi anche durante altre “sfide", perché in verità non sono un amante delle contrapposizioni in cui una parte deve vincere e l’altra deve perdere. È, in fondo, un approccio alla vita e al concetto di “leader": c’è a chi piace immaginarsi, più o meno inconsciamente, come un guerriero che deve sconfiggere gli altri per andare avanti. Io preferisco vedermi come una specie di direttore d’orchestra, che muove la sua bacchetta (magica?) per trovare un’armonia fra i vari musicisti.

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