True Detective 3: La recensione dell'episodio 2

Serie TV

Paolo Nizza

E' finalmente in onda su Sky Atlantic la nuova stagione della serie cult creata da Nic Pizzolatto. In questo terzo capitolo il protagonista è Mahershala Ali, premio Oscar per Moonlight, affiancato da Stephen Dorff. True Detective 3 è in onda da lunedì 14 gennaio dalle 21.15 in v.o. sottotitolata e dal 21 gennaio in italiano, tutti i lunedì dalle 21.15. La serie è disponibile anche su Sky On Demand e su NOWTV. Leggi la recensione del secondo episodio di True Detective 3

Essere o non essere un True Detective

"Noi scendiamo e non scendiamo nello stesso fiume, noi stessi siamo e non siamo." scriveva Eraclito, uno che di misteri se ne intendeva. Così la prima immagine del secondo episodio di True Detective è quella di un fiume in cui alcuni uomini cercano la piccola Julie Purcell. Il suo fratellino Will è stato assassinato, il collo fratturato e le mani unite come in una preghiera. Grazie ai diversi piani temporali cui è ambientata la serie sappiamo che negli anni 90 (10 anni dopo l'omicidio) sono state ritrovate, dopo il furto in una farmacia dell'Oklahoma, le impronte di Julie.

Al momento non ci è dato sapere se Julie era una cliente o una ladra. Quello che sappiamo è che la ragazzina è viva. Ma tutto questo secondo episodio è giocato sul dubbio, sull'ossimoro, sulla contraddizione, sull'essere o non essere. Basti pensare a come si conclude l'interrogatorio di Brett Woodard (Michael Greyeyes), il nativo americano che sopravvive raccogliendo spazzatura, anch'egli un reduce del Vietnam inviso alla comunità: "Siete mai stati in posto che non potevate lasciare e in cui non potevate rimanere allo stesso tempo?”

E che dire delle parole del disperato padre di Julie e Will Purcell che confessa ai due detective. "Non riesco a dormire e non riesco a risvegliarmi". Come in Macbeth, nella pianura di Ozark "si è ucciso il sonno". E quando non è il dolore o l'angoscia a tenere svegli, ci pensano le anfetamine a impedire di dormine. Addirittura in versione rosso o blu. Peraltro a farne uso è il detective Roland West, che le offre a Wayne Hays. Si sa: i poliziotti della serie True Detective non sono immuni da macchie e neanche da paure. Quando si tratta di interrogare un pedofilo, scoperto dalla buoncostume, non esitano a massacrarlo di botte e a chiuderlo nel bagagliaio di un’automobile. Senza contare che Wayne usa cravatte con la clip perché teme di finire strangolato.

 

Paura, amore e solitudine a Orzak

Insomma, la paranoia è contagiosa in quel di Ozark. E il clima di terrore aumenta in maniera esponenziale quando viene diffusa la notizia che la bambolina di paglia trovata vicino al cadavere del piccolo Purcell è stata distribuita durante la notte di Halloween e quindi Jiulie è entrata in contatto con il proprio rapitore. Tra salti temporali, panoramiche sul desolante paesaggio del midwest e ruote di biciclette, il secondo episodio di True Detective 3 ci svela ulteriori dettagli sulla vita privata di Hays. Il detective ama Star Wars e si produce pure in una buona imitazione del suono della spada laser. Non legge molto a parte i fumetti di Batman e Silver Surfer (non a caso due supereroi assai solitari). Ma soprattutto assistiamo ai primi passi della love story tra il detective e Amelia, l'insegnante che poi sposerà e con cui metterà al mondo due figli.

Capiamo poi nelle scene ambientate ai giorni nostri che dopo la morte del coniuge e l'aggravarsi dei disturbi della memoria, Wayne non ha un buon rapporto con sua figlia Rebecca, che vive a Los Angeles e si occupa di musica. Come intuito già dal primo episodio, neppure i Purcell sembrano il ritratto della felicità. Si sono sposati perché lei è rimasta incinta e, a detta della madre di lui, la moglie tradiva il marito con una certa frequenza. A rendere ancora tutto più confuso e inquietante ci pensa uno sgrammaticato messaggio anonimo che recita: "Non preoccupatevi Julie è in bel posto e al sicuro i bambini dovrebbero ridere non cercate lasciate perdere."

Il secondo episodio di True Detective 3 si chiude su un'immagine spaventosa, una dolente cartina di tornasole della sofferenza umana. In piena notte, ai giorni nostri, Wayne (un Mahershala Ali davvero strepitoso) si aggira in vestaglia e pigiama al crocevia tra  Shoepick e Briarwood, dove tutto è iniziato.  L'uomo dai capelli brizzolati, gli occhiali e il passo claudicante, ci guarda disperato. Poi con un controcampo la telecamera si allontana dalla scena con un dolly. E il detective sembra perduto in quello spazio così anonimo e cosi terribile. Come se il buio dell'esterno fosse lo specchio scuro di una mente che inesorabilmente si dissolve nel nulla. Nic Pizzolatto ce lo insegna attraverso le stagioni di True Detective: non siamo niente senza memoria.

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