Dostoevskij, la serie thriller dei D'Innocenzo arriva al cinema con Filippo Timi
Serie TVUna serie in sei episodi in sala per una settimana dall'11 al 17 luglio. I due registi costringono anche lo spettatore, in qualche modo, a cercare se stesso. E la propria verità
Un romanzo, un film, una serie tv. Ma anche la loro prima serie tv che arriva tutta, in due atti, al cinema dall'11 al 17 luglio.
I fratelli Fabio e Damiano D'Innocenzo presentano Dostoevskij.
Un thriller con un assassino che dissemina lettere, vittime e caos.
Filippo Timi, Carlotta Gamba, Gabriel Montesi sono alcuni dei protagonisti di questa caccia all'uomo che diventa, anche, un modo per scoprire, in fondo, se stessi.
Ecco che cosa ci hanno raccontato i fratelli D’Innocenzo.
Il vostro nuovo lavoro arriva finalmente al cinema: qual è la vostra emozione?
Fabio D’Innocenzo: Hai detto bene sì, perché finalmente arriviamo. Proviamo una forte emozione perché in realtà non riusciamo a chiudere questa porta di Dostoevskij e abbiamo lasciato tutte le finestre di casa aperte per consentire al pubblico di entrare e ora finalmente la gente potrà vedere tutto il film, la serie, tutto il romanzo.
Che cosa rappresenta questa serie tv per voi?
Damiano D’Innocenzo: Dentro questa “casa” il pubblico troverà me e Fabio, la nostra ossessione ma anche buona parte di sé stesso se uno si approccia alla visione con sincerità.
Fabio: È un racconto per inseguire sé stessi con la scusa di inseguire qualcos’altro, che in questo caso è un killer. Nelle nostre intenzioni questa è la ricerca di noi stessi nel mondo.
Anche gli spiccioli che sono caduti dalle tasche mentre viviamo nel mondo, come il rapporto con una figlia che si è persa, il rapporto con l’amor proprio o con gli amici, che alla fine ci sono sempre, nostro malgrado.
Senza nulla togliere al vostro lavoro, avete comunque messo tutto sulle spalle di Filippo Timi che è straordinario in questo “film”. Cosa gli avete suggerito?
Damiano: È vero, tutto è sulle spalle e sul cuore di Filippo, che di cuori ne ha due come tutti i poeti. Gli abbiamo chiesto di non giudicarsi perché se un attore che ha quasi 300 scene deve anche mettersi a “giudicarsi”, a darsi un voto ad ogni ciack… beh diventa impossibile da sostenere! Filippo, come il personaggio che interpreta, doveva essere invisibile a sé stesso.
Chi interpreta Filippo Timi e che tipo di storia ci aspetta?
Fabio: Filippo è un detective che è il capo di questo avamposto di Polizia molto scalcinato. Sono tutti molto disillusi perché questo killer è da mesi che dissemina vittime e caos. L’assassino ha una precisione chirurgica nelle lettere che dissemina sui luoghi del delitto, lettere nelle quali spiega la sua visione del mondo, frantumandolo. Questa contrapposizione tra la chiarezza esplicativa di chi uccide e il mondo in cui noi ci troviamo (nella serie), così marcio, complicato e guasto, ci piace molto. È di fatto la storia di un lungo inseguimento, di una lunga lotta che metterà lo spettatore anche nella condizione di dover scegliere quale pista seguire ed è a tutti gli effetti un thriller, un noir. È una storia nella quale cercare è necessario.
Non avete mai paura di scavare? Non avete paura di “disturbare” con scene, immagini, storie, e racconti?
Damiano: Io credo che il cinema finisca quando termina la paura, per questo non è vero che non abbiamo avuto paura, anzi noi abbiamo sempre paura, motivo per cui non smettiamo di cercare, di ravanare. È interessante perché stiamo scavando una buca profondissima e dentro c’è la nostra sincerità ma anche la nostra puzza.
Una domanda per gioco: Fabio come ha lavorato Damiano e viceversa?
Fabio: Damiano è impeccabile come la sua camicia stirata! Ha fatto tutto lui, io ho solo preso la metà dei soldi.
Damiano: Siamo stati molto bravi, sono sincero. È la cosa di cui sono più fiero.