Ni una mas, cosa sapere sulla serie tv Netflix basata sul romanzo di Miguel Sáez Carral

Serie TV

Una studentessa di 17 anni, un rapporto conflittuale con i genitori, una violenza subita e la difficoltà a raccontarla (e a farsi credere). Sono questi gli ingredienti della miniserie che, pur non raccontando una storia vera, contiene molte analogie con un fatto accaduto negli Stati Uniti

Sbarcata su Netflix il 31 maggio, la miniserie Ni una más (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) è subito finita tra i titoli di tendenza. Il merito va alla storia raccontata, ma anche alla sua protagonista, Nicole Wallace. Che, qui, ritrova l'altro volto di È colpa mia?, Gabriel Guevara.

Ni una más, la trama

La serie Ni una más adatta, in otto episodi, il romanzo omonimo di Miguel Sáz Carral. Nicole Wallace è Alma, una diciassettenne in procinto di finire le superiori, annoiata dalla scuola e in conflitto con i genitori. Specialmente col padre, che sembra non capirla più. Al suo fianco, la migliore amica Greta (Clara Galle), la sua vera "anima gemella", dichiaratamente omosessuale e compagna di scorribande. E poi c'è Nata (Aïcha Villaverde), compagna di scuola, fidanzata con un bulletto che la fa sentire in paradiso e poi all'inferno.

 

Alma è una ragazza come le altre: è innamorata del fratello di Greta, le piace andare in discoteca, odia i castighi. E non sopporta quando il padre le chiede cosa vuol fare da grande. La sua vita viene stravolta quando, di nascosto dai genitori, partecipa ad una festa. Beve, assume droghe, e si ritrova nel letto di un ragazzo, incapace di reagire

 

"Questa sono io il giorno prima di essere stata violentata": con questa frase, pubblicata dall'account Instagramo @Iam_colemanmiller, Alma prova a raccontare la violenza. Ma chi l'ha commesso, quello stupro? Alma lo conosceva? Davvero c'è stata una violenza e, se sì, come fare a provarlo?

Una storia vera?

Ni una más non è una storia vera, ma presenta diverse analogie con la vera storia di Daisy Coleman e Chanel Miller (raccontata anche dal documentario Audrie & Daisy, disponibile su Netflix).

 

Daisy Coleman ha affermato di essere stata violentata dal diciassettenne Matthew Barnett durante una festa in casa a Maryville, nel Missouri, quando aveva solo 14 anni. Il suo calvario ha fatto notizia a livello nazionale quando, nel 2012, ha deciso di parlarne pubblicamente. Ma il caso di violenza sessuale contro Barnett è stato successivamente archiviato, col ragazzo dichiaratosi colpevole di un'accusa minore, dopo aver affermato che il rapporto era stato consensuale.

 

Coleman ha successivamente fondato l'organizzazione no-profit SafeBae (Before Someone Else) per aiutare a contrastare le violenze sessuali nelle scuole. Ma nel 2020, quattro mesi dopo la morte della mamma Melinda, si è tolta la vita.

 

Chanel Miller, invece, un'aggressione sessuale l'ha subita quando aveva 22 anni. Brock Turner la assalì nel 2015, durante al festa di una confraternita della Stanford University. Condannato a sei mesi di pregione per aver cercato di violentarla mentre si trovava in condizioni di incoscienza, scontò metà condanna e gli fu poi concessa la libertà vigilata. Chanel Miller ha continuato a raccontare la sua storia pubblicando un’autobiografia, intitolata Know My Name.

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