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Call my agent – Italia, la summa di tutte le serie-tv. La recensione

Serie TV

di Alessio Accardo

Arriva su Sky la nuova serie Sky Original prodotta da Sky Studios e Palomar, remake del cult francese Dix pour cent. Tra le guest star: Paola Cortellesi, Paolo Sorrentino, Pierfrancesco Favino, Anna Ferzetti, Matilda De Angelis, Stefano Accorsi, Corrado Guzzanti

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Le cose stanno così: le modalità di produzione e fruizione delle serie-tv si sono radicalmente modificate nel corso degli ultimi mesi, tanto da spingerci a ritenere senz’altro indugio che ci si trova di fronte a una vera e propria svolta epocale.

Si era già in passato assistito a una crescita esponenziale della mole di prodotto, e di conseguenza della sua qualità, rispetto ai tempi della primogenitura del fenomeno. Restando soltanto al mondo Sky, quando nel 2008 sui nostri televisori apparve Romanzo criminale si può dire che non avesse praticamente rivali, almeno su scala locale. Allora la produzione di serie-tv era minuscola e soprattutto non esistevano ancora le piattaforme OTT, come Netflix e affini. C’erano sì le grandi serie americane trasmesse da Fox, ma si tratta in tutta evidenza di “un altro campo da gioco, di un altro campionato e di un altro sport”, per dirla con Tarantino. Oggi, dicevamo, tutto è cambiato, anche per via degli oltre due anni di restringimenti sociali post-pandemici, che ci hanno costretto tutti a rivedere le nostre abitudini di spettatori, stornando un significativo monte-ore dalle visioni da sala a vantaggio di quelle da salotto.

 

In questo contesto storicamente rivoluzionato, si innesta il ragionamento che si sta conducendo sulla serialità “made in Italy”, con una produzione di show davvero per tutti i gusti. Soltanto per restare in ambito nazionale nelle ultime settimane abbiamo potuto assistere, sui più diversi broadcaster, a serie le più diverse e tutte però potenzialmente dedicate al medesimo target: la Rai ha rilasciato Il nostro generale con Sergio Castellitto; Amazon Prime, The Bad Guy con Luigi Lo Cascio e Claudia Pandolfi; Netflix La vita bugiarda degli adulti con Valeria Golino e Alessandro Preziosi; e Sky Il delitti del BarLume con Filippo Timi, Stefano Fresi e Corrado Guzzanti, anch’essa prodotta come questa da Sky Italia e dalla Palomar di Carlo Degli Espositi. (Sono poi in arrivo, sui nostri canali, l’attesissimo remake di Django firmato Francesca Comencini e la seconda stagione di A casa tutti bene di Gabriele Muccino).

Soltanto in un panorama siffatto si riesce a comprendere fino in fondo il senso di un caso come Call My Agent – Italia, che è il remake pantografato della serie francese Dix pour cent, universalmente nota col titolo internazionale Call My Agent. Un trionfo di richiami metalinguistici intertestuali che attengono al mondo dello spettacolo cinematografico e suoi derivati, non troppo diverso da quanto fatto ieri e oggi dalla serie-cult Boris.

Call My Agent – Italia racconta le vicende tragicomiche di una agenzia la CMA (Claudio Maiorana Agency, ma è anche l’acronimo del titolo!) che gestisce attrici e attori notissimi, mostrando così il dietro le quinte dello show-business; tic e ossessioni dei volti più noti del nostro star-system, che si sono prestarsi al gioco con una dose massiccia di autoironia davvero ammirevole. Ricalcando pedissequamente il modello originale, fino a riprodurre quasi mimeticamente l’esempio degli agenti francesi, il lavoro degli adattatori (il regista Luca Ribuoli e la sceneggiatrice Lisa Nur Sultan) si è concentrato nella derisione complice di vizi e birignao dello stardom nostrano con spietato sense of humor. Meritano perciò un applauso i vari Paolo Sorrentino, Paola Cortellesi, Stefano Accorsi etc che hanno accettato la sfida senza fare sconti alle proprie manie e debolezze, ma scegliendo anzi di metterle in burletta con audace autoironia.

Degno controcampo di questo eclatante “parterre de rois” sono gli agenti, interpretati significativamente da attori ancora poco noti (molti attivi in teatro, altri nel doppiaggio, la maggior parte in entrambi), ma tutti adeguatissimi ai relativi personaggi. Anche costoro, tra figli illegittimi e stagisti da mobbizzare, sono raffigurati a barcamenarsi tra segreti e bugie, miserie (tante) e nobiltà (poche), alla stessa stregua dei “semidei” che servono e venerano.

Si intitola “Paola” il primo episodio ed è dedicato alla Cortellesi, che è ormai diventata la regina del nostro botteghino oltre che attrice stimatissima praticamente a 360° È nota per essere molto scrupolosa nel suo lavoro, e questa sua peculiarità diventa qui pignoleria maniacale; il suo mantra è eloquentemente: “Io le cose o le faccio bene o non le faccio.”  Ed è bravissima e molto coraggiosa la vera Cortellesi a sbertucciare la sua “dramatis persona”, alternando l’ordinaria trivialità del linguaggio corrente e la faccia truccata da spacciare a favore di camera. 

Deve interpretare Tuskia, una serie di 12 stagioni, girata in proto-etrusco, un’evidente parodia di Romulus, o del Trono di spade. Quasi a ribadire la giocosa autoreferenzialità di questo microcosmo spettacolare indagato con empatica spietatezza. Un viaggio semiserio nella storia del cinema italiano che risale fino alle locandine de La dolce vita o Io la conoscevo bene; fino ai tempi di Umberto D. di Vittorio De Sica, quando gli agenti si chiamavano ancora impresari.

Da segnalare le “amichevoli partecipazioni” di Alberto Angela, che accetta di passare per vanesio e logorroico, e di Paolo Genovese, grazie a cui si narra l’irriferibile (falsa) genesi del successo di Perfetti Sconosciuti. Il top del top è la comparsata della Fanelli che interpreta una attrice poco dotata, ancora rappresentata dal suo agente per solo per pietà, e che accetta di deridersi anche lei molto coraggiosamente.

Il secondo episodio è dedicato a Paolo Sorrentino, che viene introdotto grazie a dei tasselli perfidamente icastici, che compongono nel giro di tre sole inquadrature la sua “dramatis persona” ridotta a cliché: una suora scalzata malamente, una mano inanellata, e i proverbiali favoriti bianchi a incorniciare un vezzoso orecchino.

Arriva alla CMA nell’attimo esatto in cui il suo fondatore proclama urbi et orbi la decisione inappellabile di restarsene a Bali. E Sorrentino ancora non lo sa, ma nessuno, ipocritamente, ha il coraggio di farglielo sapere.

Nel frattempo, ed è il motivo per cui si trova qui, ha progettato di fare “la terza stagione del Papa” (ovvero il sequel di The New Pope), che descrive così, in puro distillato di “sorrentinese”: “Stavo pensando ad altro quando ho avuto un’intuizione, l’intuizione è scivolata dentro una visione, dalla visione è nata un’immagine potente e un’immagine potente è un’idea”. Il titolo sarà The Lady Pope interpretato da Ivana Spagna.

Col che ogni altra parola diventa pleonastica, salvo che nell’episodio trova spazio anche Pif, che fa un attore vulnerabile e viziato che partecipa a un film risorgimentale di Mario Martone. Buona visione!

Ah no, preparatevi: nel sottofinale c’è il più sconvolgente colpo di scena degli ultimi anni. O quasi. Provare per credere…