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The Last of Us, così inizia la fine del mondo. Recensione del primo episodio della serie

Serie TV sky atlantic

Gabriele Lippi

L'attesissima produzione HBO, adattamento seriale del videogame cult Naughty Dog, è finalmente arrivata in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW. Il primo episodio è andato in onda alle 3 del mattino, in contemporanea con gli Usa, e sarà replicato alle 21:15 su Sky Atlantic. Già disponibile anche on demand. L'inizio di un grande viaggio che non deluderà fan e neofiti

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Quando sei perso nel buio, cerca la luce. La lunga attesa è terminata. Il primo episodio in lingua originale sottotitolato di The Last of Us è andato in onda alle 3 del mattino del 16 gennaio, in contemporanea con gli Stati Uniti, in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, mostrando l’inizio dell’eccellente lavoro che Craig Mazin e Neil Druckmann sono stati capaci di fare nell’adattare il videogame cult di Naughty Dog in una serie tv (LO SPECIALE).

Un adattamento fedele nello spirito

La strada scelta dai due autori appare evidente da subito: mantenersi fedeli allo spirito dell’opera originale senza ricalcarla, inserendo elementi narrativi nuovi, modificando dettagli anche significanti per dimostrare che si può raccontare la stessa grande storia attraverso media diversi solo se di questi media si conoscono pienamente le potenzialità e le caratteristiche. Così, l’unione di uno sceneggiatore seriale di classe come Mazin (Chernobyl) e del direttore creativo del videogame Druckmann, genera un prodotto che già dal primo episodio si mostra pienamente convincente.

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UN DOPPIO PROLOGO

The Last of Us si apre con un episodio la cui durata particolarmente lunga è certamente necessaria per poter mettere in tavola tutte le carte e introdurre da subito lo spettatore nel vivo del racconto. Se il videogame ha un prologo, la serie ne ha addirittura due: uno è ambientato nel 1968, all’interno di un ipotetico talk show dell’epoca, in cui un esperto micologo immagina lo scoppio di una pandemia fungina in grado di prendere il controllo sull’intera popolazione umana. L’altro, ambientato 35 anni dopo, ci mostra il tramonto della civiltà per come la conosciamo, le ultime ore di normalità.

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SCORCI DI UNA NORMALITÀ IN VIA D'ESTINZIONE

E si prende il suo tempo, nel farlo, ci porta dentro le vite di Joel (Pedro Pascal) e Sarah (Nico Parker), in una loro giornata speciale, quella del compleanno di Joel. Seguiamo Sarah mentre fa colazione, la vediamo andare a scuola e portare a riparare l’orologio del padre. Assistiamo al momento in cui glielo regala aggiustato, per i suoi 36 anni, la sentiamo lamentarsi perché lui si è dimenticato di comprare la torta e le promette che la prenderà “domani” senza sapere che quel domani che avevano immaginato non arriverà mai.

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IL MONDO FINISCE MENTRE SIAMO DISTRATTI

C’è tutto il senso della famiglia nella prima mezz’ora di The Last of Us, mentre in silenzio il mondo viene stravolto. Il primo impatto con la pandemia che scoppia è un’immagine sfuocata in secondo piano, alle spalle di Sarah, con l’anziana vicina disabile alle prese con le prime convulsioni date dal fungo. E il primo a percepire che qualcosa sta cambiando non è un essere umano ma un cane, perché è così che finisce il mondo, lentamente, di nascosto, alle nostre spalle, mentre noi siamo impegnati a fare altro. Persino le prime notizie che arrivano dalla tv le sentiamo in sottofondo, a volume basso, mentre Sarah è ancora distratta.

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IL CLIMAX DELL'AZIONE

L’azione poi precipita in un vortice di eventi drammatici: una donna diventata mostro che solleva il volto e corre, il traffico congestionato della gente in fuga, le strade di una cittadina un tempo tranquilla avvolte in uno scenario apocalittico, gli aerei che, privi di controllo, precipitano uno dietro l’altro dentro e intorno al centro abitato. Tutto è funzionale a costruire un climax emotivo che ha il suo apice nella scena che, prima ancora della metà del primo episodio, spezza il cuore allo spettatore per la prima volta.

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VENT'ANNI DOPO: UN ALTRO MONDO

La seconda parte dell’episodio è ambientata venti anni più tardi. Il mondo è completamente cambiato, Boston è sotto legge marziale, una banda clandestina di ribelli che si fanno chiamare “Luci” combatte il governo militare sognando una rivoluzione impossibile. Pedro Pascal dà forma a un nuovo Joel che ha perso speranza e ideali ma ha trovato in Tess (Anna Torv) una nuova compagna di vita e nella ricerca del fratello Tommy (Gabriel Luna) lo scopo di una nuova missione. La chimica cambia completamente con l’arrivo di Ellie.

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UN'ADOLESCENZA IMPOSSIBILE EPPURE INSOPPRIMIBILE

Bella Ramsey è straordinaria, caratterizza il suo personaggio da subito in maniera forte e decisa. A differenza di quanto accade nel videogame, Ellie non conosce timidezza, è sfrontata dall’inizio, il che è un aspetto decisamente coerente con la breve esperienza di vita di un’adolescente cresciuta in una scuola militare dentro un mondo pieno di diffidenza verso il prossimo. C’è inesperienza nei suoi 14 anni ma non ingenuità. C’è, soprattutto, il senso di un’infanzia negata e di un’adolescenza impossibile eppure insopprimibile.

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I VERI MOSTRI NON SONO GLI INFETTI

Ci sono pochi “mostri” nel primo episodio. Si intravedono e basta, inseguono ma non raggiungono mai i protagonisti. Non c’è un confronto diretto con loro, non ancora. Ma non per questo mancano l’angoscia e il senso di pericolo. I veri mostri non sono gli infetti, sembrano volerci dire Mazin e Druckmann, che invece più volte li inquadrano per quello che sono: vittime. I veri mostri sono il fungo cordyceps, la pandemia che dilaga, l’incertezza iniziale di essere sani o malati, la consapevolezza crescente che non può esistere una via di fuga, perché il nemico è già ovunque. E siamo noi, gli esseri umani, vittime e allo stesso tempo artefici di una perdita di umanità che è tipica della lotta per la sopravvivenza. 

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