Yellowstone 2, la recensione del finale di stagione della serie tv con Kevin Costner
Leggi la recensione del decimo e ultimo episodio della seconda stagione di 'Yellowstone' (la serie è disponibile on demand e in streaming su NOW TV) - ** ATTENZIONE: SPOILER **
Yellowstone 2, cos'è successo nel decimo episodio
L’ultimo episodio di Yellowstone 2, il finale di stagione, si apre con un flashback, con un John ultra-cinquantenne che all’alba sveglia il padre malato e attaccato a dei macchinari, lo veste, lo fa salire a cavallo, e lo porta ad ammirare il panorama (cioè l’impero di famiglia) in un posto ben preciso: il posto in cui morirà. Da vero uomo, da uomo libero. “Non fartela portare via figliolo, neanche un centimetro!” chiede Dutton Senior al figlio. Promessa mantenuta, come ben sappiamo noi spettatori. Giusto il tempo per qualche ricordo e per un paio di sorsi di whisky, poi basta parlare – come, ci ha messo solo novan’tanni! lo prende in giro bonariamente John. E’ il tempo di dirsi addio, di lasciare quel mondo.
Nel presente, il personaggio di Kevin Costner si apre con il suo braccio destro, l’unico a cui può confidare le sue preoccupazioni: “Per tutta la mia vita non ho fatto che perdere ciò che amavo, ma non questa volta Rip.”
Casa Jenkins. Dan è rimasto solo, ha mandato via la moglie e la prole, e ora sorseggia del vino in salotto, ben consapevole che presto il destino verrà a bussare alla sua porta. E il destino infatti arriva, precisamente nella forma di due sicari assoldati dai Beck. Fatta fuori la guardia privata senza tanti complimenti, uno entra in casa. Jenkins, nascostosi in cucina, riesce a sparare e a ucciderlo, però è uscito ferito dallo scontro a fuoco. Fa giusto in tempo a trascinarsi in terrazzo, per ammirare un’ultima volta quel maledetto paradiso. Ma l’altro killer è arrivato, e non lascerà le cose a metà. “Avevo il diritto di stare qui. Tutto il diritto! Questa è l’America!” sono le sue ultime parole.
La notizia arriva ovviamente alle orecchie di John, che chiede a Donnie di tenere coperta la cosa e di dargli ventiquatt’ore di tempo. Chiamati a rapporto Jamie e Kayce e mandata via Beth – qualcuno deve rimanere per Tate, e quel qualcuno non può essere a conoscenza dei loro piani contro i Beck, perché solo se non sai non puoi essere incriminato – John non ha dubbi: quella sarà la loro fine, ma lo faranno comunque. Cosa? Uccidere Malcolm e Teal, è chiaro. Lo sceriffo si mostra collaborativo: a fare la guardia alla villa dei due fratelli ci sono degli agenti che conosce, uno è suo cugino, dunque chiederà loro di farsi da parte. Però è necessario fare le cose a modo, cioè tirare in ballo in qualche modo il bestiame e procedere con un mandato.
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Affare fatto, e John, in men che non si dica, in qualità di commissario del bestiame fa avere un mandato a Kayce. Prima di partire, Dutton Junior giura alla moglie che ritroverà Tate e che lo riporterà a casa. Lei, però, vuole di più: “Promettimi che li ucciderai.”
Per strada, Malcom viene fermato da Donnie, che gli chiede di vedere cosa c’è nel bagagliaio della sua auto. L’iracondo Beck manda a quel paese lo sceriffo senza troppi giri di parole: che si ricordi per chi lavora, e che non si permetta mai più di chiamarlo col suo nome proprio! John, intanto, avvisa Rainwater: è meglio che stia al sicuro, nei confini della riserva. Thomas, che non ha nessuna simpatia per Dutton, ma che è dispiaciuto per quanto successo a Tate, gli dice che gli manderà qualcuno, perché in questo è dalla sua.
Col favore degli agenti di guardia, avvisati da Donnie, Kayce fa irruzione a casa Beck…ma trova solo Teal, seduto sulla tazza a leggere il giornale. Gli spara senza pensarci, ma non lo uccide: vuole informazioni. L’altro, sanguinante e dolorante, alla fine canta: Tate si trova con la milizia libera del Montana, in un accampamento alla base delle Crazy Mountains. Il poveraccio è sconvolto: nessuno aveva mai reagito prima di loro. “Stavolta sì. Ho promesso di ucciderti.” sono le ultime parole che Dutton Junior ha per lui. Poi, prima di andarsene, simula uno scontro a fuoco: se qualcuno avrà qualcosa da ridire potrà sempre ribattere che si è trattato di legittima difesa.
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John chiede alla figlia di fare una modifica ai documenti relativi al fondo fiduciario, perché “So chi mi vuole bene ed è leale con me. L’ho sempre saputo.” Dopo aver mandato di nuovo a quel paese Jamie, che giustamente vorrebbe sapere cosa sta succedendo, Beth va da Rip, e lo porta nella vecchia casa di famiglia. Poi gli legge una lettera scritta da suo padre. In sostanza, John confessa che pensava di non avere abbastanza figli per mantenere vivo il sogno del suo bisnonno, per mantenere in vita quel posto, ma che poi un giorno ha capito: non è così. Il messaggio tra le righe è chiarissimo: Dutton considera Wheeler un figlio, ed è per questo motivo che lascerà tutto in mano a lui quando sarà il momento. Dentro quella vetusta casa in legno, Rip, commosso, scoppia a piangere. Beth sdrammatizza: i gusti sono gusti, ma alla fine è il pensiero che conta. Il personaggio di Cole Hauser, come un bambino che non riesce a contenere la propria felicità, chiede conferma a quello di Kelly Reilly: “Mi ha chiamato figlio?” “Sì tesoro…” è la risposta di Beth, che lo abbraccia con tenerezza.
Il momento di quiete passa però in fretta: c’è bisogno di mettere a punto un piano per andare a liberare Tate. Ciò che John sta per chiedere al suo nuovo erede è pesante come un macigno: dovrà fare da apripista e attirare il fuoco nemico su di sé, per distrarre gli uomini fedeli ai Beck. L’altro non ci pensa due volte: non riesce a pensare a un giorno migliore per quella richiesta.
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Come promesso, Rainwater ha mandato qualcuno, e quel qualcuno è il fidato Mo, che fai dei segni propiziatori sul cavallo di Rip: che la buona sorte sia dalla sua. Scatta l’attacco. Wheeler ne esce indenne, e gli uomini di Dutton hanno la meglio in poco tempo. Dentro una casa malconcia e pressoché vuota Kayce trova un militante seduto a terra, ma il tipo si spara in bocca per non rivelargli dove è stato nascosto Tate.
Nel frattempo, John ha trovato Malcolm, ed è riuscito a ferirlo gravemente. “Dimmi dov’è e ti porto in ospedale, ti do la mia parola.” gli dice Dutton, e alla fine il secondo e ultimo fratello Beck, forse per non morire con il rapimento di un bambino sulla coscienza, gli rivela dove si trova il nipote. Malcolm muore da solo in un campo, e per sua scelta: John, infatti, gli offre sia di chiamargli un elicottero, sia di fargli compagnia. Cos’è un uomo se non tiene fede alla parola data?
Dopo una seconda irruzione, Kayce finalmente ritrova suo figlio, rannicchiato in una vasca da bagno e coi capelli rasati a zero. Tate urla, piange, è terrorizzato, ma suo padre lo rassicura: va tutto bene, si torna a casa. E’ John a comunicare la lieta novella a Monica, che addirittura lo abbraccia. Fuori, vicino a un albero, c’è Rip, che osserva da lontano. Beth gli si avvicina: è sicura, questo posto lo perderanno, e lei non vede l’ora. Wheeler non è preoccupato: troverà un altro lavoro come mandriano. Lei invece cosa farà? Dormirà. Per un anno intero. Lui scoppia a ridere e si offre di farle compagnia, lei gli fa intendere che prenderà in considerazione l'offerta...ma quando si volta i suoi occhi sono velati di lacrime. Anche qualcun altro sta piangendo in maniera discreta: suo padre. Rimasto solo, nel portico, John scarica la tensione: un altro giorno è andato, ma loro sono ancora lì. La promessa fatta a suo padre è stata mantenuta, quantomeno per oggi. Domani si vedrà.
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Yellowstone 2, il commento al decimo episodio
E’ un finale di stagione dolceamaro quello di Yellowstone 2, pieno di malinconia e tenerezza, ma pieno anche di violenza e di incertezza per il futuro, e non solo quello del ranch. Il decimo e ultimo episodio del secondo capitolo della serie di Taylor Sheridan si apre con un flashback dedicato al personaggio di Costner, che peraltro in queste scene sfoggia un mustacchio (finto, ovviamente) da #verouomodelwest.
Tornando seri, questa apertura nel passato, con un John che, di fatto, porta il padre a morire, è semplicemente perfetta, e ci fa capire ancora di più chi è quest’uomo e, soprattutto, come e perché è diventato ciò che è nel presente. Dutton Senior dice al figlio che non sarà il lui di quel momento a mancargli, bensì quello di una volta. E a ben pensarci è così un po’ per tutti: quando perdiamo una persona non ci manca solo quella persona, ma anche il ricordo di ciò che quella persona è stata. E di ciò che noi, inevitabilmente, siamo stati.
Queste scene ci dicono tante cose in pochissimo tempo. Per esempio, che John ha già perso la madre e il fratello, dunque ora, con la dipartita del padre, rimarrà l’ultimo della sua famiglia d’origine. In un certo senso, l’ultimo della sua specie, nonostante i figli. Perché Lee, Jamie, Beth e Kayce appartengono non solo a un’altra generazione, ma anche a un’altra epoca. Bellissimo il racconto del biscotto rubato non poi così tanto di nascosto da un John ancora bambino, ancora innocente. Quel “Io lo sapevo.” di Dutton Senior è di una dolcezza devastante. In quelle tre parole c’è racchiuso tutto l’amore che quel padre ha provato per quel figlio e che non ha mai avuto il coraggio di dichiarare apertamente. E in fondo si potrebbero dire le stesse cose di John: anche lui non è bravissimo a esprimere a voce i suoi sentimenti, non con i suoi figli quantomeno.
Se la cava però nettamente meglio con la parola scritta, come dimostra la lettera fatta consegnare da Beth e Rip, una missiva “breve ma intensa,” e non solo per quanto riguarda quella inaspettata dichiarazione di amore paterno, ma anche per le implicazioni a livello pratico della scelta di lasciare tutto a questo figlio scoperto nel corso degli anni. Ma di questo se ne riparlerà nella prossima stagione, la terza.
Molto interessante l’evoluzione – ma forse sarebbe più corretto dire l’involuzione – di Monica, che il giorno prima riceve le lodi di Beth per la sua bontà, e che il giorno dopo non ci pensa due volte a ordinare a suo marito di uccidere i rapitori di Tate. In realtà si ricollega tutto al concetto di giustizia e retribution esplorato nel precedente episodio. Desiderare la morte dei Beck, colpevoli di un atto a dir poco ributtante, rende il personaggio di Kelsey Asbille Chow meno buono? Ai posteri l’ardua sentenza. Ciò che preme sottolineare qui è che è bastato un brevissimo periodo al ranch per “contaminare” anche Monica, ora finalmente pronta a diventare una Dutton a tutti gli effetti.
Veniamo poi all’impero di famiglia, fonte di orgoglio e, soprattutto, di rogne. Non è un caso che Beth in realtà speri che il clan Dutton alla fine perda il ranch, perché perdere il ranch significherà anche rompere l’incantesimo che li ha tenuti tutti incatenati per anni in quel luogo. Perdere il ranch significherà essere finalmente liberi e poter finalmente chiudere gli occhi e riposare senza dover dormire con il proverbiale occhio aperto. Quantomeno, questo è ciò che significa per lei.
Decisamente grottesca la fine di Teal Beck – una morte che peraltro è un chiaro rimando a un’altra dipartita seriale importante, quella di Tywin Lannister nella quarta stagione de Il Trono di Spade. Disonorevole quella di Malcolm, che, è vero, alla fine rivela a John dove si trova Tate, ma che comunque muore proprio per aver compiuto un gesto così squallido come quello di rapire un bambino per ferire il proprio nemico. Nel complesso, i Beck sono stati un po’ sottoutilizzati, ma d’altronde Yellowstone è la storia dei Dutton, dunque è naturale che al centro ci siano sempre loro.
Chiudiamo questo commento sul personaggio del sempre perfetto Kevin Costner, la colonna portante della serie. Se nella prima stagione l’abbiamo visto combattivo e risoluto, addirittura spietato, in questo secondo capitolo – con grande sorpresa e piacere, peraltro – abbiamo imparato a vederlo sotto un’altra luce. John è un uomo duro e indurito dalla vita, non c’è dubbio in merito, ma non è fatto di pietra, anzi.
E’ un uomo che ha trascorso la sua intera esistenza impegnato a tenere fede alla promessa fatta al padre morente, ma ormai sa bene che anche per lui è quasi arrivato il momento del passaggio del testimone. Si rende conto che ormai ha più passato dietro di sé che futuro davanti a sé, come dice a Malcolm Beck durante il loro ultimo scambio di battute, e si rende conto che ormai vive più di ricordi che di altro. Eppure, nonostante i buchi che ha in quel colabrodo di cuore che si ritrova – un vuoto per ogni persona che ha perso, e nel corso dei decenni la collezione purtroppo si è fatta piuttosto ricca –, non smette mai di lottare per ciò in cui crede: la famiglia. E di questo dobbiamo dargliene atto.