Il tastierista dei Subsonica è l'artefice delle musiche che accompagano 1993, in programmazione ogni martedì alle ore 21.15 su Sky Atlantic. Per capire come è nato questo questo progetto, abbiamo intervistato Boosta, che proprio lo scorso novembre ha pubblicato La Stanza Intelligente, il suo primo album da solista, che contiene anche il brano 1993, le cui parole sono di Stefano Sardo, cantante dei Mambassa e sceneggiatore della serie
di Fabrizio Basso
(@BassoFabrizio)
Boosta suona il 1993. Sono infatti del tastierista dei Subsonica le musiche che accompagnano la serie, in programmazione ogni martedì alle ore 21.15 su Sky Atlantic. Per capire meglio come sono nate queste musiche, come Davide Dileo (questo il vero nome) è stato coinvolto nel progetto 1993 lo abbiamo intervistato.
Boosta, partiamo dalle radici della colonna sonora.
Le musiche sono lo scheletro di un progetto ampio e molto organico, sarà una trilogia. Ma soprattutto è in crescita come lo è la serie.
Cosa la ha convinta a essere partecipe di questo progetto?
Abbiano spostato il baricentro. La colonna sonora non è un accompagnamento ma è una amplificazione delle immagini.
Cosa trasforma una soundtrack in una grande soundtrack?
Quando la musica arriva al momento giusto. Quando c'è sensibilità.
Cosa intende per sensibilità?
Dedicare alla musica le giuste risorse. Anche economiche. Spesso si investono centinaia di migliaia di dollari sulle immagini e gli ultimi duemila per le musiche.
Con 1993 non è andata così, giusto?
Giusto. Il lavoro musicale è partito dalla sceneggiatura, prima che arrivassero le immagini. Io dico sempre che la musica è la fotografia delle orecchie.
Come è entrato nel clima della serie?
La serie attraversa una fase cupa della storia d'Italia, c'è una vena melanconica. Avevo bisogno di supportare quel velo di tristezza.
Sono stati dodici mesi difficili.
Un anno di bombe, tra i più foschi della nostra storia. La classe politica cercava di risorgere dopo la tangentopoli del 1992, ma quelle bombe hanno reso difficile la rinascita.
1993 entra bene nei dettagli.
E' una memoria storica eccezionale. Bisogna sapere: se non sai da dove arrivi non sai dove andare e finisci per girare sempre in tondo. Io con la mia musica cerco di incuriosire e lanciare dei segnali di approfondimento.
Cosa ricorda del suo 1993?
Avevo 19 anni, sono sbocciato come giovane uomo. Cercavo di capire cosa volevo fare della mia vita. Mi affacciavo all'università ma sognavo di fare musica.
Un momento strategico.
Di più. Un bivio. Ho preso conscienza che la politica esiste, ho fatto l'orchestrale su una nave. Sognando di costruire una band.
Infatti tre anni dopo, nel 1996, sono arrivati i Subsonica.
Ma suonavamo insieme dal 1989. Torino in quel decennio era fantastica.
Ce la racconta?
Nei Novanta Torino pullulava di sala prove. Noi suonavamo il più possibile. Era una città europeista ante litteram, forse la più europeista. L'arte europea passava da qui prima di raggiungere Milano o Roma.
Oggi Torino è di nuovo ricca di fermenti.
Ammetto che gli anni Zero sono stati un po' tristi ma ci si muove su una sinusoide, si sale e si scende. Oggi Torino è tornata a essere una città giovane e universitaria ma c'è anche meno attenzione per musica e intrattentimento.
Perché?
L'accesso massivo a internet rende tutto veloce. Internet ha rivoluzionato la nostra esistenza ma il cervello è più lento, non tiene quel ritmo. Nei Novanta ci prendevamo più tempo per giudicare un disco e la mattina leggevamo il giornale. Quello di carta.
Che fa in questo periodo?
Ho da poco finito di raccontare il mio disco da solista La Stanza Intelligente e ho terminato una esperienza televisiva.
E' giunto il momento di riposare?
Lo ho pensato anche io rientrando a Torino, ma poi mi sono ritrovato in studio. E' un privilegio meraviglioso fare musica.
Che musica ci regalerà?
Sto scrivendo per me e per i Subsonica e poi produrrò una giovane cantante che si Shady Fatin Cherkaoui, una italo-marocchina che quando canta ti fermi ad ascoltarla, quasi ipnotizzato.
Come una volte, senza bruciare le emozioni.
Esatto. Ritrovando la curiosità smarrita.