Michael Moore, nella fase finale della campagna elettorale americana, è uscito col docu-film Michael Moore in TrumpLand - Nella terra di Trump, un viaggio in un luogo dell'Ohio dove l'ormai Presidente eletto ha preso quattro volte i voti di Hilary Clinton. Lo vedremo su Sky Atlantic domenica 26 febbraio alle ore 23.15 per il consueto appuntamento con Il Racconto del Reale: continua a leggere e scopri di più
Quale è l'America vera? E' una domanda destinata a restare senza risposta o forse, più logicamente, ad averne molte. Uno dei registi più controversi, più caustici, più indigesti al potere e al sistema, Michael Moore, nella fase finale della campagna elettorale americana è uscito, sorprendendo molti, col film Michael Moore in TrumpLand - Nella terra di Trump che vedremo su Sky Atlantic domenica 26 febbraio alle ore 23.15 per il consueto appuntamento con Il Racconto del Reale. E per uno strano gioco di destini e di incroci mediatici, nella stessa sera Sky Cinema segue la lunga Notte degli Oscar che nel 2003 ha visto Moore ritirare la statuetta per Bowling for Columbine.
Michael Moore, famoso per il suo attivismo politico di sinistra, valuta gli scenari in caso di accesso alla Casa Bianca di Donald Trump o Hilary Clinton. La sua forza è la schiettezza, l'immediatezza, in quanto il doc è stato girato per due serate consecutive in un teatro di Wilmington, Ohio, dove Trump ha avuto quattro volte i voti di Clinton alle primarie: "Per noi quella è TrumpLand, la Terra di Trump. Non ho voluto realizzare il film in un luogo protetto ma in un luogo dove ci serviva protezione".
Su un palco collocato in uno degli Stati più conservatori d’America, Moore ha cercato di aprire la mente al pubblico, suo nemico, ma ha raccolto indifferenza. Eppure, lui, as usual, ci è andato giù duro: "Nessuna donna ha inventato la bomba a idrogeno o l’atomica. Nessuna donna è mai entrata in una scuola per fare una mattanza. Di qualsiasi cosa si abbia paura, non indossa un abito o un tailleur. I maschi bianchi che nel XXI secolo abbiano più di 35 anni sono obsoleti. Perciò tanti ragazzi vanno ai comizi del tycoon repubblicano". E in un finale esaltante paragona Hilary Clinton a Papa Francesco: "Potrebbe essere il nostro Papa e promuovere quei cambiamenti destinati a tirare fuori il meglio da questo paese". Ora la parola passa alla storia.