Vinyl, New York e l'universalità dei 17 anni nelle parole di Hallberg

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Gli anni Settanta a New York li raccontano Vinyl, la serie in programmazione su Sky Atlantic in onda ogni lunedì alle 3.00 in versione originale sottotitolata (poi in replica in seconda serata) e alle 21.10 in versione doppiata, e Garth Risk Hallberg, autore del monumentale affresco letterario Città in Fiamme. Lo abbiamo incontrato

di Fabrizio Basso

Il vicino di casa ha, può avere, il volto pulito di Garth Risk Hallberg. Perché mentre leggi il suo Città in Fiamme, edito argutamente da Mondadori, ti aspetti un post punk con i segni di una vita vissuta e difficile. E invece anche in questo stupisce Hallberg, figlio della Louisiana, cresciuto nel North Carolina, cantore di storie maledette e strambe in una New York anni Settanta. La stessa, seppur con sfumature diverse che Mick Jagger e Martin Scorsese dipingono in Vinyl, la serie in programmazione su Sky Atlantic in onda ogni lunedì alle 3.00 in versione originale sottotitolata (poi in replica in seconda serata) e alle 21.10 in versione doppiata. A Milano per raccontare la sua Città in Fiamme, lo abbiamo incontrato.

Intanto perché un romanzo così? Sono 996 pagine e ognuna potrebbe essere la costola per una romanzo autonomo.
Sono varie le ragioni. Molti ci hanno provato, non tutti ci sono riusciti: il mio libro è infernalmente spesso eppure mi resta il sospetto di non avere beccato tutto quello che volevo.
In un'opera così monumentale?
Nello sforzo che si fa in un libro così corposo emergono echi interiori, orditi e preoccupazioni che talvolta non hai percepito negli anni in cui ci hai lavorato. Le confesso che per me era un libro impubblicabile.
Addirittura? In base a quale linea stilistica e di pensiero?
L'ordito che veniva in superficie era quello del fuoco, dei fuochi artificiali, che poi ho abbinato a uno dei protagonisti, originario del meridione d'Italia.
Il fuoco è nel titolo. Ma l'originale City on Fire ha una sfumatura diversa: è un fuoco che attira e divora.
Il fuoco intacca i quartieri poveri di New York negli anni '70. E' il fuoco politico, religioso, sociale ma anche quello di sesso, droga e rock'n'roll. Ci sono tante cose cotte a fuoco lento in questi libro.
Ci parli della sua New York, del suo libro-visione e visionario.
Mi innamoro sempre delle città ma soprattutto di New York che per gli americani è la città delle città. Lo sono da quando ero un ragazzino di campagna e abitavo a "solo" dieci ore di auto ma ero lontano spiritualmente anni luce.
La sua grande seduzione.
Ho fatto vari tentativi per andarci a vivere, poi a 17 anni ci sono andato per una ragazza: dovevo starci un giorno, poi una settimana e infine quasi una residenza stabile. Ma in due anni non ci sono comunque riuscito. A 22 anni ce l’ho fatta fresco di università.
Cosa è cambiato?
Stare lì mi ha dato la possibilità di provare il senso di appartenenza a un luogo. L’ossessione di trasferirmi mi ha portato su un autobus a New York. Io abitavo nel New Jersey ed ero sul bus, lo stesso che usavo da adolescente per piccole gite a NY, e dal finestrino guardavo questa skyline cui mancavano due cose importanti (le Torri Gemelle, ndr), per caso ho sentito una canzone sui disastri lì negli anni Settanta e mi è apparso chiaro quello che avrei fatto.
Sembra che abbia l'ossessione per i 17 anni. E' una età strategica anche per alcuni protagonisti del suo libro.
Io ho fatto quel viaggio a 17 anni, mi piace credere che è una età che spariglia l'esistenza a molti protagonisti: William fugge di casa, Samantha scappa di casa per unirsi a una comune...è un libro sul filo dell’adolescenza. Sono un po’ superstizioso e credo che abbiamo passato il resto della vita a dimenticare quello che abbiamo imparato a 17 anni. E’ una età in cui tutto esplode, una fiamma sacra che poi non si spegnerà mai più.
Cosa resta del punk? In questo 2016 sono i quarant'anni di quella rivoluzione.
La musica punk mi ha fatto considerare un kamikaze, accarezzare l’idea di poterlo essere. Serve un po’ di pazzia. Spesso certe decisioni paiono consce ma non lo sono, quando scriviamo lasciamo che siano le ossessioni a guidarci a briglia sciolta, c’è poco controllo. Sai ciò che scrivi e che hai ma a un certo punto non capisci più cosa stai scrivendo.
Che storia gli anni Settanta, vero?
Chi è nato negli anni Settanta amerà sempre quella città. L’innamoramento dei 17 anni ti fa sentire il più potente del mondo ma alla fine ha le dimensioni di un maggiolino. Un grande amore è più lungo di un innamoramento, fai molte cose che non sono sexy come condividere la noia, tenere i capelli indietro alla tua compagna mentre vomita. Certo non sempre è così altrimenti ti separeresti ma ti domandi quanto la conosci. Esercitare o essere vittima di potenza emotiva vale anche per la città.
Cosa è l'esistenza?
La vita è caotica, è un fritto misto, non esiste il vissero felici e contenti. Trovi la verità e muori, non è un grande affresco della vita, lo so.
E nel suo libro?
C'è l'innocenza dei personaggi che al risveglio hanno nuova visione del mondo. Ma ricordatevi che non viene eletto un presidente, non finisce una guerra…non è un libro risolutivo.

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