Come e perché un analista può violare i confini? Ce lo racconta Maria Teresa Palladino della S.P.I. (Società Psicoanalitica Italiana). Protagonista la bella Sara e il dottor Mari
di Maria Teresa Palladino
Non so se gli sceneggiatori abbiano letto la letteratura che in ambito psicoanalitico è stata raccolta sulle situazioni che predispongono a infrazioni di setting, soprattutto nel senso di relazioni sessuali nei confronti di pazienti. Se non lo hanno fatto, l’intuito pare averli aiutati parecchio perché il Dott. Mari incarna in effetti perfettamente lo stereotipo dell’analista che incorre nelle rotture di setting. Appare per tutto lo sceneggiato un po’ sospeso nel vuoto. Non ha colleghi con cui parlare, non un gruppo di riferimento con cui incontrarsi, neanche una piccola mailing list ….
Queste sono alcune delle caratteristiche di isolamento dalla propria comunità scientifica di appartenenza che vengono riconosciute come fattori predisponenti alle infrazioni. Il suo unico contatto professionale appare quello con Anna, che ricopre un ruolo ibrido un po’ terapeuta un po’ supervisora o meglio giudice perché nessun supervisore, come sappiamo, lavora così. Nello sceneggiato questi incontri con Anna sembrano avere più la funzione di svelarci il Mari privato con i suoi conflitti professionali e personali che quello di rappresentare un vero lavoro di supervisione di cui il nostro Giovanni avrebbe un gran bisogno.
L’altro elemento fortemente predisponente le rotture di setting sono le situazioni di crisi personale, divorzi, perdita di persone care, in analisti con problemi di narcisismo. E da quel che sappiamo della storia di Mari appare chiaro che qualche problema di questo genere sia rimasto aperto e soprattutto si sia riaperto in un momento così difficile della sua vita coniugale.
Sara ne sta facendo le spese come lei stessa dice: “non doveva andare così”.
Bravissimi gli autori e soprattutto Kasia Smuniak a rendere lo smarrimento, il disorientamento, lo spavento della paziente, che non è certo il caso di definire ex, alle rivelazioni del Dott. Mari. Un evento come quello rappresentato può essere distruttivo o almeno fortemente disorientante per una persona in terapia e mi sembra che la puntata lo racconti molto bene. Sara doveva essere libera di fare il suo gioco ma avrebbe dovuto trovare un compagno di giochi meno disponibile a lasciarle dettare le regole. Vediamo come se la caveranno a questo punto.
Non so se gli sceneggiatori abbiano letto la letteratura che in ambito psicoanalitico è stata raccolta sulle situazioni che predispongono a infrazioni di setting, soprattutto nel senso di relazioni sessuali nei confronti di pazienti. Se non lo hanno fatto, l’intuito pare averli aiutati parecchio perché il Dott. Mari incarna in effetti perfettamente lo stereotipo dell’analista che incorre nelle rotture di setting. Appare per tutto lo sceneggiato un po’ sospeso nel vuoto. Non ha colleghi con cui parlare, non un gruppo di riferimento con cui incontrarsi, neanche una piccola mailing list ….
Queste sono alcune delle caratteristiche di isolamento dalla propria comunità scientifica di appartenenza che vengono riconosciute come fattori predisponenti alle infrazioni. Il suo unico contatto professionale appare quello con Anna, che ricopre un ruolo ibrido un po’ terapeuta un po’ supervisora o meglio giudice perché nessun supervisore, come sappiamo, lavora così. Nello sceneggiato questi incontri con Anna sembrano avere più la funzione di svelarci il Mari privato con i suoi conflitti professionali e personali che quello di rappresentare un vero lavoro di supervisione di cui il nostro Giovanni avrebbe un gran bisogno.
L’altro elemento fortemente predisponente le rotture di setting sono le situazioni di crisi personale, divorzi, perdita di persone care, in analisti con problemi di narcisismo. E da quel che sappiamo della storia di Mari appare chiaro che qualche problema di questo genere sia rimasto aperto e soprattutto si sia riaperto in un momento così difficile della sua vita coniugale.
Sara ne sta facendo le spese come lei stessa dice: “non doveva andare così”.
Bravissimi gli autori e soprattutto Kasia Smuniak a rendere lo smarrimento, il disorientamento, lo spavento della paziente, che non è certo il caso di definire ex, alle rivelazioni del Dott. Mari. Un evento come quello rappresentato può essere distruttivo o almeno fortemente disorientante per una persona in terapia e mi sembra che la puntata lo racconti molto bene. Sara doveva essere libera di fare il suo gioco ma avrebbe dovuto trovare un compagno di giochi meno disponibile a lasciarle dettare le regole. Vediamo come se la caveranno a questo punto.