Il Rhythm of the Night degli Anni '90 torna nel libro Divinae Follie

Bastano tre titoli per raccontare cosa accadeva nelle notti danzanti degli anni Novanta, l'ultimo decennio dove i sogni erano ancora speranzosi di avverarsi, l'ultimo decennio che ha sedotto una intera generazione non solo con la musica ma anche con gli sguardi, gli abbracci, l'allegria, il sudore delle notti in discoteca. E per tutti citiamo Rhythm of the Night di Corona, Alexia con Summer is Crazy e gli Aqua con Barbie Girl. La Riviera romagnola è capitale, il Pascià e il Cocoricò dettano le tendenze e il deejay sta traslocando da uomo alla consolle a star della consolle. Quegli anni di transizione, con l'era digitale che stava iniziando a colonizzare l'umanità, vengono raccontati, con un taglio particolare e da una prospettiva inedita dal giornalista Lucio Palazzo nel suo libro, edito da Castelvecchi, "Divinae Follie – Storia della generazione che ballava negli anni ’90". Leggerlo è un’occasione per rivivere gli anni d’oro delle grandi serate in pista, il battito frenetico di un’epoca, l’epica di una famiglia e di una generazione che, tra successi e cadute, fanno della notte il loro regno. Sullo sfondo i concerti di emergenti come Ligabue, Fiorello, Jovanotti, gli ultimi giovani senza telefonini, senza internet e senza social network. Per raccontare cosa accedeva in quelle notti italiane, basta citare un esempio. Una delle canzoni simbolo dell'epoca portava la firma di Billy More e si intitolava "Up and Down": ritmo importato da New York? Da Seattle? Da Nashville? Billy More per l'anagrafe era Massimo Brancaccio: la voce non era sua, ma l’originalità e l’audacia del testo esplicito portarono "Up and Down" in classifica non solo in Italia ma anche in diversi Paesi europei, contribuendo a definire il suono eurodance di quel periodo. Torniamo al libro di Lucio Palazzo. I giovani degli anni Novanta sono stati gli ultimi a vivere e crescere ancora con l’abitudine di costruire relazioni nella vita reale e non virtuale. I luoghi fisici avevano un ruolo fondamentale. Fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta il rito del condividere musica e ballare svolta perché in Italia arrivano le prime grandi discoteche e il deejay si ritrova fisicamente al centro della scena. Nascono locali come il Cocoricò, il Pascià ma tutta la riviera romagnola fa, in questo ambito, la rivoluzione, allestendo serate complesse, con l’uso di costumi e con una impostazione teatrale. Col deejay rockstar la notte diventa una messa laica che purifica chi le si affida per liberarsi dalle scorie della vita reale. Lucio Palazzo ci racconta una storia del Sud. Ci racconta l'epopea del Divinae Follie, della famiglia Mastrogiacomo, che non nasce in Romagna ma a Bisceglie, in una Puglia non abituata a quello spettacolo, in un territorio che non è quello odierno. "Divinae Follie – Storia della generazione che ballava negli anni Novanta" è il primo romanzo ambientato in una di quelle discoteche e che parla di quella generazione, dei ragazzi che videro arrivare la prima house music di Frankie Knuckles da Chicago, e che assistettero all’ esplosione di nomi come Fiorello e Jovanotti. Ma facciamo un passettino indietro. Nel 1987, Vito Mastrogiacomo, imprenditore pugliese che organizza matrimoni, vola a Londra da sua figlia, scopre l’Hippodrome, storica discoteca vicino Leicester Square e decide di tornare in Italia per aprire a Bisceglie insieme a Titti e all’altro figlio Leo un club gemello di quello inglese; pochi mesi dopo l’apertura, una bomba costringe i proprietari a ricostruire il locale. Chi la spunterà? Il successo resisterà ai conflitti familiari, alle ambizioni, ai tradimenti? Perché creare un tempio della notte nel Sud che cambia pelle significa sfidare tutto: la morale, le istituzioni e la malavita che si muove nel buio. Ma il Divinae Follie è più forte di tutto e tutti e diventa leggenda.

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Il Rhythm of the Night degli Anni '90 torna nel libro Divinae Follie

Fabrizio Basso