Con Bathsheba & Him, i Bastille chiudono un ciclo e ne aprono un altro: un singolo potente e cinematografico che intreccia mito e vulnerabilità, aprendo il capitolo finale di Ampersand. Ma è anche l’occasione per ripercorrere dieci anni di musica, concept album e narrazioni che hanno trasformato la band in una delle voci più originali del pop contemporaneo
C’è una tensione che pulsa sotto ogni nota, una ferita antica che torna a bruciare con voce nuova. Con l'ingresso del mese di agosto i Bastille pubblicano “Bathsheba & Him”, il singolo che apre l’ultimo capitolo del progetto “&” (Ampersand). È una canzone che non grida, ma colpisce in profondità: racconta la storia di Bathsheba, la donna del mito biblico, attraverso uno sguardo moderno e partecipe, restituendole finalmente parola e presenza. Con arrangiamenti eleganti e malinconici, e una scrittura che unisce delicatezza e dolore, la band londinese costruisce un dialogo tra chi ha subito e chi ha scelto per sé e per l’altro. Il titolo stesso – Bathsheba & Him – suggerisce un confronto tra voci e prospettive, tra intimità e distanza. La voce di Dan Smith, fragile e intensa, guida l’ascolto tra emozioni trattenute e rabbia sommessa, mentre archi e synth accarezzano un racconto che parla di potere, sguardi imposti, memoria.
Un nuovo tassello del progetto Bastille
È un nuovo tassello di un progetto che ha fatto della narrazione la sua cifra profonda. E se ogni canzone dell’era Ampersand è una storia a sé, questa è forse la più umana di tutte. All’interno dell’universo creativo dei Bastille, “Bathsheba & Him” assume anche il ruolo di ponte narrativo. Fa parte di “&” (Ampersand) – Part Four, il quarto e conclusivo atto di un progetto ambizioso concepito come un’antologia musicale di storie ispirate a personaggi storici, mitologici e culturali. Questo brano, incluso in Ampersand – Part Four in uscita a metà agosto, anticipa la conclusione di un viaggio artistico iniziato l’anno precedente. Si percepisce da subito la continuità con gli altri racconti dell’era Ampersand: un’introduzione evocativa, quasi filmica, ci accoglie come se sfogliassimo le pagine di un libro di storie antiche. È l’ennesima dimostrazione di come i Bastille siano riusciti a evolvere la loro musica spingendosi oltre la formula del pop tradizionale, per creare invece un’esperienza immersiva dove ogni canzone è un capitolo di una storia più ampia.
Dal progetto “Intro” a “Give Me the Future”: coerenza e narrazione
Con “Bathsheba & Him” entriamo nel cuore del progetto “Intro”, il nome con cui i fan si riferiscono al ciclo Ampersand, inaugurato dal brano “Intros & Narrators”. Ma cosa distingue e allo stesso tempo collega Ampersand al precedente lavoro in studio Give Me The Future + Dreams of the Past del 2022?
Give Me The Future era un viaggio proiettato in avanti: un album concettuale che esplorava l’era digitale, la tecnologia e l’evasione futuristica. Dan Smith e compagni vi dipingevano un mondo iperconnesso, traendo ispirazione da romanzi di fantascienza e cultura pop anni ’80, il tutto sorretto da melodie synth-pop scintillanti. Anche sul piano narrativo, Give Me The Future non mancava di originalità, includendo interludi parlati e chiudendosi idealmente con la sezione Dreams of the Past, più riflessiva e retrospettiva.
Il progetto “&” (Ampersand) sposta lo sguardo dal futuro al passato, ma con uno spirito altrettanto visionario. Invece di mondi virtuali e futuri distopici, Ampersand ci trascina in racconti di figure storiche, mitologiche e letterarie. Ogni brano è una novella in musica: “Eve & Paradise Lost”, “Leonard & Marianne”, “Blue Sky & The Painter”, sono solo alcuni titoli che rievocano storie d’altri tempi con un linguaggio sonoro contemporaneo.
Il collegamento con Give Me The Future sta nell’approccio creativo: in entrambi i casi, Bastille costruisce un universo narrativo coeso, con una cura meticolosa per la narrativa e l’immersione dell’ascoltatore. Sul piano sonoro, Ampersand rappresenta un’evoluzione: se il disco precedente spingeva sul pop elettronico, qui troviamo arrangiamenti più orchestrali e intimi, ma sempre riconoscibili nel marchio Bastille.
“Narrators”: il valore della voce narrante
Uno degli elementi distintivi dei Bastille è l’uso delle “voci narranti”, sia attraverso ospiti vocali, sia tramite parti recitate. Già in Give Me The Future questo concetto era stato sperimentato con successo, grazie alla collaborazione con Riz Ahmed in “Promises”, un’intensa traccia spoken word. Con Ampersand, questo elemento si espande: ogni brano sembra una piccola pièce teatrale, e i narratori – reali o simbolici – accompagnano l’ascoltatore nel cuore della vicenda.
In Intros & Narrators, la funzione narrativa viene dichiarata fin dal titolo. L’intero progetto può essere immaginato come un audiolibro, dove le canzoni diventano capitoli. La band ha anche lanciato un podcast parallelo, MUSES, per raccontare le vere storie dietro i personaggi evocati nei brani, in collaborazione con storici ed esperti. La voce – che sia cantata, recitata o documentata – diventa quindi lo strumento principale di immersione.
L’evoluzione musicale dei Bastille: dalla città sepolta al futuro immaginato
Ripercorrere il cammino musicale dei Bastille significa osservare una delle trasformazioni più coerenti e affascinanti del pop britannico degli ultimi dieci anni. Fin dagli esordi, la band ha mostrato una vocazione narrativa e cinematografica fuori dal comune, cambiando pelle a ogni disco ma senza mai perdere il proprio centro.
Tutto comincia nel 2013 con Bad Blood, l’album che li ha catapultati sulla scena internazionale. Con brani come Pompeii, Flaws e Things We Lost in the Fire, Bastille definisce un suono che diventerà inconfondibile: ritornelli corali, atmosfere epiche, synth maestosi e un’emotività intensa che arriva diretta. Pompeii in particolare – con il suo “eh-eh-oh” entrato nell’immaginario collettivo – diventa un inno generazionale e una dichiarazione di poetica: anche quando tutto crolla, resta la voglia di raccontare.
Tre anni dopo, con Wild World, la band fa un passo avanti. Il mondo nel frattempo è cambiato – la Brexit, Trump, l’instabilità globale – e Bastille lo riflette nei testi, più politici e disillusi, pur mantenendo la spinta melodica. È un disco che parla di caos e ricerca di senso, un pop-rock ambizioso e stratificato che non ha paura di sporcarsi le mani con l’attualità. Brani come The Currents e Send Them Off! sono manifesti di una generazione in allerta, ma sempre in cerca di connessione.
Nel 2019 arriva Doom Days, forse l’album più concettuale della loro discografia. Un’intera narrazione racchiusa in una sola notte: tra le 00:15 e l’alba, i protagonisti cercano rifugio da un mondo che fa paura, tra euforia, alcool, intimità e pensieri storti. È un viaggio emotivo in cui ogni traccia rappresenta un’ora della notte, un momento psicologico, un bisogno. E se tutto sembra franare, alla fine arriva Joy, la telefonata inaspettata che riporta luce. È la dimostrazione che i Bastille sanno unire forma e sostanza, senza mai rinunciare a una visione.
Con Give Me the Future, pubblicato nel 2022, il gruppo abbraccia invece la tecnologia, l’era digitale, la fuga nei mondi virtuali. È un disco pieno di immaginazione, ispirato alla fantascienza ma ancorato al presente. Parla di avatar, realtà alternative, disconnessione emotiva. Ma anche qui, sotto la superficie hi-tech, c’è sempre un cuore umano che pulsa. Brani come Plug In…, No Bad Days o Stay Awake? sono riflessioni travestite da hit. La produzione si fa più sintetica, i ritmi più elettronici, ma l’identità resta fortissima.
Ed eccoci all’oggi, con Ampersand. È come se, dopo aver guardato avanti, i Bastille avessero deciso di voltarsi indietro. Non per nostalgia, ma per rileggere il passato con occhi nuovi. Il progetto, suddiviso in quattro parti, è una raccolta di storie: figure storiche, mitologiche, letterarie, trasformate in canzoni che suonano intime, orchestrali, dense di significato. C’è meno immediatezza pop, forse, ma più profondità. Più spazio per il racconto, per la voce, per le emozioni che hanno bisogno di tempo per sedimentare.
In tutto questo, la band è rimasta fedele a se stessa. Pop, certo, ma con lo spirito di un collettivo artistico. Capace di muoversi tra generi, epoche, riferimenti visivi e culturali, sempre con un’idea precisa: fare della musica un’esperienza narrativa, sensoriale, condivisa. Ed è proprio questo che li rende unici.
Messaggi e tematiche sociali
I Bastille hanno sempre usato la musica per dire qualcosa. Dai riferimenti alla crisi ambientale, ai populismi politici, al mondo iperconnesso, le loro canzoni parlano del presente in modo diretto o simbolico. The Currents, Doom Days, Plug In…, No Bad Days sono solo alcuni dei brani in cui la critica sociale si mescola con il racconto personale.
Con Ampersand, la band affronta i grandi temi – potere, identità, oppressione, libertà – attraverso figure simboliche. In Bathsheba & Him, ad esempio, si parla di desiderio e abuso di potere; in Marie & Polonium (dedicato a Marie Curie) si riflette sul sacrificio delle donne nella scienza. Ogni brano è una lente sulla società, dal punto di vista del singolo.
Collaborazioni e impatto visivo
I Bastille hanno collaborato con nomi di rilievo come Marshmello (Happier), Craig David (I Know You), Graham Coxon dei Blur, e Hans Zimmer (Pompeii MMXXIII). Quest’ultima, versione orchestrale del loro successo, è stata inclusa nella colonna sonora della BBC Planet Earth III.
A ciò si aggiunge una visione estetica sempre curata: dai video cinematografici (Of The Night, Joy, No Bad Days) alle campagne visuali elaborate (Future Inc., Ampersand), fino ai tour immersivi. Ogni progetto ha una forte componente visiva, coerente con la narrativa musicale.
Numeri, pubblico e live
Con oltre 13 milioni di dischi venduti nel mondo, tre album al n.1 in UK e singoli che hanno superato il miliardo di stream (Pompeii, Happier), Bastille è una delle band britanniche più di successo dell’ultima decade. Il loro impatto si misura anche nei festival, dai palchi di Glastonbury ai tour orchestrali sold-out, fino a progetti speciali come ReOrchestrated o i tour teatrali di Ampersand.
Ma ciò che più li distingue è il rapporto col pubblico: sincero, diretto, costruito negli anni attraverso social media, eventi dal vivo, progetti condivisi. Bastille non sono solo una band: sono una comunità narrativa in continuo divenire.
Con “Bathsheba & Him” e il progetto Ampersand, Bastille conferma la sua natura mutante e coerente: capaci di unire narrazione, sonorità pop, impegno e sperimentazione. Dai primi battiti di Pompeii alle ultime note orchestrali, la loro musica è un invito a sentirsi parte di una storia più grande. E la sensazione, dopo dieci anni, è che il meglio debba ancora arrivare.