La musica italiana è sempre più maschile

Nel 2024, nella classifica della Federazione Industria Musicale Italiana degli album più venduti in Italia, la percentuale di dischi delle cantanti si ferma il 12%. I dati sulle professioniste che lavorano in altri ambiti del settore musicale non sono migliori: secondo la ricerca Women in Creative Industries, nel 2020 le compositrici in Italia erano il 12,5% del totale, mentre le produttrici il 2,6%. “Nella musica, le donne non emergono in nessun ambito, che sia negli studi di registrazione o all’interno delle case discografiche”, ha commentato Francesca Barone, Music Supervisor indipendente con più di 17 anni di esperienza nel settore e co-fondatrice di Equaly, la prima realtà italiana dedicata alla parità di genere nell’industria musicale. Insieme a lei, esploriamo le cause del gender gap nel settore della musica, sul palco e dietro le quinte. Le artiste italiane vendono sempre meno album: perché? Nel 2012, le cantanti pubblicavano oltre un quarto degli album più venduti in Italia . Negli ultimi quindici anni, la percentuale è scesa fino a toccare il 10% nel 2022, per arrivare al 12% l’anno scorso. Per Barone, questo calo si deve a una serie di fattori. “Da un lato, abbiamo l’avvento di Spotify, che ha cambiato radicalmente le modalità di fruizione della musica, che è passata da un modello attivo a un passivo”, ha spiegato l’esperta, riferendosi al meccanismo di suggerimenti personalizzati forniti dall’algoritmo della piattaforma. Un algoritmo che è alimentato da bias umani e che tende a riprodurli, come conferma uno studio realizzato in collaborazione tra l’Università Pompeu Fabra di Barcellona e quella di Utrecht. Il gruppo di ricerca ha preso in esame uno degli algoritmi di raccomandazione musicale più utilizzati, dimostrando che il suo meccanismo tende riprodurre le distorsioni del dataset sul quale si è allenato . Il risultato? In media la prima raccomandazione di un'artista si trova al sesto o settimo posto, mentre quella di un artista uomo tende ad apparire in cima alla classifica. Non solo: man mano che gli utenti ascoltano le canzoni consigliate dall’algoritmo, questo rinforza e riproduce il suo bias in un meccanismo chiamato “feedback loop”, attraverso il quale le artiste hanno sempre meno visibilità. “Dall’altro, abbiamo l’impatto della musica trap, che non è da sottovalutare. Nell’ultimo decennio questo genere è esploso in Italia ed è diventato popolare, mainstream. I suoi testi sono escludenti per tutti i generi e in maniera molto esplicita”, ha aggiunto Barone. Un’esplosione che va di pari passo con un più esteso backlash culturale e politico nei confronti delle tante rivendicazioni femministe dell’ultimo decennio. Sullo sfondo, il fattore più significativo di tutti: il patriarcato, che non fa sconti alle cantanti. “Il peccato di fondo è sempre lo stesso, l’aveva già individuato Simone de Beavoir nel 1949 nel Secondo sesso: la voce dell’uomo è universale, quella della donne parla solo alle donne. Vasco Rossi può cantare Albachiara, una canzone che parla di masturbazione femminile, e trasformarla in una hit che parla a un pubblico misto. La stessa canzone, cantata da un’artista, diventa un canzone da donne, per donne”, ha commentato Barone. In un contesto in cui emergere, per le cantanti, è sempre più difficile, ci sono alcune occasioni che fanno la differenza tra avere successo e dover lasciare la professione. La principale, in Italia, è il Festival di Sanremo. “Sanremo è la vetrina che ti permette di arrivare al grandissimo pubblico. Le artiste che passano per il Festival e riescono a sfruttare l’esposizione faticano poi meno a trovare occasioni dove poter esibirsi”, ha spiegato Barone. Anche in questo caso, però, le cantanti rappresentano una minoranza: dal 2012 a oggi, in soltanto un’edizione del Festival le interpreti hanno superato il 50% dei concorrenti. Le producer e le cantautrici restano poche, in ITalia e all'estero “Sappiamo che, in generale, nel mondo della musica, le front-girl sono quelle con più rappresentazione in termine di numeri. Seguono le autrici e compositrici, chiudono le produttrici”, ha scritto Barone in uno dei suoi approfondimenti per Equaly. Un’osservazione che non riguarda solo il panorama italiano, ma quello internazionale. Secondo l’ultimo report di Annenberg Inclusion Initiative, un think tank statunitense che si dedica allo studio della diversità e dell’inclusione nel mondo dell’intrattenimento, il numero delle cantanti nel mondo è in aumento da tre anni e ha raggiunto il 37,7%: le produttrici rappresentano invece il 5,9% del totale e le compositrici il 18,9%. Nel nostro Paese, i numeri sono sostanzialmente simili: secondo la ricerca “Women in Creative Industries”, nel 2020 le compositrici in Italia erano il 12,5% del totale, mentre le produttrici il 2,6%. “Il gender gap nella produzione musicale è assimilabile a quello che vediamo nelle materie STEM: dato che si tratta di avere a che fare con la tecnologia, si presume che non sia un lavoro da donne”, ha commentato Barone. Nel settore della composizione, non è raro invece che l’autorialità delle cantautrici venga messa in discussione . Di fronte a questo panorama desolante, fioriscono i progetti che vogliono valorizzare il talento delle professioniste nel settore della musica, come i collettivi La Cantautrice e Poche, dedicato alle producer italiane. “Fioriscono anche un grande numero di artiste interessanti, ma magari emergono davvero dopo decenni di tentativi e ostacoli”, ha aggiunto Barone, ricordando un altro dei problemi che affrontano le donne nel settore musicale: le molestie sessuali e le discriminazioni. Per far emergere queste fenomeno, Equaly ha realizzato una ricerca su 153 addette ai lavori: solo il 17% del campione sostiene di non aver mai subito alcun tipo di discriminazione nel luogo di lavoro. L’83% delle rispondenti, al contrario, dichiara di essersi sentita discriminata almeno una volta. In particolare, il 73,9% delle partecipanti afferma di aver subito discriminazioni di genere. Il 9,1% del campione, invece, dichiara di essersi sentito discriminato per altri motivi come la provenienza geografica, la giovane età e l’orientamento sessuale.

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