Metallari anni '80 e trapper: una riflessione su musica e generazioni

La musica, si sa, è sempre stata una questione generazionale. Soprattutto la cosiddetta “musica nuova”, quella che nasce dalle nicchie, dall'underground e dai margini, e che riflette il disagio e le difficoltà della gioventù attraverso un suono e un messaggio diverso rispetto alla “musica ufficiale”. The same old story È successo quasi in ogni decennio o ventennio, a partire dai Beatles negli anni 60, per poi proseguire con il punk e poi certo heavymetal, la techno e ora per i giovanissimi con la trap. È una storia che si ripete: i Beatles venivano mal visti dai genitori perché incarnavano un'energia e un'innovazione che era percepita come una pericolosa inversione di tendenza rispetto alle convenzioni e ai valori tradizionali. E poi i capelli lunghi, la musica diversa e più avanti anche i testi delle canzoni. Poi è andata avanti con certo rock e a fine 70 con il punk, un vero genere di ribellione verso le norme sociali attraverso un'energia grezza, testi contro il sistema precostituito, e una musica in totale contrapposizione con il genere mainstream. Poi nel corso dei decenni sono arrivati altri vari generi più o meno nati nell'underground e ai margini, creando delle vere e proprie sottoculture che venivano invise da genitori e in generale dalle generazioni più anziane a causa di un'espressione sonora, di una modalità di comunicazione o di una rabbia che esplodeva. La cosa arriva fino a noi oggi con i ragazzi più giovani che trovano nella musica trap un'espressione al disagio e alle difficoltà con una modalità diversa. Una musica che la maggior parte di noi adulti/genitori non capisce e che spesso criminalizza, accusando in modo spesso troppo superficiale non solo gli autori e i produttori, ma anche i ragazzi stessi che l'ascoltano. Ma lasciamo per un attimo questa tema e facciamo un salto nel passato. Chi sono i metallari anni '80 Negli anni 80 negli Stati Uniti il Parents Music Resource Center , un'organizzazione cofondata da Tipper Gore e dalle mogli di diversi altri potenti di Washington, lanciò una campagna politica contro la musica pop, con l'obiettivo di apporre etichette di avvertimento sui dischi che promuovevano sesso, violenza, uso di droghe e alcol, il famoso bollino “Explicit Lyrics” ancora attiva nel 99% dei dischi rap e urban. Durante questi anni il PMRC e la politica USA iniziò una forte campagna di demonizzazione nei confronti della musica metal, non sono delle canzoni e delle band ma anche nei confronti dei fans, ovvero i primi metallari che venivano accusati di avere scarsi risultati nello sviluppo personale. Oggi, quarant'anni dopo, una serie di ricercatori di psicologia e sociologia della università americane – tra cui la Humboldt State, l'Ohio State, la UC Riverside e l'UT Austin – hanno esaminato groupie, musicisti e fan dell'heavy metal degli anni '80 di mezza età. Attraverso dei sondaggi online sono state valutate le esperienze infantili negative, la personalità, lo stile di vita in età adulta e anche la carriera professionale. I risultati della ricerca hanno rivelato che gli appassionati di metal hanno spesso vissuto vite traumatiche e rischiose legate a "sesso, droga e rock and roll". Tuttavia, l'identità "metallara" fungeva anche da fattore protettivo contro derive negativi e quindi i ricercatori hanno concluso che non solo hanno sostanzialmente vissuto delle vite felici da giovani ma sono cresciuti adulti normali e perfettamente integrati. Quindi la conclusione della ricerca è che “la partecipazione a culture di stampo marginale può favorire lo sviluppo dell'identità nei giovani problematici”. I diari della trap Ecco, questa ricerca – sebbene legata a luoghi, a generi e a tempi diversi - ci permette di guardare il fenomeno contemporaneo della trap o di certo rap più commerciale e meno sofisticato con altri occhi. Proprio in questi giorni è uscito un interessante saggio per l'editore Nottetempo dal titolo “Maxi-rissa: i diari della trap” scritto da Alberto Piccinini e Giovanni Robertini che ci permette di capire meglio questo fenomeno non tanto da un punto di vista musicale, quanto sociologico-culturale. Nel libro si spiega come l'incredibile cortocircuito creato dal genere trap amato sia dai giovanissimi delle periferie ma anche dai sedicenni dei quartieri bene del centro che ascoltano la stessa musica e si vestono come i maranza dei sobborghi. Il messaggio che sta dietro alle canzoni trap non è uno di quelli rassicuranti e consolatori oppure di riscatto e formazione, ma è l'espressione di un disagio e di una frustrazione giovanile: turpiloquio, storie di delinquenza, ostentazione del lusso, miraggi di bella vita e successo facile, raccontati spesso anche con nascoste doti letterarie, dicono Piccinini e Robertini. Il più delle volte i valori dei trapper sono gli stessi dei genitori - individualismo sfrenato, sessismo derivanti da anni di Berlusconi, iperconsumismo – ma esasperati con il filtro dell'autotune. E poi la trap, in fondo, deriva dal rap il cui messaggio come avevamo già scritto qui era: mettete la violenza nelle vostre parole, nelle canzoni, così evitate di prendervi a revolverate e coltellate per strada. Quindi forse sarebbe il caso di aprire gli occhi, informarsi e non demonizzare per partito preso la trap e chi la ascolta, memori delle passate storie e di quello che, anche noi, siamo stati.

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