Achille Lauro e l'album Comuni Mortali: "Siamo tutti uguali e fragili"

Achille Lauro è in piena forma, sereno, sorridente, affabile. Attende i giornalisti in un hotel del centro di Roma, la città che – per sua stessa ammissione – gli ha dato moltissimo. Il 18 aprile esce Comuni mortali, il suo nuovo album, un lavoro desiderato, pieno di amore, ringraziamenti, dediche a personaggi che hanno fatto la sua storia, che lo hanno reso la persona, l’artista che è diventato. Mi piace immaginare questo tuo nuovo album – che si intitola “Comuni mortali” - come se fosse un libro, all’interno del quale si trovano personaggi e situazioni, esattamente come accade quando leggiamo. Chi incontriamo, all’interno di questo tuo nuovo lavoro? È una bellissima metafora. Il disco è sicuramente un libro, sicuramente ogni canzone è un capitolo, che parla di qualcosa, di qualcuno. È un album di dediche, di ringraziamenti, è un album che ha pescato dalla realtà per raccontare qualcosa di profondo. Incontriamo sicuramente la mia città, sicuramente i miei amici, mia madre, i miei grandi amori; comunque, tutte figure che mi hanno permesso oggi di essere qui, per diversi motivi. La traccia guida di “Comuni mortali” si intitola “Amor”. Una parola che, se letta al contrario, diventa Roma. Roma è una città che mi ha dato tantissimo, mi ha cresciuto. Credo che Roma sia una città incredibile, perché oltre a essere una città meravigliosa, è una città in cui c’è uno strano senso di abbandono che è poetico. È stato fondamentale per me, crescere qui, crescere in mezzo alle persone. Io sono del popolo, io sono il popolo, quindi, mi ha dato quella sensibilità che poi le persone ritrovano e di raccontare qualcosa di personale che, però, poi diventa degli altri. Siamo tutti uguali, quando parliamo di sentimenti come l’amore, il dolore, la gioia? L’espressione “comuni mortali” è voluta per sottolineare quanto siamo uguali e quanto siamo fragili. Al di là di quello che facciamo nella nostra vita. È proprio il senso di questo disco, sono canzoni che sono di tutti. Il bello delle canzoni è proprio questo, forse. Cos’è una canzone, se non fermare uno stato d’animo e poi quando arriva alle persone non è neanche più tua. Non soltanto non è più tua, è loro, è delle persone e fa parte dei loro ricordi. Loro tra vent’anni se la ricorderanno per i loro ricordi, non per te. Quindi, è una cosa super poetica. La tua permanenza negli Stati Uniti quanto ha inciso nel profondo su questo album e – più in generale - sulla tua vita? A me stare lontano, stare solo, stare staccato, aiuta tantissimo. Soprattutto, anche confrontarmi con un mercato completamente diverso che non conosco e in cui non esisto, come quello degli Stati Uniti, mi fa sentire come fossi all’inizio e, quindi, mi a capire perché sono qui, a chi devo dire grazie e- soprattutto - mi fa anche pensare in grandissimo, che fa sempre bene. Cos’è che fa più evolvere un artista? Cosa ti ha aiutato a crescere professionalmente? La ricerca ossessiva, la passione, il tormento. Io sono stato molto coerente con le fasi della mia vita. Ogni album racconta una fase della mia vita molto chiara. Per questo i miei dischi sono molto diversi. Non c’è una ricerca ossessiva di qualcosa che funzioni, bensì una ricerca di me stesso e anche un’esigenza vera di dire qualcosa, di lasciare qualcosa. Questo album, rispetto agli altri, ha qualcosa di molto intimo, è veramente un album in cui non ci sono filtri. Quindi, potrebbe essere uno degli album più importanti della mia vita, sicuramente per me lo è e non soltanto per il sound ma anche per il modo di trattare certi argomenti. Prendi per esempio "Amor", è una canzone diversa da quelle che ho fatto finora. Le mie canzoni sono sempre profonde e a volte anche cupe. Invece, "Amor" è veramente una dedica speranzosa, una dedica positiva, è veramente un grazie. Questo è l’album dei grazie. Immaginiamo che qui atterri un alieno e che tu debba spiegargli chi sei: basta questo album? In questo disco c’è tanto. È un disco di cantautorato. Sai, in Italia, a volte, quando uno dice Pop, dice canzoni, dice canzoni per la radio, sembra sempre di sminuire qualcosa. Invece, questo è un disco di cantautorato, dove trovi dell’autoriale importante e profondo, è una storia vera. Nella storia vera c’è dentro amore vero, sofferenza vera, coinvolgimento vero. Quando sei autentico le cose arrivano. La musica è bella perché il pubblico non lo freghi, il pubblico capisce . È un lavoro che spiazzerà il tuo pubblico o che, al contrario, lo abbraccerà? Secondo me è il disco nel momento giusto. È un disco che continua, perfettamente, il percorso iniziato con “Amore disperato”, con “Incoscienti giovani” e, finalmente, credo che sia una delle prime volte in cui io voglio fare qualcosa e il pubblico vuole quell’esatta cosa. C’è proprio un allineamento profondo tra me e e le persone che mi seguono. Il disco e prossimamente i live: che cosa rappresenta, per te, il palco? Sicuramente il momento del concerto è il momento più importante e più bello. Chiaramente è allora che ti rendi conto del percorso che è stato fatto e – ogni volta – è una grandissima conquista. È un rito collettivo, anche perché i miei concerti non sono solamente dei concerti, è l’unione di persone che condividono qualcosa di importante, che è una cosa bellissima. Le mie canzoni a volte non sembrano scritte da me, sembra che arrivino dall’alto. Quindi, quando le condividi con le persone, questi stati d’animo, diventano delle persone e non è più l’ego del cantante, è di tutti. Forse, è il concetto proprio del disco Comuni mortali, tutti insieme, tutti fragili. Presto suonerai al Circo Massimo, un luogo iconico: che significa per te? È un rischio, è un’opportunità? Il Circo Massimo per me è un grande inizio e allo stesso tempo un traguardo. Se penso a dieci anni mi sembra impossibile. È una grande opportunità, questo è il momento in cui ho un repertorio importante, super conosciuto e anche come lo sognavo, un repertorio di canzoni. Credo che oggi il momento del concerto sia diventato un rito, un rito collettivo; non è soltanto un modo per svagarsi, è un modo per condividere qualcosa di importante. Quindi, per me arrivare al Circo Massimo, a casa mia, con tutte quelle persone: ebbene, non esiste niente di più bello!

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