"Temporary", il terzo album di Everything Is Recorded. L’intervista a Richard Russell

Il gigante Richard Russell, nato sotto il segno dei pesci Richard Russel, che i più conoscono come Everything Is Recorded, è un gigante. E non solo come artista. Lo si capisce appena arriva all’intervista, anche attraverso lo schermo di un computer: ha un’aura particolare, che si comprende solo quando lo si vede e si parla con lui. La nostra conversazione, però, non inizia parlando di musica, ma di segni zodiacali: siamo entrambi pesci, nati a marzo ma in giorni diversi. “Abbiamo una cosa in comune, ma non è la musica!” gli dico dopo esserci salutati. Lui non esita neanche un secondo e chiede: “Sei del segno dei pesci, vero?!” Game, set, match. Sì, siamo uniti anche da questo particolare, e anche dal motto che caratterizza l’ultimo segno dello zodiaco: “Guardateci, ma non guardateci”. Lui, di questo, è un esempio perfetto: ha scoperto tanti grandi della musica, ma allo stesso tempo continua a creare musica, la sua. Che condivide con cantautori eccezionali che continua a trovare e in cui vede talento. "Il talento? Tutti ne abbiamo. Io non lo scopro: aiuto a coltivarlo" Talento, una parola di cui parleremo molto nella nostra intervista. Lui mi spiega subito che ogni artista, prima di tutto, deve scoprire qual è il suo talento. “Tutti ne hanno, almeno uno. Credo che ogni essere umano sia in grado di suonare e cantare: sono talenti che alcuni perdono crescendo, ma sono dell’idea che tutti li possano sviluppare. Per fare l’artista devi averne, certo, ma anche mantenerli e viverli al meglio. Non tutti riescono in questo intento. È un po’ come l’amore che si ha per se stessi: c’è chi prova a difenderlo nel miglior modo possibile, anche quando è difficile. Soprattutto se sai che quella è la cosa che vuoi in assoluto, più di tutte. Come un giardino, però, anche il talento deve essere coltivato, insieme all’espressività e alla creatività. Poi sicuramente deve esserci qualcuno capace di vedere e far emergere queste qualità, ma bisogna anche prepararsi all’idea che ci sarà chi proverà a dissuaderti e dirti che non ce la puoi fare. E anche in questo caso…bisogna accettarlo. Io non ho mai avuto un metodo o un modello per scoprire artisti talentuosi. E se mai dovessi, forse, averne uno…beh, scopro nuova musica e artisti quando faccio il dj. Sì: proprio mettendo i dischi” racconta Richard Russell. "I producer in prima linea oggi? Sempre stato così. Pensiamo a Quincy Jones, Lee Scratch Perry, Rick Rubin" Proseguiamo la nostra conversazione tornando al tema che ci ha unito, il motto dei pesci. Sì: perché racconta esattamente anche il suo ruolo in questo terzo disco, dal titolo Temporary. Everything Is Recorded, infatti, è un progetto collaborativo di Russell, che nasce e si evolve anche come produttore. Tempo fa i produttori non si facevano vedere, ma volevano essere visti. Ora, invece, i producer mettono il loro marchio sui brani a cui collaborano, e si sente. Chiedo a Russell cosa ne pensa, soprattutto se crede che questo passo in avanti da parte dei produttori sia un buon segnale per la musica. “Beh, è sempre stato così” mi risponde serafico. “Pensa a Quincy Jones, Lee Scratch Perry, Rick Rubin: sono tutti nati sotto il segno dei pesci. Sai chi sono queste persone. Sono produttori musicali, e sai benissimo con quali artisti hanno collaborato e in quali brani hanno messo il loro expertise. Brian Eno è un caso a parte, perché ha pubblicato alcuni dischi con il suo nome, e non ha svolto solo l’attività di produttore. Ma i produttori che hanno fatto qualcosa di importante della musica si sono sempre fatti vedere, a modo loro” aggiunge Russell. "Come scelgo gli artisti con cui collaboro? Sento un legame che mi unisce a loro" Gli chiedo subito come sceglie gli artisti con cui lui vuole collaborare: le voci che si sentono in Temporary sono tutte uniche, ed oggi è molto difficile avere artisti così. Richard Russell mi spiazza, facendomi una domanda: “Prima di dirti il mio pensiero, mi dici di quale musica ti sei innamorata quando eri piccola?” La mia prima scelta è David Bowie, ma ammetto di aver amato molto i Blur, gli Oasis e anche i Take That. Sì, un mix piuttosto vario. “Vedi, questi artisti ti hanno fatto amare la musica. E come fan, non c’è nulla di sbagliato. Anche perché è la musica a cui ti senti legata, che ti trasmette qualcosa. Ecco: questo è il metodo che uso quando scelgo con chi lavorare. Devono essere artisti che mi regalano emozioni, a cui mi sento unito, voci che hanno qualcosa di speciale. Il segreto è tenere vivo quel fuoco di fan della musica. Le scelte che faccio di istinto, quasi di pancia sono sempre le migliori…spesso mi chiedo: mi piace questa voce? Mi piace il suono di questo strumento? In questo nuovo disco ci sono molti suoni che ho amato sin dal primo istante, e li hanno realizzati Kamasi Washington, il papà di Kamasi, ma anche Rickey Washington, che suona il flauto. C’è chi suona il sassofono, Jack Peňate suona la chitarra, e poi ci sono le voci di Sampha, Bill Callahan, Noah Cyrus, Florence Welch, Maddy Prior, Berwyn, Alabaster Deplume, Jah Wobble. Nel periodo in cui stavo creando Temporary, queste erano le voci che ascoltavo e che volevo inserire nelle mie canzoni. Volevo metterle all’interno di alcune idee e sonorità che avevo in mente. Il titolo dell’album è Temporary , ma avrei potuto chiamarlo Permanent: sono due lati della stessa creazione”. "Le parole? Sono importantissime" Chiedo a Russell quanto importanti sono le parole nella sua musica: “Le parole? Sono essenziali. E hanno un potere incredibile. Nel mio universo musicale personale ci sono due elementi che per me sono stati profondamente importanti: da una parte l’hip hop, dove le parole sono importantissime. Pensa ad un disco dei Public Enemy o Kendrick Lamar. Dall’altra, la musica techno, dove ciò che conta è il suono, la musica, ciò che senti. Ecco, nel mio nuovo disco ogni parola ha un valore, ma allo stesso anche ogni singolo suono ha un significato e un peso, e sono felice di essere riuscito ad inserire entrambi in giusta misura”. "Il tempo è fondamentale. E ogni album ha il proprio" Musica, parole. E il tempo, quanto è prezioso per poter creare qualcosa che rappresenti? “Importantissimo” dice subito. “Se noti bene, anche qui c’è un paradosso: è necessario prendersi del tempo per fare un disco, come è accaduto per Temporary. È servito molto tempo. Ma si può fare un album in pochissimo tempo, non c’è una regola. Ecco, un altro dettaglio sul mio nuovo disco: la prima registrazione è sempre quella che preferisco. Non mi piace fare e rifare versioni dello stesso brano. Se penso al tempo impiegato per fare la parte delle voci: poco. Lo spazio, invece, per sistemare, arrangiare tutto è stato piuttosto lungo. E poi, mentre stavo lavorando a Temporary, mi sono dedicato alla produzione di un ep di una band indie molto interessante. Due giorni in totale dedicati a questo progetto. Quanto tempo è servito per chiudere Temporary, invece? Circa quattro anni. Un album che non avrebbe avuto senso se fosse stato chiuso in meno tempo. Quale lezione possiamo imparare? Che ogni cosa ha il suo tempo, che deve essere rispettato. Sempre”. Ci salutiamo, con l’augurio di poterlo presto vedere dal vivo. “Se farò dei concerti? Certo, e spero anche di passare per l’Italia. Magari con qualche amico” aggiunge Richard Russel. Il gigante. Tracklist 1. October 2. My And Me 3. Porcupine Tattoo 4. Never Felt Better 5. Ether 6. Losing You 7. Firelight 8. The Summons 9. No More Rehearsals 10. You Were Smiling 11. Norm 12. Swamp Dream #3 13. The Meadows 14. Goodbye

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