Questa giovanissima artista mostra una scrittura intima, viscerale, che non ha paura di affrontare le proprie zone d'ombra né di esporsi nel suo lato più fragile. L'INTERVISTA
Amore e Blues è il primo album di Shari (Columbia/Sony Music Italia).
Come suggerto già dal titolo, il concept dell'album avvicina due parole storicamente legate, l'amore e la malinconia del blues, attraverso una forma di tristezza che non paralizza ma che alimenta. La giovane artista, classe 2002, filtra il contatto con i suoi sentimenti, raccontando il proprio vissuto attraverso lo "struggimento romantico" che da sempre ispira artisti di ogni campo.
Shari partiamo dalla storia dell’album: Amore e Blues è una rinascita e una riscoperta. Come ci hai lavorato e come lo hai elaborato a livello emotivo?
Nasce senza pensare a un album, ho fatto una bella ricerca musicale personale con il pensiero di farmi conoscere al meglio, sono rimasta un anno chiusa in casa e mi sono ritrovata con un album.
L’album è nato in un anno per te particolare, fatto di solitudine e di riflessioni: è più la chiusura di un capitolo o l’apertura di un altro? Tu lo hai definito una fioritura.
È indubbiamente una ripartenza, per questo ti dico che sono partita da me stessa, ho dato forma, con la mia musica, a quello che ho dentro.
Facciamo un passo indietro e andiamo a Egoista: quando canti “non mi sentivo più a casa da nessuna parte” è il manifesto di una generazione senza radici?
Dopo tutto questo processo ho capito che volevo stare in campagna col mio cane, dunque ho lasciato Milano e ora sto di nuovo bene, mi godo la famiglia e il cane.
In Amore e Blues ti rivolgi a qualcuno dicendo che non hai più paura, che è la tua cura ma poi dici anche “mentimi tanto so già come finirà”: perché tanto disincanto?
L’amore è un po’ complicato soprattutto in questi ultimi anni. Ho percorso un processo di fiducia, se ascolti le vecchie canzoni erano più chiuse, spaventate e c’era sofferenza. Un po’ di mancanza di fiducia ce l’ho ancora, ma ci sto lavorando e mi sento di dire che sono a buon punto.
“Non è come immaginavo io, conta più l’immagine dell’arte”. Questa frase, estrapolata dalla narrazione della canzone, è una amara riflessione sul mondo della musica e dell’arte in generale? Un po’ come la “classifica piena di mediocrità”.
Un po’ sì. Non è una generalizzazione, ma il successo spesso è una cosa che fa stare male me e chi come me ascolta e ama la musica. Per chi la vive in modo viscerale vedere certe cose in classifica fa male soprattutto perché, se la cerchi, musica bella ce ne è.
Mi parli di Margherita? Che storia ha?
Non si capisce subito, hai ragione, è un po’ criptica: parla di Margherita che al diavolo vende l’anima. Viene persuasa dal diavolo a vendergli l’anima ma non c’è un finale: lui ti dice se tu mi scegli tutto risplende ma perdi l’anima... personalmente spero che Margherita resista alla tentazione.
La produzione in inglese al momento è ferma? Oppure brani come World Hold On, King of my Castle o You&I troveranno compagnia?
Ho avuto la necessità di scrivere in italiano, musicalmente continua la ricerca dell’inglese.
Alla fine possiamo dire che non vivi più in degli istanti mossi, che non vedi nero e che le mani non ti tremano come per un addio?
Quelo che dici lo vivevo mentre scrivevo quella canzone, lo vivevo nel processo di scrittura mentre ero in casa. Ora sono più tranquilla, mi sono ripresa.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Faccio un po’ di promozione per l’album, poi ho messo su una band e cercheremo di fare concerti. Ho già fatto la prima data a Milano e vediamo di organizzarci per il futuro. Per il live ho preparato qualche cover in inglese per scaldarci, un po’ di passato l'ho riarrangiato e proporrò tutto Amore e Blues anche se non seguendo la tracklist dell’album.