Daniele Faraotti, contatto col nostro riflesso è un Itinerario: video

Musica

La clip è girata interamente con camera a mano, improvvisando per le strade di Bologna

IL VIDEO E' INTRODOTTO DA UN TESTO ORIGINALE DELL'ARTISTA

Arriveremo mai ad avere un contatto con il nostro riflesso? Una vicendevole ubriacatura che culmini in un incontro danzante come nella Guerra Lampo dei fratelli Marx. Itinerario vorrebbe una maggiore distanza dalle cose terrene. Un percorso a tappe costellato di presenze riflesse. I materiali (carrozzerie, tubature, vetrine…) distorcono, hanno attitudini grandangolari. Location varie richiamano stazioni, come approdi momentanei. Chi mi/ci osserva? Sono la proiezioni di ciò che sarò? Il cielo si mostra parziale alle finestre delle case e dei palazzi. Solo le nuvole sembrano avere una continuità tra movimento e riflesso. Le torri di Kenzo viste come una babele di provincia fanno da sfondo, mentre il cellulare diffonde la canzone per favorire il labiale. Eppure qualcuno nel riflesso mi esorta a ballare; interferisce. Riflessi, come mondi paralleli che ci seguono passo passo. Talvolta sfuocati, come fossero presenze aliene. Un’ombra che conserva la componente euforica di un burattino.

Il video è girato interamente con camera a mano, improvvisando per le strade di Bologna. Ho intravisto molte possibilità in questa esperienza, possibilità di cui farò tesoro. Dalla Cina le tappe di una nostra possibile evoluzione. Il distacco progressivo dalle cose terrene, per ritrovare, per ritrovarsi. Qualcosa è già stato disegnato sul muro. Una figura femminile con gli occhiali di Keith Richards, quelli indossati nella copertina di Jumping Jack Flash, ha un cuore grande su cui spunta un fiore. E la vetrina della libreria di Piazza Aldrovandi, quella dove trovi l’occasione tra gli usati, mi riflette, testa ciondolante dl tum tun cha. Specchi rotondi, posti ai margini delle strade, favoriscono manovre per automobili non vedenti. Punti di fuga sbilanciano la realtà in favore di un ventaglio azzurro che si presta a far da microfono. Un foularino mi rende cieco prima che il pugile prenda il sopravvento. Avevo dimenticato. La posa del pugile, un omaggio a mio nonno Remo, nel 1942, campione d’Italia dei pesi piuma, solo per un’ora. Ma questa è un’altra storia.

E la musica? Eh, la musica è la musica: esprime sé stessa e al montaggio fornisce spunti. Cambia tutto dopo quella cesura. L’autobus passa più volte. Come se lo perdessi volutamente solo per trasportare il mio riflesso in un brevissimo tratto. Chi c’era sull’autobus? Chi erano tutti? Il pied de poule è un’occasione da 59 euro per rivivere il mito di un cappotto del 1972 la cui fodera attende un sarto almeno da un decennio. La sera, a riprese finite, eravamo esausti. Bologna la domenica lavora. Sembra d’essere a Firenze con la mortadella al posto del lampredotto. L’Antica Bologna, il bar dove talvolta prendo il caffè, quando non lo prendo al Gelatauro, ha un’aria strana. È l’aria della domenica? Sì, quella che t’istupidisce d’eleganza e paste alla crema. Ma noi stiamo girando, è solo una piccola pausa. Per miracolo erano disponibili ancora due burelle tonno e insalata. Una sfogliatella in due, un buon caffè e si riparte. I passanti ripresi ignari. Che grandi attori. Che piglio, che falcate. E le bici? La ciclabile nuova del ponte di San Donato è una meraviglia tale, che per un attimo mi è parso di vedere Syd Barrett.

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