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Alex Uhlmann, l’album Home: “Gli artisti non devono avere paura di essere scomodi”

Musica

Fabrizio Basso

Il cantautore lussemburghese, frontman dei Planet Funk, presenterà dal vivo il suo primo disco da solista in una data unica all’Apollo di Milano il 28 novembre. L'INTERVISTA

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Il viaggio è la vera destinazione ma è altrettanto importante trovare un posto che si possa chiamare casa, qualunque posto che ci permetta di essere noi stessi. Questa è la premessa e il filo conduttore di Home, il primo album da solista di Alex Uhlmann, cantautore lussemburghese, frontman dei Planet Funk e direttore musicale del talent The Voice. Il disco, uscito per l’etichetta berlinese Hoersenmusic, verrà  presentato dal vivo giovedì 28 novembre alle ore 21.30 in una data unica all’Apollo di Milano. A seguire, Vynil Selection di Alex Neri (biglietti disponibili su Dice).

Alex partiamo dalla storia dell’album e dal concetto di casa nella stagione del nomadismo, etnico, culturale e, purtroppo, di fuga di cervelli.
Per me è diverso, essendo nato in Lussemburgo da genitori tedeschi, ho sempre avuto difficoltà identitarie perché non ho vissuto come uno di loro né da una parte né dall’altra. Mi ha intrigato questo essere apolide fin da piccolo che ero in una scuola internazionale. Sono curioso degli altri paesi che ho scoperto negli anni: ho vissuto 12 anni a Londra, per la musica ma anche cercando una casa che non ho mai avuto. In Italia ho smesso di cercare perché ora la casa è qui dove posso fare musica, sono molto felice a Milano.

Home sembra una contraddizione in termini: il titolo richiama la casa ma la canzone incita al viaggio. E’ il tuo concetto di nostos? Di un viaggio che sfiora i porti ma non si ferma?
Questa è la mia vita di tutti i giorni. Il cervello va sempre a mille ma questa contraddizione la vivo bene. John Lennon diceva che la vita ti succede quando hai altri piani ed è la storia della mia vita. La vita è andare e non arrivare.

Only For A Minute indaga il valore dei ricordi: tu conservi tutto o selezioni? E c’è un momento della tua vita dove vorresti tornare per più di un minuto? Una tua sliding door?
Quando scrivo le canzoni sono istintivo. Oggi nell’industria musicale, soprattutto se parli del Pop, si scrive a comando. Io non mi dico domani scrivo, lo faccio quando me lo sento. Qui c’è la nostalgia di qualcosa, sarebbe bello tornare anche solo un minuto in attimi già vissuti.

Partendo da Never be the same, ti capita ogni tanto di avere una percezione di solitudine per quanto il testo parli di comunanza?
Provo a non lasciare mai sola mia figlia, ma io mi sento a volte solo pur avendo una compagna con la quale sto molto bene.

Don’t be afraid to make a mistake è la vittoria definitiva dei rimorsi sui rimpianti?
Per i giovani è importante provare più cose per capie cosa piace, sbagliare è normale. Io sono fortunato perché i miei genitori mi hanno lasciato fare anche se so che c’è chi abusa di quella libertà. E’ stato buono il modo crescere pur provando cose che poi si sono rivelate sbagliate.

Quando avevi l’età di tua figlia Giulia eri selvaggio e libero? Oppure il tempo ti ha reso così e ora le fai dono di quel che non sei stato perché lei sia altro?
Le tramando quello che mi hanno insegnato i miei genitori. La mia compagna è severa, io meno ma quando devo lo sono. Mia figlia vive in un mondo più difficile rispetto a quello che vivevo io alla sua età ma desidero che sia libera nelle sue scelte.

Insane è un urlo contro l’umanità ma è anche un appello: è nata in un preciso momento?
E’ un brano che ho scritto un po’ di anni fa a Londra. E’ molto attuale con quello che succede in Ucraina e a Gaza: è impercepibile che permettiamo che accada. Il bello di un album solista è che non devo pensare a cosa va bene. E’ un outlet creativo il mio, se piace sono felice, se la gente non ha tempo per entrare nei concetti…io ne parlo comunque. Gli artisti devono farlo, non devono avere paura di essere scomodi.

“But every little thing that you do makes it a better place to live in with you” (ma ogni piccola cosa che fai Lo rende un posto migliore in cui vivere con te): tu credi che se ognuno nel suo piccolo facesse il suo vivremmo meglio?
Anche la religione è così. Se uno vede il senso di un codice morale, di essere la migliore versione di se stesso in confronto agli altri il mondo sarebbe migliore. I corsi di teatro ti insegnano a trasferirti in altra persona e quindi tu approdi a un sentire diverso.

Ascoltando Fading Away la sensazione è di solitudine, ed è un concetto che ho trovato in altri testi: credi che la connessione che porta solitudine sia la causa del declino dell’essere umano?
Lo vedo oggi nei giovani, questa cosa è molto grave, hanno tutti i canali disponibili per comunicare ma quando senti certi loro discorsi senti il vuoto. Mi piace stare in Italia perché si può parlare liberamente di sentimenti, in Inghilterra non si fa se non dopo un po’ di birre. Adoro l’umanità italiana ma la società parla sempre meno dei problemi da affrontare.

Che accadrà nelle prossime settimane?
Il 28 novembre presento album all’Apollo di Milano. Poi ho date in Germania a gennaio e quindi vedremo. Inoltre c’è il lavoro coi Planet Funk.

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