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Riccardo Cocciante celebra 50 anni dell’album Anima: "Cantare è come spogliarsi"

Musica

Federica Pirchio

©IPA/Fotogramma

Il cantautore torna in concerto con uno straordinario appuntamento il 29 settembre all’Arena di Verona, per celebrare il 50° anniversario di un album che ha segnato intere generazioni e la cultura musicale italiana, contenente le indimenticabili Bella senz’anima e Quando finisce un amore 

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Una grande festa, una grande location, una grande ricorrenza. Il 29 settembre Riccardo Cocciante si esibirà all'Arena di Verona per celebrare i 50 anni di Anima, il suo storico album che ha segnato una generazione con brani indimenticabili come Bella senz'anima e Quando finisce un amore. Abbiamo incontrato l’artista a Milano per ripercorrere la storia di Anima, suo terzo album, ma anche la sua carriera e soprattutto per comprendere a pieno la sua idea di musica.

 

La storia di Anima

“Questo disco ha aperto delle porte che non avevo prima, ho rotto anche dei muri. I miei primi due dischi Mu e Poesia sono stati di sperimentazione", spiega l'artista. "Nella discografia di allora si aveva la possibilità di sbagliare, come è capitato anche ai miei colleghi, adesso c’è meno questa possibilità. Oggi bisogna fare centro subito con un disco e a volte con una canzone, ma una canzone non basta, non narra niente dell’artista. Racconta solo una piccola cosa di lui. Dopo i primi due dischi, ho iniziato a realizzare Anima, che è stato un disco difficile perché lo avevamo registrato completamente ed è stato bocciato. Ero un po' disperato, è arrivata la proposta di fare un concerto, in una sala piccola, il Teatro dei Satiri, con Venditti e De Gregori. Wow! Loro avevano già due successi e io solo Poesia. Ho voluto rischiare e l’ho fatto. Ed è stato una rivelazione. Oltre a capire il mondo nuovo che si stava aprendo con Antonello e Francesco, nascevano gli anni ’70. Loro hanno capito anche me, in mezzo a loro due, non so come. Non parlo di cose sociali o politiche. Ero diverso, ero contestatario lo stesso. I miei testi sono allegorici, io avevo dentro una proposta di rivolta, l’epoca stava cambiando".

 

Bella senz'anima

 

Il cantautore torna indietro a quegli anni '70 con i ricordi e continua: "Tutta la discografica mi guardava, guardava me, era venuta la Vanoni e diceva che voleva cantare lei Bella senz’anima. In quel momento Ennio Melis mi disse: rifacciamo il disco. Abbiamo chiamato Morricone, ha fatto un arrangiamento meraviglioso, c’era anche Franco Pisano. Lo rifaccio, esce il disco, esce Bella senz’anima come singolo e viene bocciato in radio. Ero sconvolto, c’era una sola radio a quei tempi e se non si passava in radio, nessuno ti prendeva. Sono andato via. Melis allora organizza un giro di ascolto di canzoni di nuove proposte di RCA, da far ascoltare ai disc jockey per poi metterli alla fine delle serate. Ma visto che i disc jockey non volevano passare il mio pezzo, li si obbligava con una specie di “ricatto” ( io ti do questo cantante e tu mandi il brano). Mi hanno poi raccontato che la gente sentendomi si chiedeva di chi fossi, ero veramente atipico. Inaspettatamente, mi chiamarono, ero primo in classifica! Una bomba! Non ero preparato per tutto ciò. Da quel giorno in poi Bella senz’anima è caduta su di me".

Un punto di partenza

 

Sugli anni successivi a Bella senz'anima sottolinea: "Il dopo è importante, fare una canzone sembra un punto di arrivo invece è una partenza. Ci si scorda che la carriera di un artista non si può fermare a una o due canzoni, bisogna saper continuare a intrattenere le persone e per intrattenere intendo dare loro l’opportunità di sentire altre cose di sé. Noi uomini abbiamo facce diverse, che possiamo esprimere. Ed è questo quello che ho cercato di fare.

La cosa interessante è quanto questo disco abbia aperto gli orizzonti, non solo in Italia, in Sud America, in Spagna quando c’era Franco, passò la censura e diventò un inno alla libertà. Io ringrazio il pubblico, che mi ha dato ragione anche quando uscì Margherita, il pubblico l’ha scelta, il pubblico ha un fiuto che a volte la discografia non ha. Sa capire, sa scovare in mezzo a tanti altri che sono omologati. Io dico che cantare è spogliarsi, esce fuori il nascosto, il non detto. Ricordiamoci che quando nasciamo poi ci insegnano tutto, come parlare, come mangiare, come intrattenere, ma nessuno ci insegna cosa dire con il canto. Il canto è un’espressione, una lingua che non si riesce a dominare, perché nessuno ce lo ha insegnato. Oltrepassare le barriere del fisico e andare a ricercare, nel profondo di noi stessi chi siamo, il canto è veramente importante, è dire qualcosa. Il canto è spogliarsi".

Il pregiudizio nel mondo della musica

Alla domanda sull'esistenza del pregiudizio nel mondo della musica risponde: "Direi nel mondo. Bisogna sostenere l’essere diversi, Notre Dame è la storia infatti della diversità umana, in tutti i campi.  Nel mio piccolo ho subito questo, come Renato e altri. Ero troppo piccolo, non avevo il fisico del cantante, non avevo niente per diventare cantante, ero diverso, tutto era diverso. Ho dovuto combattere, per dire 'sì è diverso ma vale qualcosa'. Ho avuto sempre questi complessi di inferiorità, mi vedevo brutto, troppo piccolo, non facevo quello che si doveva fare, ero introverso per questo. Sapevo di non essere omologato, ero convinto che non avrei potuto mai fare qualcosa nella musica, ma ho sempre avuto persone che mi hanno spinto ad andare avanti."

Il concerto evento all’Arena di Verona

Sul concerto evento all'Arena di Verona poi anticipa: "Ogni tanto bisogna saper tornare e raccontarsi, in fondo io mi racconto. Ci saranno le canzoni più conosciute dal pubblico ma anche canzoni non troppo note che per me hanno un valore, che hanno sostanza. Amo queste canzoni che sono più nascoste, che hanno valore e hanno diritto di esistere nel concerto. Il concerto è essere qualcosa di concreto quando normalmente si è soltanto vinile, in quel momento sei concreto, esisti. Si è, come tutti gli uomini, non sempre perfetti, ma io amo l’imperfezione. Troppa perfezione crea anche freddezza. A Verona non baserò tutto sull’orchestra, voglio fare un passo indietro, ritornare a come facevamo le canzoni. Avevamo il nostro gruppetto rock, bello aggressivo, voglio ritornare a quel periodo senza troppo limare. Sarà un tornare all’essenzialità della nostra espressione pop rock, fatta da questi strumenti elettronici, il coro anche, un elemento sempre meno usato. Il concerto è parlare con il pubblico, è uno scambio. A parer mio, oggi, c’è troppa attenzione al look. Sul palco si va perché hai un’anima, un pensiero, un qualcosa da dire non hai solo la tua faccia e le gambe, è una mia piccola critica ma lascio la libertà agli altri perché i tempi cambiano e cambiano le maniere di esprimersi".

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La musica in italia

Sulla situazione musicale italiana sottolinea: "La nuova generazione deve combattere, deve continuare a fare musica, anche il rap, il ritmo è musica. In Italia non si fa il riassunto di quello che un cantante ha realizzato, di quanti successi ha fatto e quanto esistono e persistono ed è questo il vero successo per me. Bisognerebbe istituire un premio. Tipo i Grammy che in Italia non ci sono, un premio per il mondo musicale, non solo per i cantanti ma per tutti quelli che lavorano nel mondo della musica. Il fatto che non ci sia crea uno scompenso nel pubblico, rimaniamo sempre “canzonette”, quando invece siamo un’organizzazione strutturatissima".