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I Hate My Village, Viterbini: "Il miglior live possibile? Quando anche noi ci stupiamo"

Musica

Valentina Clemente

Nevermind The Tempo è il secondo album di I Hate My Village, band composta da Alberto Ferrari (Verdena), Adriano Viterbini (BSBE), Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours) e Marco Fasolo (Jennifer Gentle). Un disco che parla di tempo, elogio all’imperfezione come risposta alla ricerca di perfezione della contemporaneità. Ne abbiamo parlato con Adriano Viterbini, che ci ha detto: "Suoniamo la musica che noi vorremmo ascoltare, per noi è la regola". Questa sera, 24 luglio, la band sarà al Castello Sforzesco a Milano

 

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Il nuovo album, Nevermind The Tempo

Partiamo dal titolo del vostro nuovo album: appeno ho letto Nevermind The Tempo, ho subito pensato a Never Mind The Bollocks dei Sex Pistols. È solo una mia idea o effettivamente avete tratto ispirazione da questo disco?

Il titolo è nato per caso: era parte di una frase di una canzone che non è stata messa nell’album, ma che ci è sembrata aderente al percorso che abbiamo vissuto, registrando questo album. Un disco scritto senza pensare a quando sarebbe uscito…le cose sono venute da sé, e tutto questo ci ha fatto rivalutare la premessa con la quale abbiamo cominciato, ovvero fare le cose solo per il piacere di farle. Quando si impara troppo il mestiere, forse è meglio allontanarsi un po’ da tutte le logiche ad esso legate: è fondamentale mantenere il gioco, e non aver paura di buttare idee per farne altre migliori. Siamo ovviamente fan di questo disco dei Sex Pistols, ma solo successivamente ci siamo accorti che avevamo tratto involontariamente ispirazione!

Il mondo della musica ha tante declinazioni: quella che abbiamo scelto noi è libera

Parlavi del tempo: quanto prezioso è stato per voi il tempo, per la vostra musica?

Il mondo della musica ha tante declinazioni: quella che abbiamo scelto noi è libera, un mondo in cui potersi reinventare, più o meno quando si vuole. Il concetto di tempo, per molti, potrebbe diventare una prigione, ma dipende sempre da come lo vedi. Per noi il futuro è qualcosa che arriva addosso, non lo rincorriamo. Vista così, viviamo tutto in modo meno apprensivo. È una fortuna che ci siamo costruiti.

"La nostra musica? Un processo naturale"

Esatto, lì volevo arrivare: avevate un’idea, che avete costruito, e che vi siete costruiti…

Sì, è tutto molto coordinato al modo in cui viviamo la musica: non è qualcosa che facciamo esclusivamente quando bisogna farla. È un processo di capitalizzazione di idee, di darsi da fare con gli strumenti, in qualsiasi ora della giornata, anche quando si è in macchina. Bisogna ricordarsi che ciò che facciamo è qualcosa di legato allo stare bene, e a trovare un posto nel mondo. È un processo naturale e spesso anche difficile da descrivere. Mi capita spesso di tornare a casa dopo una lunga passeggiata e registrare qualcosa che, se sono fortunato, il giorno dopo mi piace ancora. Ma magari è anche qualcosa che mi fa capire quello che, invece, non mi piace…ancora più fondamentale!

 

A proposito di quello che non vi piace: per Nevermind The Tempo, quanti brani avete realizzato e quanti sono stati esclusi dalla versione finale del disco?

Noi ci vediamo un paio di volte a settimana, suoniamo e realizziamo dei brani che, magari, poi non hanno futuro. O meglio: li mettiamo da parte, spesso perché non le capiamo…ma chissà, poi in futuro le potremo usare, chissà!

Il tour, questa sera la data a Milano

Raccontaci del tour: stasera sarete al Castello Sforzesco a Milano, ma siete in continuo viaggio, in tutta Italia. Come sta andando?

Prima del tour ci vediamo per una decina di giorni e registriamo le nostre prove, riascoltiamo tutto e cerchiamo di sistemare i nostri errori, per creare una narrazione e far partecipare il pubblico il più possibile. Le prove ci permettono di metterci d’accordo. Poi, in ogni concerto, ci si augura accada sempre qualcosa di diverso…il miglior spettacolo possibile? Quando anche noi ci stupiamo. E poi è bellissimo perché ogni persona presente vive il concerto in un modo diverso e personale, e questo è molto affascinante.

"Alla fine vince sempre l'emozione"

Ma è vero che il concerto perfetto non esiste?

Sai, quando hai le idee ben chiare, un po’ dispiace vedere che tutto non va come ti eri prefissato. Vuoi sempre che ogni nota sia perfetta…ma non sempre è possibile. Ciò che abbiamo capito, però, è che alla fine vince sempre l’emozione, quello che il pubblico riceve: se ci sono delle imperfezioni, ma chi è lì per ascoltarci si è comunque emozionato e divertito, per noi l’obiettivo è raggiunto. Ci impegniamo sempre al massimo, questo è indubbio, ma sapere che chi è lì per noi, ad ascoltarci, ha trascorso dei bellissimi momenti, ci ripaga di tutto.

"Creiamo e suoniamo la musica che noi vorremmo ascoltare"

Nei vostri live portate anche brani delle vostre realtà, o solo di I Hate My Village?

In questo tour solo brani di I Hate My Village, mentre nel primo facevamo anche delle cover. E portare solo canzoni dei nostri due dischi ci dà molta soddisfazione, perché è la musica che avremmo sempre voluto ascoltare. Noi cerchiamo sempre di registrare e suonare quello che noi, in primis, vorremmo ascoltare…partendo da questo presupposto, abbiamo aggiunto alla nostra creatività tutte le speranze che riponiamo nella musica. Non c’è altro modo: una volta che capisci come sei musicalmente, questo è l’unico modo per lavorare.

 

Bud_Spencer_Blues_Explosion_-_foto_di_Simone_Cecchetti

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