Marta Del Grandi e l'album Selva: "Potremmo avere una vita più ricca condividendo di più"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Credit Cecilia Fornari

Finalista al Premio Tenco, questa artista riunisce nei suoi testi e nella sua musica sentimenti, politica, emozioni, storia e quotidianità. L'INTERVISTA

La cantautrice italiana Marta Del Grandi con l'album Selva, che è entrato nella cinquina del Premio Tenco categoria Miglior Opera Prima, pubblica il suo lavoro più intricato e scintillante, una raffinata suite devozionale che ci sfiora come una carezza, unendo complessità emotiva e arrangiamenti organici che confluiscono in un finale fantascientifico. Se il suo debutto Until We Fossilize già mostrava tutte le qualità dell'approccio unico di Marta, in punta di piedi tra la polvere di Laurel Canyon, l'eterealismo lynchiano e le drammatiche colonne sonore di Ennio Morricone, Selva scava più a fondo nel sottobosco, mostrando l'ambizione di offrire un universo completamente nuovo: un ecosistema, umano e artistico, dove solo la forza della sua voce è il pilastro su cui costruire.

Da una idea di fossilizzazione umana alla Selva. Come chiamiamo l’era geologica che c’è in mezzo?
Nella mia vita era quella del tour, c’è stata anche vicinanza tra le due cose. Ho la fortuna di poter pubblicare con la velocità che voglio e questo mi offre la possibilità di essere attiva e avere una progettualità.

In Taller than his shadow parli di una persona visionaria imperscrutabile ma che incanta: sei tu che oggi sei alta come la tua ombra?
Il brano lo ho scritto per un film-documentario, una specie di biografia di un personaggio quasi storico. Elettra Fiumi mi ha chiesto di collaborare al progetto che racconta di suo padre Fabrizio, esponente di spicco dell’architettura radicale fiorentina. Mi sono appassionata a questo lavoro, mi ha chiesto musiche e questo brano lo ho messo nel disco. La ho sempre notata al tramonto sulla spiaggia quell’ombra che ti sorpassa. Posso dirti che mi sono superata negli ultimi due anni, ho spinto in avanti i limiti e mi sono superata.

In Swim To Me trasmette un senso di fragilità, c’è un cuore spezzato e l’invito a nuotare verso di te: oggi Marta è forte? È lei il mormorio della terra sottostante?
Il brano viene da una ispirazione che ha segnato la mia scrittura in quel periodo. Ero in Nepal e scrivevo uno spettacolo quando ho scoperto che ci sono, sulle cime delle montagne, dei fossili marini. C’è fragilità ma anche accettazione del corso delle cose, è tutto connesso e tutto ha un senso nella nostra storia. Ho imparato molto ad accettare e sono più forte. Ma non sono io il mormorio.

Che differenza c’è tra la tua Selva e quella oscura dantesca? Anche la tua sembra strutturata per gironi e come dici nell’incipit di Good Story per arrivare qui hai navigato acque agitate.
Good Story nasce per spettacolo musicale su Gilgamesh, l’Opera di Dante viene dopo perché nulla è stato scritto prima di quell’opera mesopotamica. Gilgamesh va a trovare Noè, che è un personaggio mitologico e non biblico, e solo a lui ha l’immortalità perché ha salvato tutta le specie umana. È anche una storia di solitudine, essere immortali significa resti sempre solo e ti si dimentica. La mia Selva ha molto dell’epopea di Gilgamesh come della Divina Commedia. È un viaggio.

“But if not for love, Then what is it we live for?”: guardandoti attorno pensi che sia così oppure viviamo in un mondo di ombre vuoto, perso, senza un posto dove andare? Viviamo una illusione?
Nella nostra società vedo tanto individualismo e si vede nelle scelte politiche. Quello che è accaduto alle elezioni in Francia è stata una vittoria dell’amore e senza amore saremmo solo dei contenitori. Potremmo avere di più condividendo di più.

Chameleon Eyes è il brano dell’identità, dei ricordi e delle stagioni che passano. Sei più nostalgica o melanconica quando guardi al passato?
Ci sono cose come i tre anni della mia vita in Nepal che mi sono riapparsi attraverso ricordi recenti e nostalgici. In generale non mi fossilizzo sul passato perché è lui che fa la nostra storia.

Chi è, nella quotidianità, il nostro snapdragon? È un folletto? Uno spirito che ci protegge oppure è una figura carnale?
Quell’idea viene da una ispirazione a caso, un po’ surreale, il tutto parte dal pensiero se i muri potessero parlare: i muri vedono tutto e quante volte vorremmo che non parlassero per preservare i nostri misteri.

Ascoltando l’album ho avuto la sensazione più volte di un album di assenze, come se ti rivolgessi a qualcuno che nei testi non ha fisicità. Ti chiedo se è così e se alla fine restano sono rabbia, orgoglio e verità come dici in Marble Season.
In questo caso mi sono spirato a persone reali e a episodi della mia vita personale. Ho fatto una ricerca per scrivere in modo più personale e qui mi arrendo alla sconfitta di una amicizia finita che non tornerà più. Non c’è rancore, è l’ammissione di una sconfitta ma anche che le cose accadono e non sempre c’è una spiegazione.

Ti hanno avvicinata a Bjork, a Julia Holter e ad altri artisti: hai la percezione che oggi sta avvenendo il contrario, cioè che ci sono artisti cui dicono…assomiglia a Marta?
È successo, mi ha fatto molto ridere e ne sono lusinagata. Mi fa piacere se il mio mondo è così identitario ma perché il senso della tua domanda sia realistico secondo me serve qualche disco in più.

Sei entrata in cinquina al Premio Tenco: che riflessioni hai fatto?
Sono contenta e anche se non ho vinto la targa andrei volentieri a suonare la mia musica. Selva è un disco che ha avuto grande attenzione in Italia, è raro che un disco in inglese raccogliesse tanta importanza. Il mio precedente Until we Fossilize era inferiore ai 30 minuti e dunque non era candidabile, abbiamo partecipato con Selva e grazie al mio team di lavoro che ci ha creduto.

In Stay dici “I would travel back in time”: c’è un’epoca nella quale ti sarebbe piaciuto vivere?
Averi voluto avere la mia età negli anni Ottana e Novanta. Carmen Consoli una volta mi raccontò che negli anni Novanta Catania sembrava Liverpool. Ho cominciato ad avere attenzione dopo i 30 anni ed è stata una fortuna perché avevo stabilità mia: ho affrontato difficoltà economiche, logistiche, organizzative, ho calibrato le ambizioni.

“And wish for nothing more than what I have” dici in Two Halves ovvero e non desiderare più di quello che ho: è la tua filosofia di vita come donna e come artista, il pensiero di una persona che vive la quotidianità in modo normale?
È un brano sofferto che faccio fatica a cantare e che ultimamente non faccio in concerto, racconta un periodo difficile della mia vita: ero meno ambiziosa e più problematica di quello che sono. Ora so che ho moltissimo e che sono fortunata, che posso stare bene con quello che ho e aspettare per qualcosa di più.

Se non sbaglio le sole parole in italiano sono quelle di Selva: “pensieri tortuosi S’intrecciano stretti, In forme mai viste, Il cuore si perde”. Ti chiedo quali sono questi sentieri tortuosi e se nel cassetto che tutti abbiamo ci sono tuoi brani in italiano.
Potrebbero esserci, arriverà una piccola sorpresa dopo l’estate. Ho vissuto all’estero e ho iniziato con questa musica che ascoltate. I pensieri tortuosi sono quelli della vita, sono gli intrecci della società.

Che accadrà nelle prossime settimane.
Programmo una settimana in vacanza a fine luglio. Sarò sempre in tour ad agosto e in autunno ci sarà ancora qualcosa e ci saranno date del progetto che porta avanti con Cecilia Valagussa e si chiama Fossick Project. Sto lavorando a uno spettacolo teatrale su Mata Hari sempre con Cecilia e con una sound designer e una danzatrice. Debutterà a Opera Estate a Bassano del Grappa e ci sono già quattro repliche. Sarà una bella storia anche questa.

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