La Prima Estate 2024, Paola Zukar e Claudio Cabona: "Perché si deve parlare di censura"

Musica
Valentina Clemente

Valentina Clemente

Foto di Stefano Dalle Luche

Perché è importante, pressoché fondamentale, parlare di censura oggi? E perché farlo anche attraverso la musica? L’abbiamo chiesto a Paola Zukar e Claudio Cabona, che hanno da poco pubblicato “Testi Testi espliciti. Nuovi stili di censura” proprio su questo tema. Un primo libro da leggere, e diffondere: oggi più che mai. Li abbiamo incontrati a La Prima Estate, al termine del talk con Michele Boroni

Parlare di censura oggi non è mai stato così importante. Anzi vitale: perché tocca ciascuno di noi, nella vita quotidiana e non solo. Ne abbiamo parlato insieme a Paola Zukar e Claudio Cabona, autori di Testi Espliciti. Nuovi stili di censura, un primo volume da diffondere e far leggere. E di cui si spera ci sia presto un seguito, perché si deve continuare a parlare di questo tema e della sua diffusione, in più ambiti.

Fondamentale conoscere la censura oggi

Perché, Paola, è così importante parlare e raccontare la censura nel mondo di oggi?

Paola Zukar - Per conoscerla a fondo: è molto importante. È sempre esistita, ha condizionato molto le nostre vite, le vite di tutti e non solo dei protagonisti della musica, della politica e della cultura. Perché oggi ha assunto forme sempre più difficili da individuare, sempre più subdole, talvolta inquietanti: credo che conoscerne i meccanismi possa davvero cambiarne gli scopi e gli usi.

 

Claudio Cabona – L’idea era proprio quella di avere più punti di vista. All’interno del libro ci sono 18 pensatori che arrivano da tanti campi diversi: Marracash, Fibra, Guè, Massimo Pericolo, Baby Gang appartengono all’ambito musicale, ma ci sono anche figure della società civile, dell’arte, del giornalismo come Gherardo Colombo, Zerocalcare e Milena Gabanelli, Cecilia Sala. L’obiettivo è avere uno sguardo a trecentosessanta gradi sulle mutazioni che ha avuto la censura e su tutti i campi appunto in cui la scure della censura può arrivare a limitare la parola o il pensiero.

 

Un libro nato da una necessità: trattare il tema della censura e renderlo pubblico

Con questo libro prendete una posizione ben chiara. Ma perché gli artisti faticano a farlo oggi?

Paola Zukar - Penso per due motivi: uno proprio utilitaristico, per non dover rinunciare - come spiega anche bene Fibra nell’intervista che trovate in questo libro - a dei palchi importanti, a dei contratti importanti e per raggiungere obiettivi fissati. Il secondo riguardo il ruolo degli artisti, che spesso sono i bersagli preferiti della politica per spostare l’attenzione dalle questioni importanti, come economia, sanità, politica. E gli artisti non vogliono essere un bersaglio.

 

Voi avete scelto di far conoscere e diffondere questo tema: nasce tutto da una necessità?

Paola Zukar – Un volume nato decisamente dall’urgenza di trattare determinati temi e renderli pubblici: temi di cui e io Claudio parliamo spesso. Era fondamentale.

La censura di qualunque natura è deleteria

L’importanza della formazione, oggi. Si parla dei fatti che vedono protagonista Baby Gang, ma non ci si chiede perché ha compiuto determinate azioni e il contesto in cui è cresciuto.

Don Claudio Burgio, proprio sul caso Baby Gang, dice una frase bellissima: la realtà non fa schifo perché c’è Baby Gang, ma c’è Baby Gang perché la realtà fa schifo. Ovvero: Baby Gang è il risultato di un mondo rotto, di qualche cosa che non va e lui nella musica racconta quel mondo rotto. Don Claudio, papà della comunità di Kayros, fa proprio quello che dovrebbe fare e - anzi!- arriva dove spesso non arriva la politica: fa formazione, aiuta i ragazzi a trovare una strada, fa accoglienza. Nel momento in cui si cerca e si prova a investire nel sociale, poi i risultati arrivano. Ma è questo il punto di partenza: dare un futuro migliore a questi ragazzi. La censura di qualunque natura è deleteria.

Un libro in cui si mettono a confronto, e si uniscono, mondi distanti tra loro

Quali sono le reazioni a un libro così forte?

Paola Zukar - Molti hanno apprezzato l’unione di mondi così distanti tra loro. Abbiamo messo nello stesso libro l’ex Magistrato Gherardo Colombo che, appena ha saputo della partecipazione di Bello Figo e Guè ha risposto in modo ancor più partecipativo. La stessa cosa con Gaetano Bellavia: era molto curioso, nonostante non abbia mai ascoltato rap in vita sua forse non lo farà neanche mai. 

 

Il prossimo viaggio di questo libro?

Paola Zukar  - Ci auguriamo ci possa essere un secondo volume. È un tema molto difficile da maneggiare, deve essere gestito con cura: bisogna dare delle angolazioni particolari e avere davvero voglia di affrontare qualcosa che è così centrale, ma allo stesso tempo così scuro nelle nostre vite. L’Italia credo sia campione mondiale di ipocrisia in questo ambito: le persone molto spesso negano di utilizzare parolacce, che invece nel rap sono comuni. Io non ho mai conosciuto una persona che non usi delle parolacce quando sono necessarie, e spesso nel rap lo sono. Mettere a confronto le persone con i propri schemi mentali, la propria ipocrisia: tutto questo poi rientra nell’ampio tema della censura.

 

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