La Prima Estate 2024, Valeria Sgarella: "A Seattle per raccontare i Soundgarden"

Musica
Valentina Clemente

Valentina Clemente

Foto di Stefano Dalle Luche

I Soundgarden, come non li avete mai visti prima: Valeria Sgarella li racconta nel libro Niente Specchi In Camerino – La Storia dei Soundgarden, che ha presentato in esclusiva a La Prima Estate Talk ospite di Michele Boroni, in uscita il 28 giugno. Si parla di Seattle, del grunge che solo in una città come questa poteva nascere e svilupparsi, e di una band, e non un gruppo guidato da Chris Cornell. L’abbiamo incontrata, ecco la nostra intervista

I Soundgarden sono una band di Seattle, a partire dal nome. Lo scrive Valeria Sgarella, giornalista e una delle massime esperte di grunge nel nostro paese. E perché proprio in questa città nello stato di Washington, dove il cielo è spesso coperto, che conosciamo grazie al grunge e al quartier generale di Amazon? Valeria a questa domanda ha risposto utilizzando una frase che spesso le hanno detto chi vive lì, ovvero è nell’acqua. Perché è qualcosa che quasi non si può spiegare, ma c’è. I Soundgarden, però, non sono la band del leader Chris Cornell, ma un gruppo autentico. Che si è distinto anche per essere poco interessato al look, ma più alla sostanza della musica. Un libro che non è solo un racconto, ma un viaggio nella storia e nel cuore di un pezzo di storia del grunge.

Un libro per dare nuova luce ai Soundgarden

Perché i Soundgarden, e perché proprio adesso?

Rispetto alla scena di Seattle i Soundgarden forse sono quelli relegati ad un’aura di serietà che non rende loro giustizia rispetto a tutte le altre band della città, cioè i Big Four (Nirvana, Pearl Jam, Alice In Chains). Forse dei Soundgarden si è saputo meno a livello di personalità e non danno appigli pop: ai Soundgarden non puoi aggrapparti per parlare di loro in chiave di gossip e di maledettismo, che pervade sempre un po’ tutta la scena di Seattle. Ho pensato di parlare di loro proprio per dare una nuova luce a questa band e soprattutto per elaborare una fine che ancora oggi è difficile da digerire, ovvero la scomparsa di Chris Cornell. E penso di parlare a nome di tanta gente dicendo questo.

 

E perché “Niente specchi in camerino”?

La scelta di questo titolo è dovuta a una dichiarazione di quello che è stato uno dei loro tour manager che si chiamava Mark Sokol che una volta ho intervistato. In quell’occasione disse: i Soundgarden sono l’unica band con cui ho lavorato che non si preoccupava di avere uno specchio nel camerino. Considerando che parliamo dei primi anni 90 e di una serie di band anche con cui loro sono andati in tour che aveva un approccio molto diverso diciamo all’immagine (consideriamo solo i Guns N' Roses) questa mi sembrava una frase che parlava molto di loro, che raccontava molto in poche parole di quello che erano i Soundgarden.

"Per raccontare la storia di quelle band bisogna vedere la città e attraversarne le assenze"

Conosci molto bene la scena di Seattle: quanto è importante andare lì, per raccontare quello che è accaduto in un periodo storico in cui, forse, il mondo della musica non era pronto ad accettare l’avvento del grunge…

Io sono andata a Seattle prevalentemente perché volevo trovare una continuità tra la Seattle degli anni ‘90 e la Seattle di adesso, cioè la tra la Seattle grunge e la Seattle tech. Questa città è l’avamposto del mondo tecnologico, grazie anche e soprattutto alla presenza di Amazon. Secondo me per raccontare la storia di quelle band bisogna per forza vedere la città e attraversarne le assenze, anzi soprattutto le assenze. Il fatto di rendersi conto di cosa c’era prima e di cosa c’è adesso può raccontare delle storie magnifiche. Alcuni luoghi sopravvivono quindi comunque toccare con mano ancora un po’ di quella storia aiuta a comprendere, se non altro la l’ambiente di partenza. Si comprende soprattutto per quale motivo certe band potevano nascere solo a Seattle e da nessun’altra parte. Serve anche per banalmente lavorare con le assenze, lavorare con quello che c’era prima che adesso non c’è più senza per forza parlarne solo in chiave nostalgica.

 

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It's in the water

Perché Seattle è così speciale? E perché i Soundgarden sono nati proprio lì?

Gli operatori musicali del tempo direbbero: It’s in the water, è nell’acqua. Seattle è attraversata da tutta una serie di corsi d’acqua di varia natura e molti attribuiscono anche un po’ ironicamente la presenza di talento enorme in questa città alla presenza dell’acqua. In realtà quello che caratterizza la gran parte delle band di Seattle è un certo modo di suonare la chitarra, un certo modo di accordare queste chitarre ma soprattutto il modo di catturare l’essenza vera di queste chitarre disordinate, scombinate, dissonanti. Ci sono tecnici del suono che ancora lavorano oggi che erano molto capaci di catturare quel suono e anche se le band erano molto diverse tra loro, avevano un’offerta musicale molto differente tra loro, ecco questo sono di chitarra era il filo conduttore di tutte loro.

 

Si parla spesso della scomparsa prematura di Chris Cornell, che ha reso la musica dei Soungarden quasi immortale. Credi che se Cornell fosse ancora in vita, la band sarebbe ancora così magica?

Purtroppo sappiamo benissimo che le morti premature, specialmente quelle inaspettate dal punto di vista narrativo, danno un impulso maggiore quando si racconta la storia di una band e la caratterizzano. Se i Soundgarden fossero ancora in attività, con Cornell in vita, io non ho dubbi sul fatto che starebbero ancora producendo dei dischi e facendo tour, perché questo è quello che la band voleva, questo è quello che Cornell voleva. Cornell ha militato in altre formazioni dopo aver lasciato i Soundgarden, ha fatto una carriera solista altalenante ma comunque molto concreta. Però voleva stare con i Soundgarden: era la sua band. Io non ho dubbi su questo. E il fatto che anche questa band sia entrata nel novero dei gruppi finiti rovinosamente un po’ dispiace.

 

"Parlo di Chris Cornell in chiave esistente"

Da appassionata prima di tutto come è stata fare questo viaggio?

Disperatamente cercando in ogni parola di distaccarmi dal ruolo di fan. Anche se io, devo dire la verità, mi sono avvicinata ai Soundgarden con un timore reverenziale molto elevato. Forse tra le quattro grandi di Seattle era quella che in adolescenza avevo compreso di meno e quindi tornarci e poterne parlare, finalmente secondo il mio punto di vista cioè dando spazio alla mia visione, è stato innanzitutto un onore e un privilegio. Mi ha dato modo di conoscere molti aspetti della loro personalità e anche molte loro scelte artistiche di cui non ero al corrente che, se possibile mi fa amare ancora di più. È stato molto difficile prendere le distanze dall’assenza di Cornell, cercando di parlarne sempre in chiave esistente e soprattutto mantenere fede alla volontà del gruppo di essere considerato una band e non una band capitanata da un leader.

Perché i Soundgarden sono speciali

Perché i Soundgarden sono così speciali?

Perché non danno modo di parlare di loro in chiave di gossip, di vizi e di tutte quelle cose che possono allontanare dalla questione musicale, E soprattutto perché avevano una vena dissacratoria e auto dissacratoria che si può conoscere soltanto analizzandoli a posteriori, soprattutto perché - come loro stessi dicevano – siamo proprio la massima espressione del “Sex and drugs and rock and roll” senza “Sex and drugs”.

 

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