Flaminio, 30 anni e un disco Live: "Oggi si prendono tutti troppo sul serio"
MusicaIl duo hip hop romano torna con una nuova uscita discografica dopo 11 anni di silenzio: "A volte, se non si ha molto da dire, è meglio stare zitti. Ci siamo concentrati sui live e nell'anniversario dei nostri 30 anni è stato naturale pensare a un album di pezzi suonati dal vivo". L'intervista a Sky TG24
Da undici anni non registravano un singolo, da quattordici un album. Ma se c’è una cosa che i Flaminio (fino a pochi giorni fa Flaminio Maphia, il cambio di nome è recentissimo) non hanno mai smesso di fare è esibirsi dal vivo, davanti al loro pubblico, quello che li accompagna dagli esordi datati 1994 e quello che si è avvicinato a loro qualche anno più tardi, sulla scorta dei successi di hit come Ragazze acidelle, Federica o Che Idea!. Così, per festeggiare il loro trentennale, è stato naturale pensare di realizzare un nuovo disco che metta insieme i loro pezzi più amati suonati live. Hit cariche di autoironia e pezzi di maggiore spessore, per raccontare un percorso che non si è ancora esaurito, nonostante un apparente lungo silenzio.
Ragazzi, comincerò con una citazione cinematografica: “Che avete fatto in tutti questi anni, G-Max e Rude MC?”. E non ditemi che siete andati a letto presto perché non ci credo…
G-Max: Beh quasi… Siamo stati un po’ in silenzio perché avevamo poco da dire e abbiamo preferito stare zitti piuttosto che dire cose inutili. Ci siamo concentrati sui live che non abbiamo mai smesso di fare perché quella è la nostra vera natura, davanti ai nostri fan che cantano le nostre canzoni. Ecco perché nell’anniversario dei 30 anni abbiamo deciso di fare un disco con le migliori registrazioni dei nostri pezzi più famosi eseguiti dal vivo.
Come mai avete deciso di tornare?
G-Max: Oltre che per i nostri 30 anni, anche perché come ti ho detto siamo sempre stati presenti coi live. Tanti continuavano a dirci “perché non uscite con un disco”, e visto che non avevamo pronto niente di inedito abbiamo anticipato questa possibile uscita futura con un album per l’estate e per il tour che arriverà.
Rude MC: Sì. Poi vediamo che succede. È tutto da vedere.
Non deve essere stato semplice selezionare 15 brani per riassumere una storia cominciata 30 anni fa… Come avete fatto?
Rude MC: In realtà è stato semplice. La maggior parte di questi pezzi sono usciti come singoli, a parte un paio che vengono fuori da varie compilation, tipo Sbroccatamente si vive la notte che era nella colonna sonora di Torino Boys dei Manetti Bros. Sono pezzi che abbiamo sempre fatto in questi anni, che abbiamo visto venivano apprezzati di più dalla gente, i nostri pezzi più conosciuti.
G- Max: Noi abbiamo fatto pezzi storici con altri, o brani più hardcore nei nostri dischi, ma la gente vuole cantare le canzoni più conosciute… Magari un giorno studieremo un live o un disco dal vivo dove faremo i pezzi meno conosciuti che sono anche quelli a cui siamo più affezionati, un modo per farli conoscere.
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Tra le varie cose in cui siete stati pionieri c’è il gangsta rap. Siete stati tra i primi a portarlo in Italia. Fu difficile farsi accettare in una scena che all’epoca era dominata dall’hardcore?
G-Max: In realtà non è che lo abbiamo portato in Italia il gangsta rap, piuttosto siamo stati tra i primi a farlo qui. Scrivevamo e rappavamo ciò che vivevamo e osservavamo a piazzale Flaminio, questa comitiva multietnica fatta da 100, 150 ragazzi di ogni etnia che facevano break dance, mettevano i dischi, facevano rap. La fortuna di stare a Roma è quella di vivere tante esperienze da raccontare.
Rude MC: Tante storie da raccontare in rima.
G-Max: Poi nel corso degli anni è diventata più una normalità raccontare ciò che si vive. Oggi tutti i ragazzi che fanno rap, trap, urban, raccontano di questo. Negli anni nostri si puntava più sulla politica, sugli anni nostri.
La svolta però forse è arrivata quando avete iniziato a prendervi meno sul serio, a giocare più coi testi e le tematiche, a metterci sopra tanta ironia e autoironia. Come maturò questa scelta? Voi peraltro avete sempre avuto anche quella parte un po’ più caciarona…
G-Max: Esatto. Se uno ci conosce da sempre e ha seguito il nostro percorso sa che raccontavamo la vita di tutti i giorni, dalla situazione più hardcore a quella più leggera. Abbiamo sempre avuto anche quest’animo un po’ festaiolo e party, ma diciamo che quando è arrivato il successo, nel 2003 con Ragazze Acidelle, è stato un po’ un caso. Non abbiamo scelto noi la canzone per esplodere, ma sono stati le radio e la tv a scegliere quel tipo di canzone. Prima ci dicevano “questo è troppo hip hop”.
Rude MC: Troppo di strada, ci dicevano.
G-Max: Eravamo a fine anni 90, il rap era Jovanotti, al massimo gli Articolo 31.
Rude MC: Articolo 31, Sottotono, poi tutto il resto.
G-Max: Poi in un disco dove c’erano pezzi più seri, le radio ed Mtv cominciarono a passare proprio quella canzone e la gente si innamorò del pezzo. Io lo dico sempre: noi scriviamo ogni pezzo pensandolo come una hit, ma è la gente che fa la hit. Ci hanno conosciuto in quello stile e ci hanno sempre accettati solo così.
Rude MC: Nel 2005, dopo Che idea!, provammo di nuovo a fare uscire un pezzo serio con Le facce della notte, sperando che venisse passato, e invece ci snobbarono alla grande. Per noi era una hit, per loro no.
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Una delle vostre caratteristiche è sempre stata l’utilizzo di sonorità funky. Oggi cosa è rimasto di quelle atmosfere? Mi pare poco.
G-Max: Prima c’era una cultura, noi che facevamo musica e ascoltavano l’hip hop di quegli anni ci andavamo a ricercare tutti i campioni dei dischi di Dre, Snoop, EPMD. Così scoprivamo George Clinton coi Parliament e i Funkadelic… E andavamo a studiarci tutti gli anni 70 e 80, la funky music black e soul. Noi ci confrontiamo spesso coi ragazzi oggi, e ci siamo resi conto che partono da 10 anni indietro, dal 2010. Io spesso chiedo: “Ma se ti piace una cosa, possibile che non cerchi da dove è partita?”. Hanno una mentalità diversa.
Avete sentito la versione di Che Idea dei bnkr44 con Pino D’Angiò? Vi è piaciuta? Ne avete parlato con loro?
G-Max: Ricollegandomi a quanto detto prima, credo proprio che loro non sappiano nemmeno chi siamo noi e che noi l’avevamo già fatta. Poi magari mi diranno che sbaglio, ma quello che penso è che sia arrivata da qualche discografico l’idea di Pino D’Angiò e di questa hit degli anni 80. Non ci abbiamo parlato anche perché noi abbiamo sempre detto che il nostro era un omaggio a Pino D’Angiò, giustamente avranno parlato con lui, non dovevano parlare con noi. L’ho sentita, però, ed è la versione 2024, senza quello spirito che avevamo noi e con le sonorità di oggi. C’è dentro un po’ di tutto, un minestrone alla marinara, che comunque va. E noi siamo contenti per Pino e che sia ancora una hit.
C’è secondo voi oggi un erede dei Flaminio Maphia? Per esempio, guardando La nuova scena su Netflix devo confessare di aver pensato a voi mentre ascoltavo Il Matador Mc…
Rude: Sì, io ho dato un’occhiata al programma. Lui è un ragazzo molto simpatico e bravo, fa delle rime molto autoironiche, l’ho già citato in un’altra intervista. Non dico che sia come noi perché noi eravamo un po’ particolari, però potrebbe avvicinarsi a quell’idea.
G-Max: Io non lo conosco ma è bello che ci sia ancora qualche ragazzo che usa l’autoironia. Nel rap è essenziale essere ironici e autoironici, oggi vedo tutti un po’ troppo ingrugniti, che si prendono troppo sul serio.
E della nuova generazione vi piace qualcuno?
G-Max: L’unica persona che veramente stimo e che sono veramente fiero che rappresenti l’Italia nel mondo con l’hip hop è Ghali, un ragazzo che nasce e cresce nella periferia come noi, anche se nell’hinterland milanese, che ha le sue origini in un altro Paese, che ha dato e può dare tanto all’Italia. Intelligenza, classe e gusto che non ha nessun altro. Nella nuova generazione solo lui.
Rude: Sono d’accordo con Max, anche io apprezzo molto Ghali.
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Progetti futuri? Live dicevamo.
G-Max: Sicuramente abbiamo una decina di date già in cartellone, sono in aggiornamento e si trovano sui nostri profili Instagram. Una data che possiamo pubblicizzare è quella di Roma il 28 giugno al Testaccio Village, un posto molto importante per i live estivi, con ingresso gratuito. Consigliamo di venire a chi sta nei paraggi perché sarà una bella serata divertente. A settembre saremo poi al San Donato Festival, di nuovo dopo un po’ di anni a Bologna, città molto importante per l’hip hop italiano, e lì suoneremo con la band nostra che si chiama Quei bravi ragazzi.
Ma un disco in studio che sarebbe, se non erro, il primo dal 2006?
G-Max: Sì, beh, nel 2010 uscì il best of che aveva dentro cinque inediti. Diciamo che l’estate stai tanto in giro, diciamo che stiamo mettendo giù delle idee e se entreremo in studio sarà da settembre-ottobre, quindi magari per la prossima primavera. Lo diciamo ma non promettiamo niente.
Come dicevate prima: lo farete solo se avrete qualcosa da dire…
G-Max: Esatto, perché è tanto bello anche stare zitti. E invece oggi la discografia ti porta a far uscire un pezzo ogni due o tre mesi, senza fare mai un album. Noi siamo la vecchia scuola: fai un disco e te lo devi sentire tutto per poi cantarlo ai concerti.
Rude MC: Sembra che si debba fare un disco all’anno o ogni due per forza. Noi non siamo fatti così.