I Cor Veleno tornano con Fuoco Sacro, Squarta: "Il nostro omaggio all'hip hop"

Musica
© Arsenyco

Il trio rap romano pubblica il 15 marzo un disco ricco di sfumature e collaborazioni. Tredice tracce per un viaggio nella storia dell'hip hop e dei suoni che lo hanno influenzato. Restando fedeli a se stessi senza rinunciare a guardare al presente e al futuro. L'intervista al producer

Trent’anni di carriera e non sentirli. I Cor Veleno hanno un bagaglio di esperienza enorme ma nessuna fatica, nessuna stanchezza, nessuna voglia di smettere. Anzi, il loro fuoco sacro continua ad alimentarsi nei beat di Squarta e Gabriele “Gabbo” Centofanti, nelle rime e nelle metriche di Grandi Numeri, nello spirito di Primo Brown che non li ha mai abbandonati. Il nuovo  album Fuoco Sacro esce oggi, venerdì 15 marzo, in digitale, vinile e cd. È l’ottavo del gruppo ed è una lettera d’amore all’hip hop, un viaggio nella sua storia e nella loro storia, tra sonorità diverse e collaborazioni di alto livello (nell’album, accanto a Grandi Numeri, rappano,  cantano e suonano Inoki, Colle Der Fomento, Fabri Fibra, Nayt, Franco 126, Willie Peyote, Mostro, Ele A, Ugo Crepa, Klaus Noir, Marlon Peroza). Tredice tracce intense, potenti e spesse, come nello stile loro. Ne abbiamo parlato con Squarta.

Gabbo, Squarta e Grandi Numeri, componendi del trio hip hop dei Cor Veleno
Gabbo, Squarta e Grandi Numeri, componendi del trio hip hop dei Cor Veleno - © Beatrice Chima

Che cos’è per voi il Fuoco Sacro?
E' quella fonte inesauribile, quella voglia che ci accompagna da quando siamo ragazzini. Ci siamo un po’ guardati allo specchio mentre facevamo questo disco, all’inizio, e abbiamo visto che quella voglia era ancora lì, viva. E quindi quale titolo migliore poteva racchiudere questa idea? Questo è un lavoro fatto di alti e bassi, di continui cambiamenti, ma se hai quell’energia che non si spegne, affronti tutto questo nella maniera giusta.

 

Dopo la collaborazione con i Tre Allegri Ragazzi Morti siete tornati a fare un album tutto vostro. Cosa vi ha portato a questo?
Dopo l’esperimento con Tre Allegri, riuscito perché comunque ci ha arricchito tantissimo facendoci sentire i in un momento di crescita personale e artistica, già durante il tour abbiamo iniziato a buttare giù delle idee per il nuovo disco. A un certo punto abbiamo poi tirato un po’ le somme e ci siamo accorti che queste idee non erano poche, che questo disco stava prendendo un po’ forma da solo. Quando abbiamo iniziato a registrarlo era il 2023, il cinquantenario della nascita dell’hip hop, e ci piaceva omaggiare una cultura che ci accompagna da quando siamo bambini e che ci ha formato.

Fuoco Sacro è un disco che accosta sonorità più hardcore rap a interpolazioni jazz e blues, il Boom bap che rimanda un po’ alle vostre origini, alle vostre prime ispirazioni internazionali e campioni rock che danno alle produzioni un sapore più da anni 2000. Qual è la bussola che vi ha guidato in questo viaggio nella storia dell’hip hop?
Quando facciamo un disco, dal punto di vista produttivo io e Gabbo ci facciamo un po’ guidare ognuno dal proprio gusto. Gabbo è un musicista che ha fatto il conservatorio, io vengo dal rap dei Public Enemy. Poi Grandi Numeri ha una cultura smodata per tutta la musica sudamericana. Quando entriamo in studio mettiamo tutte queste idee nel frullatore per cercare di tirare fuori un blend unico. Questo ci stimola per fare sempre qualcosa di nuovo, non facciamo mai lo stesso disco perché un po’ ci annoia.

 

Nel disco ci sono diversi featuring. E anche qui a colpirmi è la selezione piuttosto ampia del campione rappresentativo che avete scelto. Si va da chi ha condiviso con voi il percorso artistico totalmente o parzialmente, come i Colle der Fomento e Fabri Fibra, ad artisti più giovani come Willie Peyote e Nayt, da chi si è costruito un nome nell’indie come Franco126 a prodotti della scena underground rap come Mostro. Come li avete scelti?
Sono tutti artisti con cui abbiamo un forte feeling, sono amici e siamo fan della loro musica, con alcuni siamo cresciuti insieme, altri ci è capitato di ospitarli nelle nostre trasmissioni radio quando erano agli inizi. Non è mai una scelta di comodo, c’è sempre una comunione di intenti dietro. Aver messo insieme qualcuno che ha iniziato con noi, qualcuno che è arrivato in mezzo alla nostra storia e qualcuno che si sta affacciando ora al mercato come Ele A, Ugo Crepa e Klaus Noir è la nostra idea: confrontarci con cose del passato ma guardando sempre a un’evoluzione, senza mai rimanere fermi al punto di partenza.

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L'album contiene anche diversi riferimenti ai social media e al loro utilizzo. E non sono dei riferimenti positivi. Che rapporto avete con questo strumento e questo mondo?
È uno strumento, come dici tu, ma se non lo gestisci e diventa limitante per la tua vita o addirittura diventa l’unico strumento che l’artista utilizza per promuovere se stesso e la propria arte diventa un problema: non è più uno strumento ma una schiavitù, un mezzo dal quale non puoi separarti. L’idea è quella in alcuni brani di sottolineare le storture di questo mezzo e del suo utilizzo a volte smodato.

 

Quando avete iniziato voi, il rap era un movimento underground, oggi è uno dei generi più ascoltati dai giovani e anche se è vero che è stato fortemente ibridato da sonorità diverse e per un periodo quasi soppiantato dalla trap, oggi diversi rapper puri hanno grande successo. Come te lo spieghi?
Diciamo che per noi non è una sorpresa ma la naturale conseguenza del grande lavoro che è stato fatto da chi ha iniziato e ha preparato una strada e della bravura di chi è venuto dopo ha saputo percorrerla quella strada. È un movimento che si autoalimenta, cambia sonorità, un movimento vivo, mai fermo. Quello che mi piace molto è che finalmente anche qui è un genere che è diventato normale, non sei più uno strano se ascolti rap: una bella conquista.

 

A che punto è il ricambio generazionale nel rap italiano? E la diversità di genere?
Io vedo tantissime cose diverse, tantissimo entusiasmo. Il fatto che questa musica abbia creato un mercato florido dà la possibilità a chi ci crede di sperare di farlo per lavoro. Questo alimenta un sacco di pischelli, di giovani, che siano ragazzi o ragazze. Poi certo, questa grande apertura e questo coinvolgimento della massa, il fatto che il pop abbia preso tanto dal rap, porta dentro anche personaggi che sono visitatori del momento, che non hanno ben capito, ma questo è naturale, fa parte del gioco, non è preoccupante. Chi ha la passione dalla sua, da qualche parte arriva. È pieno di grandi talenti.

Al di là delle nuove leve mi sembra che ci sia stato negli ultimi anni un prepotente ritorno della vecchia scuola. Forse avete iniziato proprio voi nel 2018, un paio di anni fa sono tornati i Sottotono, quest’anno è toccato al Club Dogo interrompere un silenzio durato anni riproponendo un disco dalle sonorità più classiche. Reazione, nostalgia o rinascita?
Credo che ci sia proprio una riscoperta. È anche un po’ naturale: quando questa cosa diventa per tutti e dentro ci finiscono artisti e ascoltatori distratti ma anche tanta gente che si appassiona è normale andare a scoprire da dove tutto è partito. Ma c’è anche il fatto che chi ha iniziato prima, la old school di cui parli, non ha esaurito le proprie idee, c’è gente che è rimasta e spacca ancora più di tanti. Se il movimento diventa ampio, spinge da tutti i lati.

 

In Tuta Acetata, Grandi Numeri parla di un “inverno più crudele”. Mi ha fatto pensare subito a quello tra il 2015 e il 2016, quello che si è portato via Primo. Cosa significa per voi, a otto anni di distanza, il suo ricordo?
Questa è forse la domanda più difficile. Te lo dice una persona che non è molto spirituale, ma stando in studio si sente tantissimo la sua presenza. C’è tantissimo materiale che lui ha scritto, perché era un artista estremamente prolifico, e non passa giorno in cui non ci imbattiamo in qualcosa di suo. È un ricordo ma anche una presenza che tocchiamo con mano e questa è la cosa più sorprendente, perché ritrovarsi a fare musica senza un fratello e un membro così importante della band ma sentirne la presenza a distanza di anni ti dà quella spinta e quella carica che contribuisce ad alimentare quel fuoco sacro che lui aveva forte.

 

Il disco sarà presentato a Roma il 15 marzo. Poi sarà possibile sentirvi e vedervi dal vivo? Quando e dove?
Oggi facciamo un ascolto tra amici e chi vuole partecipare al negozio Lovegang, con cui abbiamo fatto anche una capsule collection di abbigliamento. I concerti verranno da maggio in poi, a breve comunicheremo una serie di date. Ma certamente ci sentirete dal vivo, perché è la cosa che amiamo di più.

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