Claudio Ferrante: "Artist First è una azienda Pop che si approccia all'umanesimo"
MusicaIl manager discografico racconta il suo mondo e spiega, dal suo punto di vista, quali sono i rischi per i giovani e come costruire una carriera salda, come sta facendo da tempo con Alfa: "Quelli che fanno il mio lavoro oggi devono conoscere un po' di psicologia". L'INTERVISTA
Una realtà che negli anni è cresciuta grazie alla lungimiranza e all'umanità. Anzi grazie all'umanesimo come ama definirlo Claudio Ferrante, che di Artist First è il punto di riferimento. Nella sua scuderia, tra gli altri, Alfa, che ha accolto da youtuber e ha accompagnato in un percorso di crescita che lo ha condotto, passo dopo passo, al Festival di Sanremo (GUARDA LO SPECIALE), dove si è piazzato al decimo posto, al suo primo Forum di Assago e a breve al tour nei palazzetti.
Claudio partiamo da Alfa, reduce da un decimo posto a Sanremo e un grande concerto al Forum: cosa ti ha convinto a intraprendere questo viaggio con lui?
So che era bravo su youtube, poi ho ascoltato Cin Cin ed era un pezzo che ho reputato estremamente forte, ho cercato di contattarlo e ci siamo incontrati: mi sono trovato davanti un ragazzo che si percepiva che non faceva numeri importanti per un colpo di fortuna, quindi doveva diventare una carriera.
Poi che è successo?
A 18 anni appena compiuti mi ha detto che doveva fare viaggio maturità, per me era stranissimo in una fase come quella. Andrea ha dimostrato un senso etico e un sistema valoriale non comune. Il problema è che oggi il sistema della discografia ha accolto soggetti borderline dai quali non arriva niente di culturale. Alfa è una mia scelta imprenditoriale su un sistema basato sui valori per una generazione di nemmeno ventenni. Il messaggio è che non devono emulare chi delinque ma devono parlare un linguaggio diverso.
Chi c’è oggi nella squadra Artist First?
Oltre al mio socio Alessandro Fabozzi, ci sono Simone Benussi, Francesco Gabbani, Zero Assoluto, Le Vibrazioni, Alfa e Anna Tatangelo.
Come definiresti Artist First?
E’ una azienda che ruota intorno a un sistema pop. E sono orgoglioso e fiero di portare un messaggio positivo attraverso i nostri artisti, un messaggio di umanesimo e umanità.
Ci sono manager e discografici che non si ritrovano più nel sistema musica attuale: tu che ne pensi?
Ovviamente bisogna fare i conti con lo streaming, con i numeri di un conteggio digitale il cui algoritmo è più o meno noto. Ma chi non riesce a identificarsi lo capisco. Oggi la stretta di mano non significa più affare fatto, c’è la scaltrezza di alcuni che va oltre ogni immaginazione. C’è chi nega la correttezza lavora solo a fare denaro. Oggi se vuoi guadagnare tanti soldi non fai musica.
C’è una formula per capire se un artista può funzionare?
In primis non c’è il gradimento personale: i fattori del successo sono esterni al gusto. Per capire se può funzionare deve essere lontano dai miei gusti. E‘ un sistema disfunzionale sui concetti, qui in siamo in controtendenza: con Alfa, ad esempi, si ritorna a parlare d’amore. La rivoluzione è parlare d’amore a vent’anni.
Da poco è entrata nella tua galassia Anna Tatangelo.
Non si tratta solo di Anna. Lei è una grande voce che rappresenta un Pop incasellato, è l’umanesimo discografico. Francesco Gabbani umanamente porta dentro di sé un mondo, è straordinario lavorare così. Gli Zero Assoluto hanno 40 anni e ispirandosi alla quotidianità fanno canzoni che sono un marchio di fabbrica.
Nel tempo libero che musica ascolti?
Soprattutto elettronica poi mi piace Ludovico Einaudi. Mi sono presentato a lui almeno dieci volte. Ha logiche promozionali di libertà.
Consigli ai giovani?
Devono avere la testa perché puoi beccare la canzone che ti fa uscire ma poi serve il metodo altrimenti ti monti la testa e ti sgonfi. Esploder sulle piattaforme oggi è come esplodere nel mondo. Le carriere si sono assottigliate, i fattori di rischio sono maggiori e poi c’è una moltitudine di artisti che supera il numero di architetti e avvocati. Io dico: lavorate e non montatevi la testa.
Infine ti chiedo di parlare di un tema che per è centrale nella tua filosofia di lavoro e di vita, quello della salute mentale.
Oggi per fortuna ci sono molti artisti giovani che parlano di salute mentale, è un argomento serio: è giusto discuterne e proprio per questo sostengo che i manager e i discografici di questa epoca devono avere una infarinatura di psicologia perché questi ragazzi devi accompagnarli nel percorso. La depressione arriva perché, fisiologicamente, a un certo momento c’è il calo dopo il successo. Sono fragili perché non gli si spiega che è naturale avere dei momenti difficili, si parla di depressione quando dovrebbe esserci la presa di coscienza che non puoi stare sempre a mille. Benvenga dunque il periodo di pausa.
Eppure sembra che l’industria musicale non conosca la parola pausa.
C’è un algoritmo che favorisce su tanti pezzi, aiuta gli stream e valorizza l’artista e il progetto. Io invece dico che oggi fare canzoni significa avere una urgenza comunicativa se no non le pubblichi. E’ sbagliato foraggiare il sistema con tanto denaro, con ricchi anticipi: all’artista devi dire…scrivi se hai qualcosa da raccontare…perché altrimenti l’artista non è più libero.