Ghali a Che tempo che fa, da Fazio: "Strano sentire che non si possa più parlare di pace"

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Laura  Alberti

Laura Alberti

Dopo il quarto posto a Sanremo, e la discussione sollevata dal suo "Stop al genocidio" pronunciato in diretta TV, Ghali torna a parlare di pace. Lo fa sul Nove, ospite di CTCF. Lo fa ripercorrendo il suo passato, quello di chi - per tanto tempo - è stato uno degli ultimi

Si è aperta con un medley, l'intervista di Ghali a Che tempo che fa. Si è aperta con tutta l'emozione sofferta di Banya, con le frasi potenti di Casa mia. Si è aperta con un Rich Ciolino che - sempre di più - è la voce di una coscienza che reprime le guerre, invoca la pace, e ha il coraggio di dire ciò che l'uomo (troppo spesso) non sa pronunciare. 

Rich Ciolino e Ghali nel salotto di Fazio

"Stop a tutte le guerre, stop al massacro, stop ai respingimenti, stop a chi dice di aiutarli a casa loro": queste le parole che Fabio Fazio ha pronunciato, su suggerimento di Rich Ciolino. Anche se, in molti, si auspicavano di tornare a sentire quella frase, "Stop al genocidio", che Ghali ha pronunciato e da cui sono scaturite lunghe polemiche. Una parola, genocidio, che nel salotto di Fazio non viene nominata. Ma che continua ad aleggiare nell'aria, quando l'autore di Casa mia parla di pace e dall'assurdità di non poterla più invocare.  "Stop ai massacri sembra essere diventato un messaggio contro qualcuno, ma la pace è per tutti. Come te lo spieghi?", gli chiede Fazio. E Ghali, con quell'autenticità di chi certe cose davvero non se le sa spiegare, replica: "È un mondo strano questo: ti insegnano che la pace è giusta ma poi non puoi averla". Perché, di pace, ne sentiamo parlare sempre. Ne sentiamo parlare a scuola, sui giornali, alla TV. Ma, quando viene chiesta da un artista dal palco più importante d'Italia, diventa qualcosa di diverso. Qualcosa che dà fastidio. E questo, per Ghali e per tanti, è davvero impossibile da spiegare.

Il successo secondo Ghali

Di pace, Ghali parla da sempre. Da sempre parla di emarginazione, di cosa vuol dire essere un ultimo. E, anche ora che ultimo non è più, i suoi pensieri vanno sempre lì: a chi non ce l'ha fatta, a chi non può farcela perché un Governo, oppure il mondo, ha deciso per lui. "Il successo non è una ricchezza, se non è condivisibile", spiega Ghali. "E diventa condivisibile solo se stiamo tutti bene e c'è pace". Perché, se in una stanza ci sono 10 persone e 7 stanno male, anche le altre 3 finiranno per soccombere. Mentre, se a stare bene sono in 7, le altre cominceranno a riprendersi. Parole che non sono solo parole, per Ghali. Nel 2022, il rapper che somiglia sempre più a un cantautore ha donato una barca - dal nome Banya - a Mediterranea Saving Humans. Ed è proprio con quella barca che, di recente, sono stati tratti in salvo oltre 200 migranti. Un atto rap e rivoluzionario, in un'epoca in cui le barche di chi ce la fa sono yacht da sfoggiare. E non salvano certo vite umane. 

La crisi (e la rinascita)

Per Ghali, Sanremo 2024 non è stato solo il Sanremo dei messaggi di pace. È stato anche il Sanremo della rinascita, il culmine di un processo cominciato un anno fa. Perché, dopo il tour del 2016, si era un po' perso. Il successo lo aveva annebbiato, e a lui sembrava di rotolare. Così ha scelto di fermarsi, per tornare alla sua essenza. Ha rifiutato la mediocrità, per riprendersi le sue origini. Ha scelto la via più complessa, quella di una musica che lancia messaggi e solleva le coscienze. Anche per questo, il Time lo ha inserito tra i 100 giovani che stanno plasmando il futuro. Un futuro in cui non si può e non si deve temere di chiamare le cose col loro nome. 

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